Soprattutto oggi che tante informazioni, immagini e filmati di cose un tempo precluse a persone della loro età, vengono resi liberamente disponibili online, senza esclusione delle peggiori depravazioni esistenti nella società, i giovani sembrano crescere in fretta e andare a rotta di collo verso l’età adulta, bruciando le tappe con l’iPhone in mano, scorrendo velocemente Facebook e le foto di Instagram.

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Ma una nuova ricerca dice che le cose stanno altrimenti.

Un'analisi realizzata dai ricercatori della San Diego State University e del Bryn Mawr College, indica che gli adolescenti di oggi hanno meno probabilità di impegnarsi in attività da adulti, come avere rapporti sessuali e bere alcol rispetto agli adolescenti di generazioni precedenti.

Lo studio, pubblicato nella rivista Child Development, ha esaminato i dati provenienti da sette ricerche nazionali condotte tra il 1976 e il 2016, incluse quelle rilasciate dai centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie e dal National Institutes of Health.

Nel loro insieme, le ricerche hanno riguardato oltre otto milioni di ragazzi dai 13 ai 19 anni, provenienti da diversi contesti etnici, economici e geografici. Ai partecipanti è stata fatta una serie di domande su come trascorrevano il loro tempo fuori dalla scuola e le risposte sono state monitorate nel tempo.

Oltre ad una diminuzione dell'uso dell'alcool e dell'attività sessuale, gli autori dello studio hanno scoperto che dal 2000 circa, gli adolescenti sono diventati notevolmente meno portati alla guida delle auto, ad avere un lavoro post-scolastico e appuntamenti sentimentali.

Negli anni successivi al  2010, inoltre, è apparso che i diciottenni uscivano molto meno frequentemente di quanto non facessero i dodicenni nel corso degli anni '90. Nel 1991 il 54 per cento degli studenti delle scuole superiori ha riferito di aver fatto sesso almeno una volta; nel 2015 il numero è sceso al 41 per cento. Inoltre, il calo delle attività da adulti è risultato coerente in tutte le popolazioni, e non influenzato dall’origine etnica, dal sesso o dalla posizione sociale.

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"Ho visto così tanti articoli in cui gli esperti hanno affermato di non sapere perché il tasso di gravidanza tra le teenager stava scendendo o dicevano la loro opinione sul perché gli adolescenti si stavano comportando un modo più virtuoso o sul fatto che erano pigri perché lavoravano di meno..." ricorda Jean Twenge, professore di psicologia alla San Diego State e autore principale dello studio.

"I nostri risultati mostrano che probabilmente non è che gli adolescenti di oggi siano più virtuosi o più pigri: è solo che hanno meno probabilità di fare cose da adulti". In termini di comportamenti adulti, i diciotteni sembrano ora i quindicenni del passato.

Twenge e il suo co-autore, Heejung Park, assistente di psicologia presso il Bryn Mawr College, hanno inizialmente pensato che i risultati significavano che gli adolescenti oggi hanno semplicemente più compiti a casa da fare o sono impegnati in attività extracurriculari. Tuttavia, i loro dati suggeriscono che la frequenza di queste attività extrascolastiche è stabile negli anni, se non in leggera flessione.

Il fatto che gli adolescenti (non diversamente da molti adulti) siano incollati ai loro computer e agli smartphone per gran parte del giorno, può aver contribuito ai risultati che gli autori presentano. Forse la loro socializzazione e i loro interessi più nascosti sono semplicemente diventati "digitali", manifestandosi attraverso la comunicazione via messaggio, il sexting e la pornografia online. (Gli adolescenti di oggi guardano più pornografia rispetto ai loro predecessori). Ma il vizio virtuale non spiega tutto, perché il crollo delle attività da adulti è iniziato ben prima che l'uso di Internet diventasse tanto diffuso.

La spiegazione più probabile per questa nuova adolescenza estesa risiede forse nel suo rapporto con la ricchezza e con il maggiore agio della famiglia. L'analisi ha mostrato che gli adolescenti avevano maggiori probabilità di partecipare ad attività adulte se provenivano da famiglie più grandi o con redditi inferiori. Questo rispecchia la cosiddetta "teoria della storia della vita".

La teoria sostiene che l'esposizione ad un ambiente impoverito e imprevedibile da ragazzi, porti a uno sviluppo più veloce, mentre i giovani che crescono in un ambiente sicuro e stabile, con più risorse, tendono ad avere un processo di sviluppo più lento.

