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Alla maggior parte dei genitori è capitato molte volte di vedere il loro ragazzo adolescente iniziare la giornata con un ragionevole buon umore e tornare poi da scuola avvolto in un tenebroso e freddo silenzio.

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Inizia così un intervento di Lisa Damour, psicologa autrice di «Untangled: Guiding Teenage Girls Through the Seven Transitions Into Adulthood» (“Risolto: guidare le ragazze adolescenti nelle sette transizioni al mondo adulto”) sul difficile tema della relazione comunicativa con gli adolescenti.

Per quanto possa essere difficile, afferma la Darmour, sostenere i ragazzi quando ci dicono cosa c'è che non va, è molto più difficile aiutarli quando mostrano di essere palesemente sottosopra e rifiutano un caloroso invito a parlare.

Queste interazioni di solito si svolgono in una sgradevole e prevedibile sequenza di scambi. Si chiede loro, ad esempio, in modo empatico e incoraggiante: "È tutto ok?" e il ragazzo risponde con un "No" senza aperture al dialogo, o con un insincero "Sì", o ci ignora del tutto concentrandosi su una raffica di sms.

L’adulto a questo punto tende a coltivare un sentimento di ferita per il fatto che l’adolescente abbia rifiutato il suo amorevole appoggio. Ma quando gli adolescenti si chiudono e non parlano delle loro cose,  spesso hanno una buona ragione per farlo.

Le spiegazioni della loro reticenza, seppur spesso trascurate, sono abbastanza semplici e ordinarie.


Temono che il genitore avrà la reazione sbagliata

I figli spesso conoscono i genitori meglio di quanto non si conoscano loro stessi, avendo passato la loro giovane esistenza a imparare le risposte “di riflesso” di padre e madre. Quando un adolescente, ad esempio, si sente a terra per un pessimo voto in un compito in classe ma sa per esperienza che i genitori gli diranno che avrebbe dovuto studiare di più, non avrà una gran voglia di parlare.

Se si sospetta che questo potrebbe essere un ostacolo e ci si sente in grado di poter ascoltare senza mettersi sulla difensiva, basta chiedere: "Ti preoccupi per il fatto che potrei avere una brutta reazione?" Si potrebbe in questo modo dare avvio a una preziosa conversazione – anche se non è quella che si sarebbe desiderato avere, probabilmente –aprendo nel contempo la strada a una migliore comunicazione in futuro. E probabilmente bisognerebbe pensarci bene alle implicazioni di lungo termine del dire "Te l’avevo detto! " ai propri ragazzi adolescenti (anche quando in effetto, lo si era detto loro).

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Anticipano le ripercussioni negative

I genitori che si focalizzano sulla domanda stringente riferita a cosa sia andato storto, possono dimenticare il fatto che i loro ragazzi, che hanno più informazioni di loro, probabilmente si stanno raffigurando un quadro più ampio della situazione.

Il silenzio impassibile può nascondere le riflessioni di un adolescente: "Papà mi impedirà di usare di nuovo la sua bici da corsa sapendo che gliel’ho ammaccata?" O "Se spiego che Lucia temeva di essere rimasta incinta, mamma reagirà male quando vorrò di nuovo uscire con lei il prossimo weekend?"

Non possiamo sempre evitare di sentirci critici e giudicanti nei confronti degli adolescenti. E, di sicuro, ci sono adolescenti (e adulti) che rimangono bloccati in routine comunicative preoccupanti. Tuttavia, gli psicologi sono soliti ricordare queste due evidenze:  anche i bravi ragazzi fanno cose stupide e non si può mai conoscere tutta la storia.

Riconoscere che gli adolescenti (e, di nuovo, anche gli adulti) combinano pasticci di tanto in tanto, può migliorare la comunicazione. Nei giorni in cui loro hanno voglia di condividere e confidarsi, si può far sentire ai ragazzi la nostra disposizione alla comprensione e all’indulgenza dicendo: "So che sei abbattuto per la questione della bicicletta. Come pensi di aggiustarla? "O "Dev'essere stato davvero un bello spavento per Lucia. Adesso sta meglio?"


