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Da molti anni le Cooperative e Associazioni che accolgono e offrono servizi agli adolescenti si trovano a fare i conti con una diffusione dell’utilizzo di sostanze stupefacenti apparentemente senza precedenti.

Ciò che colpisce gli operatori è soprattutto la mancanza di problematizzazione da parte dei ragazzi riguardo al loro rapporto con le sostanze: i giovani con i quali lavoriamo da tanti anni sembrano considerare alcool e sostanze stupefacenti come degli “additivi” di facile reperibilità che permettono di passare una serata a ballare con più energia, di affrontare con meno inibizioni le relazioni con i coetanei, di migliorare una performance sessuale, di sacralizzare dei riti di gruppo, ecc..

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È molto raro sentire un ragazzo associare l’uso di sostanze a concetti quali isolamento, sofferenza, malattia, morte, come invece fanno gli adulti.

Una scarsa consapevolezza

Noi operatori siamo molto preoccupati da questa scarsa consapevolezza, perché ci capita troppo spesso di vedere questo uso di sostanze accompagnarsi a più o meno grandi disastri: abbiamo visto ragazzi pagare caro per reati connessi all’utilizzo e alla cessione di sostanze, o avere esplosioni di violenza pericolosissime e incontenibili a causa  dell’uso di sostanze; abbiamo visto ragazzi giovanissimi entrare nei reparti psichiatrici e uscirne con prognosi che non lasciano speranze di recupero, o altri morire in incidenti stradali lasciando gli adulti a interrogarsi su come avrebbero potuto evitarli.

Stiamo parlando di un fenomeno che talvolta si sovrappone a quello della tossico/alcooldipendenza, ma che sembra seguire in gran parte strade diverse; sono proporzionalmente pochissimi i ragazzi per i quali si può parlare di vera dipendenza da sostanze, ma questa considerazione non esaurisce il problema.

Anche un uso occasionale, che sia di natura “socializzante” o “medicamentale”, di alcune sostanze stupefacenti può avere conseguenze drammatiche.

È pertanto assolutamente necessario ricercare una comunicazione su questo tema tra adulti e giovani, che li vede attualmente così lontani.

Negli anni abbiamo avuto modo di sperimentare quanto sia difficile e delicato trovare questa comunicazione.

In particolare, abbiamo avuto modo di vedere quanto sia inefficace affrontare il problema in termini di completa censura; questo naturalmente non vuol dire che si debba fingere di approvare l’uso di sostanze o di essere tutti “dalla stessa parte”: al contrario, è sempre bene che i ragazzi sappiano che la posizione dalla quale partiamo è di grande preoccupazione per loro.

Quello che non ha mai funzionato, però, è la semplificazione “moraleggiante” con cui questo messaggio è stato presentato ai ragazzi. Chiedere ai giovani di astenersi dall’uso di sostanze puntando sulla denigrazione del “prodotto”, come hanno fatto la maggior parte delle campagne dissuasive degli ultimi 25 anni, si è rivelata una pericolosa ingenuità poiché ha reso “non credibile” agli occhi dei ragazzi l’adulto, che ne ha perso così l’attenzione e la considerazione.

La nostra esperienza di interventi di prevenzione nelle scuole, ci suggerisce di tenere fermo il principio di privilegiare sempre la comunicazione sulla censura: l’intervento efficace è quello che mette i ragazzi nella condizione di non sentirsi giudicati, e pertanto di accettare la comunicazione con l’adulto, che altrimenti verrebbe immediatamente interrotta.

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La credibilità degli adulti

Il secondo principio, altrettanto importante, che guida gli interventi di prevenzione  efficaci è che l’adulto non è credibile in quanto adulto, ma solo se è un tecnico: i ragazzi sono giustamente convinti di avere molta più esperienza degli adulti in fatto di sostanze stupefacenti, e pertanto accolgono indicazioni solo da persone che riconoscono come altamente competenti.

