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Le mani delle donne contengono amore, calore, sapienza, coraggio, forza, virtù.

Sono mani che hanno amato, che hanno curato, che hanno scaldato, a volte sofferto, altre trattenuto, altre ancora lasciato, e che a loro volta sono state amate, curate, scaldate, che sono state lasciate e spesso trattenute da mani che, in determinate circostanze, sapevano come incapsulare la sofferenza nei polpastrelli e trasmettere solo amore e cura, dedizione, passione.

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Le mani delle donne conservano nella memoria indelebile del corpo, i segni della vita che è passata e passa tra le loro dita, che solo apparentemente sembra fuggire, ma che lascia sempre un’impronta impercettibile di appartenenza e di riconoscimento nella ritmicità personale dei gesti che sembrano scandire il ritmo del tempo dell’esistenza che ciascuna donna, chi con vemenza, chi con delicatezza, ha toccato con le proprie mani.

Sono le stesse mani che impastano la farina, le uova, il burro, lo zucchero, che assemblano gli ingredienti, scelti con cura e che conservano nel gesto del cucinare, il dono del generare, del nutrire, del crescere, del dare, del ricevere, sempre nella gratitudine e nell’orgoglio di riconoscersi generatrici, produttive, e a volte magiche.  

La forza vitale è indelebilmente conservata nelle mani delle donne e si rinnova ogni qualvolta si prepara con amore il cibo per l’altro, si porge all’altro, si nutre e ci si nutre della soddisfazione di aver corrisposto in modo amorevole il suo bisogno di esistere, di crescere, e di essere nutrito, di cibo e affetto, di ingredienti e di calore, di sostanza e di forma, di contenuto e di contenitore.

Pane e cuore, anima e gusto vengono conservati e donati dalle mani delle donne.

Mani scattose, mani gentili, mani rabbiose, mani fiere, mani ferite, mani impacciate, deluse, tradite, che sempre e nonostante il tutto della vita, perdonano e sanno dimenticare ricordando quanto la loro presa sia fondamentale per abbracciare proprio quel tutto, nella completezza del gesto che lega, unisce e consolida i legami affettivi.

L’atto del cucinare, nella completezza gestuale del termine, è di esclusiva appartenenza delle donne, dell’animo femminile che si rinnova e si tramette, di generazione in generazione nella memoria indelebile del gusto e della tradizione che ogni donna nella sua famiglie sancisce e sigilla.

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A partire da quando siamo venuti al mondo sono quelle mani che ci hanno accarezzato, nutrito, scaldato, curato, protetto, accarezzato, che hanno cucinato per noi con l’amore e la dedizione che solo una madre sa dare. Un filo invisibile che lega le mani agli occhi, alla diretta connessione tra ciò che è fuori e ciò che si conserva nel cuore, un legame indissolubile che fa agire le mani delle donne sapendo cosa l’altro vuole, in una sorta di empatia corrispondente in cui il dono, vuoi che sia materiale, vuoi che sia affettivo, viene offerto per cercare di assecondare il desiderio e di tessere una tela armoniosa di fili invisibili che ognuno di noi si porta dietro e diffonde nella sua intimità agli altri legami che si formano, si rinnovano, si spezzano, si ricuciono nelle trame sottili delle nostre vite.

Ognuno di noi sa e vede, anche nei momenti di difficoltà, quelle mani invisibili della donna e delle tante donne, che hanno dato avvio alla tela della sua trama familiare. Penelopi silenziose ed invisibili che ritroviamo nei momenti di condivisione affettiva in cui la tavola regna sovrana, sancendo la memoria del gusto in una sorta di collante culinario magico e prezioso che dall’involucro dei piatti della nostra tradizione di famiglia, assembla gusti, preferenze, colori, bisogni, desideri, affetti e sprigiona miriadi di fili invisibili che illuminano ed illumineranno, nei nostri retaggi mnemonici, il sapore e la magia del nostro Natale, dei tanti nostri Natali e dei Natali dei nostri figli, nipoti, fratelli, sorelle, di chi c’è e di chi non c’è più ma rimane sempre con noi nel ricordo.

In questa magia il valore materiale si dissolve e si sfuma, per tutti, grandi e piccini, dando vita a quell’abbraccio caloroso della completezza del gesto, portata avanti e tramessa con orgoglio dalle mani delle donne, che conservano nei polpastrelli delle loro dita, l’ importanza di quell’incipit iniziale in cui da bambini per la prima volta siamo entrati nella tela familiare del nostro Natale familiare, che va oltre la linea del tempo e che conserva intatti nella tradizione culinaria di famiglia i nostri affetti più profondi.

Farina, acqua, lievito, amore e cura. Non serve altro per crescere bene.

Buon Natale e buona tradizione culinaria a tutti!

Barbara Volpi
Psicologa, specialista in Psicologia clinica, Phd in Psicologia Dinamica e Clinica - collabora con il Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Sapienza - Università di Roma. È membro dell’Italian Scientific Community on Addiction della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento Politiche Antidroga e Socio Fondatore della SIRCIP (Società Italiana di Ricerca, Clinica e Intervento sulla Perinatalità). È docente al Master biennale di II livello sul Family Home Visiting presso la Sapienza e dell’ Accademia di Psicoterapia Psicoanalitica di Roma. È autrice di numerose pubblicazioni e articoli scientifici. Tra le sue pubblicazioni recenti: «Gli adolescenti e la rete» (Carocci, 2014) e per il Mulino «Family Home Visiting» (Tambelli, Volpi, 2015), «Genitori Digitali» (Volpi, 2017), «Che cos'è la cooking therapy» (Volpi, 2020), «Docenti Digitali» (Volpi, 2021), «I disturbi psicosomatici in età evolutiva» (Volpi, Tambelli, 2022) Per informazioni scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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