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La sua voce è spaesata. Non è solo paura è anche confusione. La sua voce non me la ricordavo più a dire la verità. Sono passati troppi anni e di quelli, almeno per lui, cruciali.

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In questi anni ha conseguito la licenza di terza media, ha iniziato a radersi, ha fatto amicizie, alcune belle altre decisamente meno, si è sottoposto a molte visite mediche per la sua malattia congenita, si è "affrancato" con abbracci e qualche strappo dalla comunità per minori dove era stato accolto, ha giocato, studiato, esplorato, ha combattuto contro i suoi disagi, alcuni inevitabilmente collegati alla sua età, altri suoi personalissimi, familiari.

Ed ha, pure, cambiato voce. Quella che ho ascoltato al cellulare l'altro giorno, in una telefonata frettolosa e piuttosto ansiogena era una voce nuova e incredula. Ma quel timbro incerto e agitato lo conosco bene.


succede che le nostre corde interne,
comprese quelle vocali, inizino,
nostro malgrado, a tremare


Succede cosi quando in pochi minuti, senza aver compiuto alcuna azione che possa aver determinato una simile abnorme reazione, ci si trova da liberi a trattenuti, rinchiusi nella gabbia di un Cie (centro di identificazione ed espulsione) di colpo trascinati lontani da casa, da affetti, abitudini e diritti.

Succede che le nostre corde interne, comprese quelle vocali, inizino, nostro malgrado, a tremare. Cosi come le certezze che abbiamo sempre creduto di possedere. Era andato in questura, diligentemente, a orario e data stabiliti dalle forze dell'ordine.

Era convinto che la convocazione fosse finalizzata alla consegna del permesso di soggiorno del quale aveva chiesto il rinnovo.

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Era un momento che aspettava da tanti, troppi anni, perché, per una serie di vicissitudini, si erano accumulati ritardi e ostacoli nel suo percorso di definitiva regolarizzazione.

Eppure, come andava ripetendo sua mamma a tutti gli operatori, educatori e istituzioni nelle quali si imbatteva o alle quali inviava corpose istanze, il ragazzo è arrivato a Genova da bambino, qui ha studiato ed è cresciuto.

Qui è inciampato e, a fatica, con l'impegno dei tanti che in lui hanno creduto, si è rialzato.


gli ritirano il passaporto, gli fanno firmare delle carte
senza neppure dargli il tempo di leggerle


La sua patria è l'Italia e non la Tunisia, della quale non saprebbe più riconoscere né la lingua né i sapori. Ma l'Italia non lo vuole più. Si presenta in questura puntuale con tutti i documenti: permesso scaduto, passaporto e bollettino postale attestante il pagamento di tutte le tasse necessarie per il rinnovo.

Alcuni agenti lo chiamano in un'altra stanza, lontano da sua madre che lo aveva accompagnato sperando di condividere con lui la "festa" della consegna del titolo di soggiorno. Gli ritirano il passaporto, gli fanno firmare delle carte senza neppure dargli il tempo di leggerle. Lui ancora non capisce. Ancora spera. Poi lo portano via, a Torino.

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Nella gabbia dove ora si trova rinchiuso e da dove mi chiama con voce incerta. Chissà se lo sa che anche tutti i suoi amici mi stanno chiamando ancora più attoniti di lui.

E che i suoi compagni scout della Maddalena hanno diffuso la notizia sui social per manifestare il loro sdegno e organizzare la solidarietà di chi in questi anni lo ha conosciuto nel contesto scout e nel quartiere: "È entrato nel nostro gruppo, ha percorso insieme a noi più di 4 anni, con le difficoltà e gli alti e bassi di chi si trova a vivere un'adolescenza in salita, regalandoci emozioni incommensurabili e condividendo con gli altri le avventure.


condannati a una vita di clandestinità o al rimpatrio forzato
in paesi dai quali sono fuggiti in età da lupetti
quando avrebbero voluto solamente giocare


Nelle scorse settimane aveva trovato un lavoretto in regola, che avrebbe dovuto consentirgli il rinnovo del permesso di soggiorno e garantire la permanenza a Genova, l'unico luogo che lui può definire "casa". 

Ritenuto irregolare, gli è stato notificato il decreto di espulsione ed è stato trasferito nel CIE di Torino dov'è attualmente rinchiuso.

Gli staremo, per quanto ci è possibile, accanto nel suo percorso, ma condividiamo questa storia perché è il caso fortuito di un ragazzo che ha incontrato operatori sensibili e un gruppo di amici che non vogliono perderlo.

Ogni giorno, a decine di ragazzi come lui in tutta Italia, vengono notificati decreti di espulsione, vengono rinchiusi nei CIE e condannati a una vita di clandestinità o al rimpatrio forzato in paesi dai quali sono fuggiti in età da lupetti quando avrebbero voluto solamente giocare.



articolo precedentemente pubblicato da Repubblica - Genova


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