20131011 era farsi
Era farsi, edito da Marsilio nel 2012, è l’Autoantologia della siciliana Margherita Rimi, neuropsichiatra infantile, “appassionatamente impegnata nella tutela dell'infanzia e nella cura dei bambini offesi”, come si legge dalla nota editoriale che accompagna il volume.

Il lavoro poetico di Margherita Rimi porta qui il vissuto di 30 anni di ascolto dell’infanzia, con una precisione, un candore, una delicatezza e una accorata difesa dell’esperienza soggettiva che non sorprendono sul territorio della poesia, ma molto possono portare su quello aspro del vissuto quotidiano di genitori, insegnanti e operatori.

{xtypo_quote_left}Il lavoro che c’è dietro questa antologia è potente{/xtypo_quote_left}


Le voci che la Rimi porta in campo hanno la traccia dell’offesa, della violazione e del danno. Ma anche quella della solitudine e della costruzione faticosa di un dire, di un dialogare. Alla sua uscita avevo annotato sul mio blog di commento letterario alcune righe di lettura al margine di una esperienza e di un incontro che mi avevano profondamente commossa e interessata.

Credo che ad oggi, in Italia, sia il testo che con più grazia avvicina alla scommessa dell’ascolto, con quella luce chiara che i versi sanno dare al dolore e al candore. Ho il desiderio di condividere qui quelle note, perché possiate entrare, come me, attraverso la poesia di Margherita Rimi, lì dove il corpo dei bambini abita e disabita, e noi spesso non sappiamo co-abitare.

Era da tanto che non incontravo un discorso così intenso sul silenzio. A questo penso, oggi, tornando a immergermi, come si fa, nella lettura di questa così bella Aut-oantologia di Margherita Rimi, che porta in dote (di una vita) la parte che sinora è data.

Su un nucleo tematico dolente, che lavora sulla rottura, sulla ferita, sull’inciampo, sulla perdita e sulla mancanza, ogni suo verso è rispettoso, rigoroso, non indulge al vezzo o al cedimento della interpretazione, e si concede invece, intero, ad ospitare una esperienza. Multipla e personalissima (pirandelliana).

{xtypo_quote}Ed ogni verso, ogni sezione, all’incrocio degli anni, nomina un modo per stare nel silenzio. Per consumarlo da dentro e portare in emergenza, in superficie, non un’ipotesi, non un disvelamento, ma un fiato, la compiutezza di un respiro. E sembra, quasi sempre, che sia il primo. Il primo in vita.{/xtypo_quote}

Ci sono sorellanze, figlitudini, adozioni, prese in carico, accoglienze. Di sentimenti e di silenzi. Ci sono movimenti che trapassano le pagine, vanno da un verso all’altro, come il tempo che si è scelto per dividere ciascuna traccia di ricerca. Ci sono biografie intensissime, struggenti. Ci sono temi, ci sono gesti e ci si inciampa, nella lettura, in quella sensazione di contatto. Toccare è un verbo che ritorna, come una mossa, ossessione silenziosa, sussurrata, come un fantasma che si fa onomatopea, toc, toc  toc, sotto a chi tocca.

{xtypo_quote_right}Come ci incantano le fronde se guardiamo il bosco con il corpo. Persino spaventando.{/xtypo_quote_right}

Ci sono mondi che attraversano chi legge, e mondi ad ogni verso, ad ogni gruppo di versi, ad ogni testo. E’ come se ogni storia, ogni persona, fosse davvero nominata, proprio per nome, con confidenza per condivisione, per scommessa, ma senza alcuna violazione di perimetro. E c’è ad un tempo, precisissima, la presa incarico del danno, la presa in carico del battito.

E il tema è il tema del silenzio, e della sua decostruzione. La costruzione di grammatiche che stanno al danno (sul linguaggio) come sa stare, prossima, la cura dell’ascolto. La costruzione (interna) dell’ascolto.  Ed è una poesia generosissima, che si fa intima per essere, che non proclama, non esclama. Quella punteggiatura rotta al verso, che pure è fluida, canta, incanta. Come ci incantano le fronde se guardiamo il bosco con il corpo. Persino spaventando.

Il lavoro che c’è dietro questa antologia è potente, per convergenza di rigore scientifico verso un vissuto dedicato a contenere le drammatiche (ed uso qui uno dei versi più struggenti della Rimi) e l’altrettanto di rigore di ricerca che c’è per la parola e la  poetica che possan dire, senza contraddire, come si fa quando si ascolta. Con voce piccola si ascolta, e quel che arriva è dato.

Cos’altro domandiamo, alla poesia, oggigiorno, se non questo saper portare senza voler recedere dal desiderio che la voce si apra, si faccia corpo, sappia sedimentarsi, senza intaccare la dimensione intima che sta all’ascolto?

Una raccolta, questa di Margherita Rimi, di straordinarie intelligenza e volontà (operative, sociali, sentimentali). E, quindi, una semina preziosa.

 

Nerina Garofalo
Narrative thinker, coach e social dreaming host. La sua produzione è presente in diverse raccolte e antologie, e in rete in Creative Commons non commerciale.