Insomma, quello che proponiamo (per dire la verità non solo noi!) è il contrario di quanto abbiamo visto a lungo dominare nel campo delle campagne di dissuasione dalle droghe: queste ultime partivano dal presupposto che il giovane sia incompetente, e che abbia bisogno di messaggio di forte censura e giudizio; noi partiamo dal presupposto che i giovani sono a loro modo molto competenti in fatto di sostanze, e abbiano bisogno di persone più competenti di loro che, sottraendo il confronto a dinamiche di giudizio, possano aiutare i ragazzi a completare le loro conoscenze in modo che possano scegliere in maniera più consapevole, e in ultima analisi a evitare le conseguenze più drammatiche connesse all’uso di sostanze.

Ciò che ci è parso nuovo e stimolante, è di portare ancora oltre questo principio, chiedendo ai ragazzi di diventare coloro che formulano un efficace messaggio di dissuasione dall’uso di sostanze stupefacenti.

Negli scorsi anni abbiamo pertanto dato vita ad un progetto sperimentale, che abbiamo chiamato "Messaggi stupefacenti". Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l'Associazione Anna Biagi Rubini, la Cooperativa Sociale Antares, la Cooperativa Sociale Atipica e l'Istituto Cimabue di Milano.

Ci sembra che da questo Progetto siano emersi elementi interessanti, che forniscono sunti di riflessione sul problema.

Il Progetto “Messaggi Stupefacenti” si è proposto di riconsegnare ai ragazzi la responsabilità di costruire un messaggio di dissuasione dall’uso delle sostanze, che fosse in grado di raggiungere i coetanei: una operazione che intendeva avere effetti immediati sui giovani "creativi" chiamati a immaginare la forma di comunicazione più efficace, e su più larga scala attraverso la diffusione di quest’ultima ai coetanei.

La proposta che abbiamo fatto ai ragazzi dell’Istituto Cimabue è stata quella di utilizzare le proprie competenze e propensioni artistiche per costruire un messaggio che, secondo la loro sensibilità, costituisse un forte deterrente all’uso delle sostanze stupefacenti e all’abuso di alcolici.

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Il progetto

Il Progetto si è svolto in 3 fasi più una di preparazione fatta di incontri di confronto tra gli esperti, gli educatori e gli insegnanti della scuola.

La prima fase dell’intervento ha previsto una serie di incontri di formazione rivolti ai ragazzi della scuola: il primo incontro è stato tenuto dal me, insieme al personale dell’Associazione ABR e agli insegnanti dell’Istituto Cimabue. In questo primo incontro abbiamo ricordato ai ragazzi che, perché potessero costruire il messaggio in maniera più completa, avremmo messo loro a disposizione degli esperti, dai quali raccogliere ulteriori informazioni. Era chiaro anche ai ragazzi che gli esperti sarebbero andati a parlargli anche per dare a loro la possibilità di sapere di più sulle conseguenze dell’uso di sostanze, e non solo per contribuire alla completezza del loro lavoro.

I primi incontri sono stati gestiti in co-conduzione da un Avvocato Penalista e da una Assistente Sociale dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Milano, uno dei servizi del centro per la Giustizia Minorile della Lombardia.

L’avvocato aveva il compito di illustrare, in maniera comprensibile dai ragazzi, la normativa vigente in materia di sostanze stupefacenti, e spiegare nel concreto cosa succede a un maggiorenne che trasgredisce questa legge; l’Assistente Sociale, invece, doveva raccontare cosa prevede la Legge se a trasgredire è un minorenne.

Gli incontri sono stati di grandissima utilità: i giovani, che hanno colto e apprezzato l’approccio appassionato ma non giudicante dei tecnici, hanno accolto con grande attenzione e partecipazione l’intervento. Molti ragazzi hanno scoperto in quella occasione che alcune prassi che hanno sempre considerato lecite, in realtà costituiscono reato.

Il secondo ciclo di interventi ha dato l’opportunità ai ragazzi di confrontarsi con un Medico Tossicologo, che da molti anni lavora nei Servizi per le Dipendenze.

Anche questi incontri sono stati di grande importanza, perché hanno permesso ai ragazzi di confrontarsi sulle ricadute che le sostanze hanno sulla salute, nel breve e nel lungo periodo: l’avere di fronte un esperto ha permesso ai ragazzi di considerare con maggiore attenzione e serietà quelli che possono essere i danni per la salute connessi all’uso o all’abuso di sostanze stupefacenti e alcoolici.