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Nelle famiglie con maggiori mezzi economici spesso si mettono in conto anni di scolarizzazione e di carriera prima che un ragazzo arrivi a ricoprire un ruolo adulto, potendo permettersi di fare questo più avanti nella vita.

Come concludono Twenge e Park, nonostante le crescenti disparità di reddito, una percentuale significativa della popolazione occidentale è in media diventata più ricca negli ultimi decenni e sta vivendo più a lungo. Di conseguenza, le persone aspettano più a lungo per sposarsi e avere figli. Si riscontra inoltre la scelta da parte dei genitori di fare meno figli - e di conseguenza, nel linguaggio dei nostri tempi, di voler esercitare una genitorialità più assillante e protettiva.

Questo concetto di adolescenza estesa non è nuovo. È stato reso famoso dallo psicologo Erik Erikson , che nella sua teoria sulle diverse fasi dello sviluppo umano ha definito questa fase una "moratoria psicosociale". Tuttavia molti psicologi dell’infanzia ritengono che i ragazzi di oggi sembrano inattivi più che mai in ​​questo periodo di transizione e pausa.

"Sono particolarmente consapevole di questo scivolamento, in quanto vedo spesso ragazzi quasi laureati che si lamentano al pari di un adolescente" afferma la psicologa della Columbia University Mirjana Domakonda, che non era coinvolto nel nuovo studio. "Venticinque anni sono i nuovi diciotto anni, e l'adolescenza prolungata non è più una teoria ma una realtà. In un certo senso, siamo tutti in una "moratoria psicosociale", facendo esperienza di una società in cui i contatti online vengono considerati al pari di un appuntamento e un like è l'equivalente di una conversazione".

Alcuni esperti consigliano cautela nel trarre troppe conclusioni da questi nuovi riscontri, perché chiedere a un gruppo di adolescenti di raccontare accuratamente il loro comportamento nel tempo libero, comporta deficienze evidenti da un punto di vista statistico.

"Il nuovo lavoro mette in evidenza come sia di vitale importanza eseguire una ricerca accurata e metodologicamente rigorosa" afferma Robert Findling, direttore della psichiatria infantile e adolescenziale del Johns Hopkins Medicine, il quale non ha partecipato alla nuova ricerca. "Lavorare prendendo spunto da impressioni, opinioni o esperienze individuali può portare a conclusioni false".

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Ma presumendo un certo grado di verità nelle nuove scoperte, cosa potrebbe essere a rimandare l’adultità nella società? Stiamo andando verso una società fatta di adolescenti impotenti e coccolati che non vogliono lavorare? O dato che stiamo vivendo molto più a lungo delle generazioni passate, forse non c'è niente di sbagliato nel fatto di avere alcuni anni aggiuntivi di immaturità?

Twenge vede sia le cose positive che negative di questa situazione: "È una grande cosa proteggere i giovani adolescenti, ma i genitori dovrebbero rendersi conto che gli adolescenti più grandi hanno bisogno di fare esperienze di indipendenza prima di andare all’università o di iniziare a lavorare".

Domakonda aggiunge che, anche se i genitori possono avere un ruolo nel prolungamento dell’adolescenza, non ne sono la causa principale. "La maggior parte di loro risponde alle proprie ansie riguardo al nuovo contesto generale. Riconoscono che ora, affinché i loro figli possano avere successo, non devono semplicemente riuscire ad avere un posto di lavoro presso la fabbrica vicina, ma devono affrontare una decina d’anni di formazione post-laurea e pesanti impegni per sostenere gli studi".

Invece di spingere i giovani adulti a maturare più velocemente, dovremmo far nostro questo spostamento culturale e sviluppare modi per soddisfare i bisogni psicologici degli adolescenti di oggi, senza però rinunciare a prepararli al meglio per un successo futuro.

La dottoressa Domakonda suggerisce che una tale strategia potrebbe far perno su un'espansione dei servizi di salute mentale per gli adolescenti, in particolare perché il 75 per cento delle principali malattie mentali emergono dalla metà dei vent’anni. Sostiene inoltre che dovremmo smettere di definire arbitrariamente i diciotto anni come la soglia dell’età adulta e riconoscere che lo sviluppo psicosociale avviene in modo diverso in diverse persone.

"I ricercatori devono riconoscere che i nuovi adulti sono una novità e smettere di farli rientrare nella categoria dei 18-65 anni, per i loro studi sulla categoria degli adulti".

Sarà solo il tempo a dire come l'adolescenza estesa influenzerà la cultura e il carattere della società, quando saranno questi ragazzi a esserne i protagonisti.