Loro sanno che i genitori a volte “fanno la spia”

Gli adolescenti sono spesso giustamente preoccupati del fatto che possano essere riferite le cose che confidano.

A volte gli adulti capiscono solo in seguito che le notizie che hanno riferito ad altri erano sentite come top secret dal ragazzo. E a volte gli adolescenti tuttavia confidano cose molto critiche - come ad esempio le intenzioni suicidarie di un compagno di scuola - che devono essere assolutamente divulgate.

Sia che ci si trovi nella posizione di doversi scusare per indiscrezioni fatte in passato o che non si sia ancora deciso come superare la questione, in ogni caso è giusto e corretto promettere agli adolescenti un altissimo grado di riservatezza a casa. I ragazzi meritano di avere un posto dove poter rielaborare, o almeno liberarsi da questioni delicate riguardo se stessi o le decine di altri ragazzi con cui devono trovare un modo per convivere.

I genitori, così come i terapeuti, possono stabilire i limiti di ciò che si può mantenere riservato.

Gli adolescenti sono generalmente molto sensibili; si aspettano che gli adulti agiscano di conseguenza alla confidenza fatta su di loro o su un loro pari che potrebbe trovarsi in una situazione di pericolo immediato. Ma si può aiutare gli adolescenti a parlare più liberamente mettendo in chiaro che, salvo una situazione molto critica, i loro segreti verranno protetti e sarà offerto loro un sostegno morale, mentre loro e i loro amici attraversano e superano le tipiche tempeste adolescenziali, come dolorose separazioni e rotture dei rapporti.

E quando i ragazzi si trovano a condividere informazioni critiche sui loro coetanei, possono essere coinvolti nel processo di decisione su come riferire quanto confidato.

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Parlare non sembra sempre la soluzione migliore

Un adolescente potrebbe aver già superato quanto avvenuto a scuola nel tempo della strada verso casa. Tornare a rinfrescare tutto parlandone alla madre potrebbe farlo ripiombare in uno stato d’animo che è già quasi riuscito a vincere.

Anche quando non si conosce la fonte dell’inquietudine di un figlio, bisognerebbe sempre agire partendo dal presupposto che presto si sentirà meglio. Ovviamente esistono seri motivi di preoccupazione quando un ragazzo si dimostra infelice per giorni e giorni, e non riesce a riprendersi dalle sue crisi emotive. Ma il più delle volte il benessere psicologico è come il benessere fisico: le persone sane si ammalano, ma poi si riprendono.

Così come un adulto non viene contagiato dai virus dei suoi ragazzi, parimenti non dovrebbe esserlo dal suo umore scontroso. Fortunatamente, il supporto che viene offerto quando hanno un’influenza funziona anche quando gli adolescenti piombano in un pesante silenzio.

Senza stare ad approfondire quello che non va, si può chiedere loro se c'è qualcosa che si può fare per aiutarli a sentirsi meglio. Trarrebbero piacere dalla nostra affettuosa compagnia o preferirebbero stare un po’ di tempo da soli? Vorrebbero qualcosa di particolare da mangiare o forse c'è qualcosa di bello da vedere in TV?

C'è più valore nel fornire un affettuoso e “generico” supporto di quanto ci si possa immaginare. È difficile per gli adolescenti mantenere la loro disposizione negativa per tutto il tempo.

La velocità dello sviluppo adolescenziale a volte fa perdere ai ragazzi la loro stabilità emotiva e, quando accade, temono che non potranno più sentirsi bene. Inviamo ai ragazzi un messaggio potente e rassicurante quando accettiamo e non siamo allarmati dal loro imperscrutabile malessere. Equivale a dire loro: “Posso sopportare la tua afflizione e anche tu puoi farlo”.


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