Ci sono idee contrastanti, in generale, sul ruolo della famiglia nella società. Alcuni, in particolare negli Stati Uniti, sostengono che le unità familiari sono essenziali per una forte società civile e danno un grande contributo alla vita pubblica. Altri, soprattutto in Europa, affermano che le famiglie agiscono spesso in modo  auto-referenziale ed egoistico, e ne mettono in dubbio la forza educativa.

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Esther Muddiman, dell’Università di Cardiff, ha affrontato la questione a partire dai risultati di una sua recente ricerca.

Sappiamo bene, afferma, che le famiglie tramandano determinati tratti caratteriali oltre che a mettere risorse economiche a disposizione dei loro giovani.

Condividono abilità e talenti, e lasciano soldi a figli e nipoti per testamento. Oltre a questo, il team di ricerca della studiosa ritiene che le relazioni dei giovani con i loro genitori, e con i loro nonni, possano effettivamente aiutare a spiegare il grado della loro partecipazione ad attività di aiuto verso altre persone al di fuori del nucleo familiare o a favore dell'ambiente.

Per il suo studio, da poco pubblicato, sono stati intervistati 976 adolescenti di età compresa tra i 13 e i 14 anni in Galles, riguardo alle loro attività a favore degli altri e alle loro relazioni familiari.

Più di un quarto degli adolescenti che hanno partecipato allo studio, ha affermato di aver svolto spesso un'attività a sostegno delle persone o dell'ambiente. Mentre quasi i due terzi hanno dichiarato di averlo fatto almeno qualche volta.

Tra le attività citate, quelle più comuni sono state fornire supporto a persone estranee - ad esempio, collaborando con una banca del cibo della zona di residenza – e prestare servizio da volontari presso istituti o iniziative di beneficenza.

Gli adolescenti hanno anche espresso una serie di motivazioni, diverse tra loro, per il loro coinvolgimento. La risposta più comune è stata quella di essere motivati dal desiderio di migliorare le cose o di aiutare le persone (43%), seguite dal piacere personale di farlo (28%).

Questo suggerisce che i ragazzi sono stati ispirati da una combinazione di obiettivi, sia auto-orientati che disinteressati, cosa che si riflette anche nel fatto che un terzo di loro ha affermato che il loro coinvolgimento è stato personalmente benefico e ha portato allo stesso tempo benefici anche agli altri e all'ambiente. 

Influenza della famiglia

I giovani con cui abbiamo parlato, spiega la ricercatrice, hanno identificato nella famiglia la spinta più importante per la loro partecipazione e hanno spiegato che i loro genitori hanno svolto un ruolo forte, incoraggiandoli a prender parte alle attività di volontariato.

La famiglia in questo è stata più importante della scuola e degli amici. Più della metà dei ragazzi ha affermato che sono stati i genitori a incoraggiare il loro coinvolgimento in attività benefiche, dato superiore a tutte le altre opzioni, compresi amici (29%) e insegnanti (24%).

Nella ricerca è stato poi messo in luce, in particolare, il ruolo delle madri: migliore era la relazione con la madre, maggiore risultava l’impegno nelle attività di volontariato.

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Anche avere un buon rapporto con un nonno è risultato importante. Da ciò che abbiamo scoperto, continua la Muddiman, i vantaggi di avere una relazione positiva con entrambi questi membri della famiglia hanno raddoppiato la probabilità che i giovani si impegnassero in attività a sostegno degli altri, ricevendone il duplice beneficio di cui si diceva (rispetto alla condizione in cui avessero una relazione positiva solo con la madre o con un nonno).

Quando è stato chiesto loro di concentrarsi sul nonno che hanno visto più spesso e con cui avevano una relazione più profonda, quattro su cinque del gruppo di adolescenti hanno affermato che si trattava di una nonna (madre della madre o del padre).

Questa scoperta offre un forte sostegno alle argomentazioni avanzate dagli studiosi “femministi” per un maggiore riconoscimento del ruolo delle donne nella società civile e dell’ambito domestico o personale come spazio politico.

È sconcertante che l'influenza dei padri non sia visibile nei nostri dati, afferma la studiosa, specialmente perché le nostre interviste di follow-up con i genitori suggeriscono che sia le madri che i padri incoraggiano i loro figli a partecipare ad attività in favore degli altri. Questo è un elemento che meriterebbe di essere approfondito.

Nel complesso, lo studio rivela che i genitori sembrano svolgere un ruolo chiave nell’indirizzare i ragazzi verso la partecipazione civica e nell’incoraggiarli ad assumersi impegni disinteressati nella comunità.

Questa connessione tra legami familiari e partecipazione civica suggerisce che alcuni dei valori che vengono trasmessi dai genitori ai figli possono favorire la loro partecipazione ad attività benefiche per la comunità. In questo senso, l’indicazione è che potrebbe esserci una trasmissione inter-generazionale della sensibilità e della partecipazione civica.

I nostri risultati di ricerca, sottolinea la studiosa, minano anche l'idea che le famiglie forti non contribuiscano alla società civile e suggerisce invece che legami forti forgiati all'interno della famiglia possono portare a legami importanti al di fuori di essa.

Ciò mette in forte discussione la separazione tra "pubblico" e "privato" che attraversa molte delle concettualizzazioni europee della società civile .

I nostri dati, conclude la Maddiman, mostrano che la famiglia è molto più importante nello sviluppo di una propensione al coinvolgimento nella società civile di quanto sia comunemente ritenuto, forse anche più importante della scuola.

Sono necessarie ulteriori ricerche, ma questi risultati richiedono una rivalutazione dell’ambiente familiare come potenziale luogo di coinvolgimento nei confronti della società civile e un più ampio riconoscimento del ruolo delle donne all’interno della società.