Documentare, esaminare e ripensare la condizione dei minori oggi passa anche attraverso l’analisi dell’immagine che ne restituiscono i media. L’influenza sempre maggiore di radio, televisione, cinema, pubblicità, new media e social network nella costruzione di immaginari collettivi, modelli sociali, stereotipi, valori, comportamenti e stili di vita, impegna coloro che accompagnano e tutelano i minori nel loro percorso di crescita (famiglia, scuola, servizi psico-socio-educativi, enti pubblici e privati, ricreativi e sportivi) a fare i conti con la potenza della rappresentazione audiovisiva.

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Cinema e formazione

Il cinema è la settima arte, ma arte intesa «come vera bellezza e non strumento di successo e apparenza», per riprendere un concetto esposto da Mattia Bastianelli dall’Associazione Sefiroth Onlus di Pesaro. Il linguaggio cinematografico è un ottimo strumento di formazione, sia degli operatori sia dei minori stessi.

Il valore aggiunto di questo vero e proprio strumento pedagogico e didattico si comprende sperimentando la visione e la lettura interpretativa di film (documentari, docu-fiction e fiction) o di singoli spezzoni degli stessi. Inoltre il linguaggio cinematografico consente di veicolare messaggi, di incrementare le possibilità di apprendimento derivanti dalla riflessione sulle esperienze che abbiamo vissuto oppure su esperienze diverse dalle nostre, attraverso la loro visione, analisi, riflessione, comprensione e rielaborazione.

La visione di un film aiuta a parlare di «emozioni», basti pensare alle classiche domande che ci si pone dopo una visione: «Ti è piaciuto?», «Che emozioni ti ha suscitato?», «Ti sei immedesimato/ a nel protagonista?», «Hai apprezzato/condiviso come il regista ha affrontato quel determinato argomento?», e via dicendo.

Quando si fa visionare a un minore un lungometraggio che tratta proprio di una situazione problematica simile a quella che ha vissuto o che sta vivendo, occorre che la visione sia inserita in un percorso più ampio e guidato da un operatore.

Se si tratta di una situazione problematica vissuta che ha cagionato un trauma, ossia un disturbo da stress post traumatico, come ad esempio una violenza fisica o psicologica, è sicuramente più indicato effettuare un percorso di sostegno (psicologico o psicoterapeutico), prima di pensare alla visione di un film che racconti di una simile situazione, e soprattutto farlo con il supporto di un operatore che ne accompagni e faciliti la visione, l’analisi, la riflessione, la comprensione e la rielaborazione.

Decodificare la visione con la presenza di un adulto qualificato evita situazioni di ri-traumatizzazione. Il linguaggio cinematografico consente l’elaborazione delle fantasie e delle paure dei minori, dando forma a queste e permettendo di porre una distanza.

La visione diretta di situazioni analoghe a quelle vissute, tuttavia, potrebbe rafforzare vissuti traumatici ed è perciò necessario che l’adulto possa non solo suggerire una decodifica dei contenuti, ma anche introdurre possibilità di rielaborazione del vissuto.

È anche necessario che la visione sia inserita in un progetto formativo che l’operatore abbia potuto pensare specificamente per un minore o un gruppo particolare di minori, come ad esempio i minori stranieri non accompagnati.

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Dietro la cinepresa

Sono molti i registi che hanno affrontato con grande sensibilità e attenzione tematiche legate alla condizione e alla tutela dei minori in un lungometraggio. Ve ne sono di meno che hanno dedicato una serie di opere a questi temi.

Fra questi, limitando lo sguardo agli ultimi vent’anni e quindi non includendo grandi registi come François Truffaut (nouvelle vague) e Vittorio De Sica (neorealismo), vengono in mente i seguenti, ognuno di loro con un diverso taglio rispetto ai temi di approfondimento e le chiavi di lettura. Gianni Amelio, regista pluripremiato che affronta temi sociali con grande sensibilità, con Colpire al cuore (1983), Il ladro di bambini (1992), Le chiavi di casa (2004), Il primo uomo (2011). Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice le cui opere sono spesso di ispirazione autobiografica, con Mignon è partita (1988), Verso sera (1990), Il grande cocomero (1993), L’albero delle pere (1998), Lezioni di volo (2006).

Sofia Coppola, regista, sceneggiatrice e attrice, figlia d’arte e prima donna statunitense e terza in assoluto ad avere ottenuto una candidatura all’Oscar come miglior regista, con Il giardino delle vergini suicide (1999), Marie Antoinette (2006), Somewhere (2010), Bling ring (2013).

