“… è che così da sola ho paura di tutto...
con lei qui adesso è diverso… è reale”
(Dal film di N. Moretti Tre piani)

Quale esperienza “estetica” è l’incontro della mamma con il suo bambino! L’odore buono della pelle, la morbidezza del corpo, le manine paffutelle, gli sguardi che si toccano e si fondono.

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Quante emozioni e di quali intensità permeano il rapporto del neonato con chi si prenda cura di lui! Ma anche quanta fatica e smarrimento è possibile provare nel cammino verso una consapevolezza della propria maternità.

La potenza dell’esperienza della genitorialità è tale da richiedere che la madre venga essa stessa accudita da un ambiente-contenitore che con rispetto, presenza mai intrusiva, attenzione calda le permetta di contattare le proprie risorse e, soprattutto, affrontare la fatica del passaggio da una fase del proprio femminile ad un’altra.

È importante che alla neomamma venga permesso di rifugiarsi, di riposare quando ne ha bisogno, di essere cullata quanto e forse più del suo bimbo; infatti diventare genitore comporta un lungo ed a volte doloroso lavoro di digestione del proprio ruolo di figlia e del rapporto con i propri genitori.

Winnicott sosteneva che, “non esiste un bambino senza la madre”, ad indicare che per comprendere il comportamento di un bambino, il filtro che l’osservatore deve utilizzare è quello dato dalle “rappresentazioni”, consce e inconsce che i genitori hanno di lui.

Forse potremmo aggiungere anche che non può esistere una mamma senza una “madre-ambiente” che avvolge, nutre, sostiene e facilita l’incontro fra i due protagonisti della nuova coppia.

Un contenitore-ambiente dove figure femminili e maschili svolgono funzioni di accudimento, di significazione, di caldo incoraggiamento.

Purtroppo non sempre questo è presente, con conseguente grande sofferenza sia della madre che del bambino.

“…dopo un po’ che siamo io e lei senza parlare con nessuno, comincio a sentirmi strana e mi faccio paura da sola…” (Dal film di N. Moretti Tre piani)

Lucia e Virginia

Incontro Lucia in un caldo pomeriggio d’estate; la donna si presenta con un vestito smanicato dove sono evidenti i violenti segni dei tagli: ferite che si sono rimarginate altre, invece, che denunciano uno stato ancora presente di sofferenza.

Lucia sembra abbia la necessità di portare prima sé stessa della figlia, una bimba che rimane sullo sfondo come un’Ombra. Controllando ogni mia reazione, riporta la propria storia e solo al termine dell’incontro, trova spazio per la sua piccola Virginia.

In effetti, la domanda iniziale riguardava una valutazione dello stato psicologico della bambina, visto che a scuola le maestre segnalano una preoccupazione in riferimento ad un atteggiamento di Virginia segnato dalla “tristezza”, dal ritiro, dalla demotivazione.

Lucia è una giovane donna di 23 anni che lotta contro sé stessa, che non trova pace, vittima di una feroce guerra fra Eros e Thanathos. I profondi tagli, le cicatrici testimoniano le lacerazioni della sua anima e lei sembra identificarsi con esse, vuole che le veda, che le osservi, che me ne prenda cura.

In questo mare di sofferenza rischia di affogare Virginia, bellissima bimba di 6 anni, dai lunghi capelli lisci color della noce e dallo sguardo serio e profondo. Lucia mi parla di sua figlia come di una bimba pacata, ubbidiente, “buona”.

Il papà è presente ma “mi occupo solo io di lei”, afferma Lucia fra l’orgoglioso ed il polemico.

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Il giorno dell’incontro con Virginia, mentre sono entrambe sedute in sala d’attesa, la bambina vomita e Lucia appare in affanno nel tentativo di ripulire. Si imbrattano, si impiastricciano nel vano sforzo di lavare lo sporco; è necessario intervenire guidandole verso il bagno e fornendo loro acqua, sapone, carta assorbente.

Lucia e Virginia, Virginia e Lucia sembrano immersi ancora l’una dentro l’altra; Lucia ha bisogno della propria figlioletta per tenersi e Virginia non può nascere, andare, esistere senza la spinta della madre.

Sono di fatto combinate in un’unica figura e così decido di incontrarle insieme.

“I genitori vengono qui con un mandato per il loro bambino e dobbiamo tenere a mente il bambino in trattamento, i cui bisogni possono essere a volte vissuti come in competizione con il bambino bisognoso del genitore (…) Dobbiamo entrare in comunicazione con l’adulto nel genitore. Questo implica distinguere tra la parte adulta del genitore e quella che è un bambino o un bebè e considerarle ambedue.” (L. Miller)

La nascita dei confini, il “limite come possibilità” (M. Ceruti)

Il modo in cui una famiglia si presenta e si muove nel setting della terapia, dimostra qualcosa di molto importante sul proprio comportamento inconscio riguardante la relazione con i propri riferimenti affettivi.

