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Ho lasciato la mia terra

povertà e devastazione. 

20150113 filastrocca per mare 3

Un fratello ucciso in guerra,

gli altri senza una ragione,

senza niente per sfamarsi 

senza scopo per studiare. 

Così ho detto alla mia mamma: 

Soffro anch'io ma devo andare.

Ho viaggiato nel deserto 

per venire fino qua,

ho solcato il mare aperto. 

Nella grande povertà 

ho veduto la violenza 

che è compagna della fame

e ho sudato nei cantieri

con la calce ed il catrame 

per comprare il mio biglietto

acquistato da un bandito

che ha spacciato per traghetto 

un legno vecchio e già appassito.

Per tre giorni in traversata

- e la notte fa paura -

senza acqua e senza cibo

la faccenda si fa dura.

Ho soltanto 13 anni

e qualcosa l'ho capito: 

se ti metti nei miei panni 

mi dirai se c'è un diritto 

che mi sappia accarezzare 

con le mani di mia madre

che mi possa indirizzare

con lo sguardo di mio padre.

Solo questo è il mio delitto, 

scappar via dalla miseria,

e poi anche dalla guerra 

che è minaccia ancor più seria.

Io non so se avete posto 

nella tavola imbandita.

La fiducia che ho riposto

spero che non sia tradita.

 

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Le filastrocche giudiziarie

I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.

 

 Le precedenti filastrocche:

Filastrocca del matrimonio combinato, Filastrocca del bambino abusato

Filastrocche della televisione

Filastrocca dell'occhio nero di mamma. Filastrocca del giudice bizzarro 

Filastrocca della mamma bambina

Filastrocca dei bambini contesi

Filastrocca della competenza minorile

Filastrocca dei gemelli di Cattolica

Filastrocca dello spaccino

Filastrocca dell'adolescente adottato

Filastrocca del Natale all'improvviso

Filastrocca dell'udienza si va beh...

Elena Buccoliero
Sociologa e counsellor, è docente a contratto all’Università di Parma sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti e svolge attività di formazione, ricerca, supervisione e sensibilizzazione su bullismo, violenza di genere e assistita, diritti delle persone minorenni. Dal 2008 al 2019 è stata giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna. Ha diretto la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati (2014-2021) e l’ufficio Diritti dei minori del Comune di Ferrara (2013-2020). Da molti anni aderisce al Movimento Nonviolento. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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