Jean-Pierre e Luc Dardenne, pluripremiati fratelli registi e sceneggiatori belgi che hanno sempre affrontato temi di grande attualità e impatto sociale, ma con produzioni a basso costo e crudo realismo della narrazione, con La promesse (1996), Rosetta (1999), Il figlio (2002), L’enfant – Una storia d’amore (2005), Il ragazzo con la bicicletta (2011).

Rob Reiner, regista hollywoodiano di origine ebraica che ha realizzato opere di grande successo mondiale, con Stand by me – Ricordo di un’estate (1986), La storia fantastica (1987), Genitori cercasi (1994) e Flipped (2010).

Gabriele Salvatores, registra e sceneggiatore sperimentale prima teatrale e poi cinematografico, con Io non ho paura (2003), Come Dio comanda (2008), Educazione siberiana (2013), Il ragazzo invisibile (2014).  

Film da vedere

Rispetto alle tematiche minorili, sono molti i lungometraggi (molti dei quali recensiti nella rubrica «Segnalazioni dal cinema» di questa rivista) che affrontano macro-aree tematiche come la Famiglia (La famiglia Bélier di Eric Lartigau, Sister (L’enfant d’en haut) di Ursula Meier, Cavalli di Michele Rho e In Grazia di Dio di Edoardo Winspeare); la Salute (Maledimiele di Marco Pozzi); l’Amore (Noi siamo infinito di Stephen Chbosky e L’intervallo di Leonardo Di Costanzo); l’Amicizia (In un mondo migliore di Susanne Bier, Tutti per uno (Les mains en l’air) di Romain Goupil e Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismäki); l’Educazione e l’Istruzione (La classe di Laurent Cantet, Monsieur Lazhar di Philippe Falardeau e Class Enemy di Rock Bicek), il Gioco e la Partecipazione (Tableau noir di Yves Yersin), così come quelli che rappresentano il Passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e dall’adolescenza all’età adulta (Stand by me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner, L’enfant – Una storia d’amore dei fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne e Boyhood di Richard Linklater, girato in 12 anni).

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Sicuramente sono meno frequenti ma anche particolarmente interessanti i lungometraggi che affrontano singoli temi specifici come l’Affettività e la Comunicazione (Inside out, cartone animato frutto della collaborazione Disney-Pixar); l’Adozione (Italianiez (italiano) di Andrei Kravciuk, Lezioni di volo di Francesca Archibugi, L’insonnia di Devi di Costanza Quatriglio) e l’Affidamento (Il ragazzo con la bicicletta di Luc e Jean-Pierre Dardenne e La guerra di Mario di Antonio Capuano); la Disabilità fisica e/o psichiatrica (La famiglia Bélier di Eric Lartigau e Short Term 12 di Destin Cretton); l’Immigrazione (Quando sei nato non puoi più nasconderti di Marco Tullio Giordana e Fuocoammare di Gianfranco Risi); i Minori rom (Non è ancora domani, la pivellina di Tizza Covi e Rainer Frimmel) e i Minori stranieri non accompagnati (Saimir di Francesco Munzi, Cose di questo mondo di Michael Winterbottom, Welcome di Philippe Lioret e Il mondo addosso di Costanza Quatriglio), e i Minori di seconda generazione (Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi).

Progetto sperimentale

La rappresentazione della condizione dei minori nel cinema, in Italia, è stata anche oggetto dell’interessante progetto sperimentale CAMERA (Centro audiovisivo e mediatico sulla rappresentazione dell’infanzia e dell’adolescenza) (2001-2008), avviato dall’allora Ministero della Solidarietà sociale con il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti di Firenze.

Si è trattato di un progetto che ha costituito una interessante banca dati, con recensioni di film, percorsi filmografici scaricabili dal sito e DVD disponibili presso la Biblioteca Alfredo Carlo Moro dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, con una vasta gamma di temi affrontati e situazioni che vedono protagonisti soggetti di minore età. Ci sono diversi festival cinematografici che veicolano e diffondono corto e lungometraggi che affrontano la condizione dei minori, basti citare il Giffoni Film Festival, nato nel 1971, il Sottodiciotto Filmfestival di Torino, nato nel 2000, e il più recente VVFF (Vittorio Veneto Film Festival), nato nel 2010.


articolo pubblicato dalla rivista Lavoro Sociale