Decido di accogliere la coppia madre-bambina, consapevole che all’interno della stanza saranno presenti tanti personaggi: Lucia e Virginia innanzitutto e poi la bambina che Lucia è stata, i genitori di Lucia, in particolare la sua mamma ed infine ci sono anch’io, con la mia parte adulta e con quella bambina che a momenti alterni risuonano, si svegliano sintonizzandosi ora con l’uno o con l’altro dei personaggi. “Il dolore dell’altro, la malattia, l’affievolirsi della vita sono realtà che non si fermano alla buccia, entrano nella polpa umana, scavano cunicoli e grotte dentro di noi, nelle fibre del nostro inconscio corporeo.” (Lella Ravasi Bellochhio)

Pian piano creiamo una rappresentazione teatrale estremamente reale, complessa, articolata, faticosa emotivamente; nel tempo, con lentezza ascoltiamo le diverse parti in gioco e proviamo l’intenso dolore della “bimbaLucia” maneggiata malamente dalla propria madre, ferita nel profondo della propria femminilità dalla violenza del padre. C’è un tempo per le lacrime della “bimbaLucia” ed uno per la cura delle ferite della sua anima. Così facendo, incontro dopo incontro, Lucia ormai “sufficientemente” sfamata, può lasciare spazio a Virginia, può permettere che lo sguardo si distolga da lei senza che questo le accenda vissuti di abbandono e di competizione affettiva con la propria figlia. Ormai soddisfatta come una neonata che ha mangiato a sazietà, si/ci concede di occuparci di Virginia. Lucia nel fare esperienza di accudimento, comincia a prendersi cura della propria piccola: all’inizio è solo una attenzione degli aspetti più superficiali come comprarle degli abiti o i quaderni del formato corretto per la scuola. Successivamente, Lucia soggettivizza Virginia, riconoscendole bisogni ed intenzioni e provando a rispettarla nella sua individualità.

Un giorno speciale

A seguito di un incontro in cui avevamo giocato al “gioco dello scarabocchio”, Lucia mi dice che Virginia vorrebbe raccontarmi qualcosa che le è accaduto al parco: “… sabato è stato un giorno speciale!” esclama, ed aggiunge che sarebbe meglio che io vedessi da sola la piccola.

Ha inizio così una nuova fase: Lucia, ormai appagata dalla costruzione e dall’esperienza di una narrazione che arriva fino alla figlia, può permettere che questa nasca, può lasciare che si faccia strada al di là della sua presenza; mi concede di tagliare il cordone ombelicale e di prenderla fra le mie braccia con la forza di una fiducia che nutre i figli e li spinge ad andare nel mondo con speranza.

Ma a questo punto la stessa Virginia è già trasformata, rivitalizzata dalla feconda separazione.

“…la situazione del medico nella cura analitica ricorda sotto molti aspetti quella dell’ostetrico, il quale deve comportarsi nel modo più passivo possibile e rassegnarsi al ruolo di spettatore di un processo naturale, ma che nei momenti critici deve essere pronto con il forcipe in mano per portare a termine un parto che non progredisce spontaneamente…”. S. Ferenczi

Ogni separazione ha in sé una parte di dolore ma al tempo stesso permette il movimento vitale dell’incontro con il mondo circostante. Nella prima separazione, durante il parto, il dolore è lacerante, una parte del corpo viene espulsa, si piange, si urla e poi la gioia immensa di una nuova possibilità, una nuova potenzialità, un’occasione per tutti i protagonisti coinvolti.

Virginia, inizialmente tentenna, ma poi andrà gioiosa, fiera incontro alla vita che l’attende e a “modo suo”!

Sarà difficile vederti da dietro
Sulla strada che imboccherai
Tutti i semafori
Tutti i divieti
E le code che eviterai
Sarà difficile
Mentre piano ti allontanerai
A cercar da sola
Quella che sarai

(Ligabue)

Alcuni riferimenti bibliografici

  • Lella Ravasi Bellocchio, “Nonostante tutto. Il dolore innocente”, Editore:Moretti & Vitali
  • Ferenczi, S. (1927b), L’elasticità della tecnica psicoanalitica. In Fondamenti di Psicoanalisi. Vol III, Guaraldi, Rimini, 1974.
  • Glen Gabbard, Lisa Miller, Melissa Martinez “Una prospettiva neurobiologica sulla mentalizzazione e sulle relazioni oggettuali interne nei pazienti borderline traumatizzati”, 2010 Milano Cortina
  • Miller Lisa, “Comprendere il vostro bambino da $ a 5 anni”, Editore RED
  • Stern, D., (2007). “La costellazione materna. Il trattamento psicoterapeutico della coppia madre bambino.” Torino, Bollati Boringhieri