Al termine dei cicli di incontri, e a seguito di un nuovo incontro con me e altri adulti di riferimento della scuola, i ragazzi sono stati invitati a iniziare la parte creativa, ovvero la produzione dei lavori con i quali avrebbero partecipato al concorso “Messaggi Stupefacenti”.

Questa fase del Progetto, che è durata più di un mese, ha avuto un ruolo molto importante: gli insegnanti e gli educatori che hanno seguito quotidianamente i ragazzi nella produzione dei lavori, infatti, ci hanno confermato che lo stratagemma del concorso ha avuto lo straordinario effetto di tenere l’attenzione dei ragazzi sull’argomento per un tempo molto lungo e con una altissima intensità.

Per realizzare il loro prodotto, i ragazzi hanno continuato a riflettere sugli elementi che hanno raccolto dagli esperti, sulla loro esperienza personale e su quella dei loro amici, e si sono nuovamente e più volte confrontati tra di loro e con gli insegnanti, dando vita a dibattiti cui non si erano mai concessi in precedenza.

Certamente questo periodo di intensa riflessione è il risultato più importante ottenuto dal Progetto “Messaggi Stupefacenti”.

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I risultati del progetto

I ragazzi si sono impegnati moltissimo, e hanno preso il loro compito con grande serietà e impegno. Il versante artistico dei lavori, è quello che la Giuria ha maggiormente apprezzato.

Quanto ai messaggi, invece, la Giuria è rimasta abbastanza sbalordita: quello che colpiva era la rappresentazione, datata e piena di preconcetti, che molti dei ragazzi hanno scelto di mettere in scena. Un terzo dei lavori ha inserito nel campo “la siringa” e l’eroina, quando sappiamo che l’eroina è una sostanza poco utilizzata dai ragazzi (rispetto a un tempo e in senso assoluto), e che l’uso della siringa appartiene al mondo della tossicodipendenza di quasi vent’anni fa!

Questo dato ci ha permesso di rimandare ai ragazzi alcune nostre considerazioni, che abbiamo in mente da tempo, ma che altrimenti i ragazzi non ci avrebbero permesso di fare: i ragazzi che oggi usano sostanze hanno in mente una pericolosa scissione tra il loro uso di sostanze stupefacenti e la vecchia immagine della tossicodipendenza. I ragazzi sono convinti che l’eroinomane sia il vero “drogato”, e che solo a quella “vecchia” e "perdente" figura vadano associati elementi negativi, quali la solitudine, la malattia, la morte. Al contrario, l’uso che hanno in mente i ragazzi, così legato alla performance e al ruolo sociale, non viene messo in relazione ad immagini altrettanto spaventose.

A questa ingenuità, si è sinora contrapposta una altrettanto ideologica parificazione di tutte le sostanze. E’ compito degli adulti, invece, portare ai ragazzi elementi di realtà che permettano loro di scegliere con maggiore consapevolezza: a quali conseguenze penali va incontro chi intende utilizzare sostanze? quali danni comportano sulla salute le varie sostanze con cui i ragazzi entrano in contatto?

Siamo dell’idea che le Istituzioni debbano investire sempre di più sulla prevenzione, che può avere grandissima efficacia non certo sulla tossicodipendenza (il tossicodipendente sa benissimo a cosa va incontro, ma non riesce a fare diversamente), ma sull’uso sconsiderato e pericolosissimo che i giovani fanno di determinante sostanze!

L’immagine della siringa utilizzata da alcuni ragazzi mi ha riportato alla mente una considerazione relativa alla efficacia della prevenzione: circa 20 anni fa, quando si è cominciato a conoscere l’HIV, la maggior parte dei contagi si contava tra i tossicodipendenti e gli omosessuali.

Oggi la replicazione del virus vede coinvolti quasi solo eterosessuali.

Questo dato è tuttora sconcertante: persino una “popolazione” tendenzialmente "autolesionista" come quella dei tossicodipendenti è stata in grado di cambiare le proprie abitudini (ad esempio eliminando l’uso della siringa), in conseguenza di una buona campagna di informazione attuata dai Ser.T, per difendersi dalla malattia.

Il contagio è rimasto dove la prevenzione è stata insufficiente...

 


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