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Il tutore volontario non è un affidatario, non vive con il ragazzo ma intrattiene con lui una relazione importante, lo rappresenta dinanzi alle istituzioni (firma per l’iscrizione a scuola, gli interventi sanitari, la richiesta di asilo…) e favorisce il suo inserimento sul territorio.

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Sabato 23 marzo, nella sala del Consiglio Comunale di Ferrara, si è tenuto un seminario riassuntivo di cinque anni di esperienza per formare e sostenere un gruppo di tutori volontari, ovvero cittadini e cittadine che volontariamente hanno deciso di prepararsi per dedicare un po’ del loro tempo a persone minorenni prive di riferimenti adulti sul nostro territorio.

Di questo progetto ho già avuto modo di parlare (Decreto Sicurezza. Per i minorenni cambia poco, ma…, del 30 novembre 2018) ma desidero ritornarci sia perché non va di moda, la gratuità nei rapporti con gli altri e segnatamente l’apertura verso chi arriva da lontano, sia perché sono molto fiera di avere sostenuto fin qui, insieme a Daniele Lugli, questo progetto che ha portato a organizzare due corsi di formazione (2015 e 2017) preparando complessivamente 50 persone, di cui la metà tuttora disponibili a mettersi in gioco.

I nostri tutori hanno organizzato con i ragazzi gite fuori porta, condiviso pranzi e cene a casa propria o in pizzeria, dato lezioni suppletive di italiano o di guida, parlato con gli insegnanti quando i ragazzi erano poco propensi alla scuola, accompagnato i loro fanciulli in altre città per ottenere documenti o incontrare amici, e hanno fatto quadrato con gli operatori del servizio sociale o della comunità quando si aveva il timore che quel ragazzo stesse prendendo una strada pericolosa.

Sabato 23 marzo eravamo in tanti, ad ascoltare e a parlare. Ha aperto il seminario Clede Garavini, Garante dell’infanzia e adolescenza dell’Emilia Romagna, e l’hanno concluso Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna, e Chiara Sapigni, Assessore comunale ai Servizi alla Persona. Nella parte centrale si sono susseguiti diversi interventi: Daniele e io per ripercorrere questi cinque anni di lavoro, due volontari per raccontare che cosa significa affiancare un adolescente straniero, tre operatori del sistema di accoglienza spiegando i diversi tasselli del mosaico, e poi un giornalista per riflettere sul ruolo dei media e sulle regole deontologiche, e un tutore volontario che è anche avvocato per descrivere le ripercussioni del Decreto Sicurezza sulle prospettive dei minori stranieri non accompagnati.

Non abbiamo voluto mancasse la voce dei ragazzi. L’abbiamo raccolta con alcune brevi interviste video realizzate da Alejandro Ventura e Giuseppe Di Bernardo con giovani che hanno avuto l’accompagnamento di un tutore. Tutti indistintamente hanno confermato quanto sia importante, per un adolescente straniero immerso in una realtà tutta da decodificare, contare su un rapporto privilegiato con una figura adulta che riservi loro tempo, attenzione, ascolto. Lo hanno descritto come una persona cara, “una mamma… un parente…”, che sarà presente nella loro vita anche dopo i 18 anni. Una persona con cui condividere momenti di spensieratezza – il pranzo in famiglia, la partita di basket, l’uscita in centro, la gita… – e a cui confidare le preoccupazioni, o che li aiuta ad affrontare le sfide importanti. Certo gli esami a scuola, l’autonomia, l’esclusione patita spesso da sconosciuti che non li conoscono ma li vedono diversi e perciò giudicano. Il momento cruciale, però, è quello in cui si decide il futuro.

“Quando sono andato in commissione il tutore era con me”, racconta un ragazzo rievocando l’audizione con chi stava valutando la sua richiesta di protezione internazionale. “Il tutore era seduto dietro di me, mi sentivo al sicuro”.

Questa immagine – un tutore che non si sostituisce e non sovraccarica ma sta accanto al ragazzo, o dietro, quasi a stabilire una rete di protezione; un tutore alleato ma anche un adulto che c’è e non si fa manipolare – rende molto bene ciò che i volontari provano ad essere, nella consapevolezza di quanto prezioso sia il costante confronto con gli operatori del servizio sociale e della comunità dove questi ragazzi sono accolti.

Il tema assegnato ai volontari all’interno del convegno era “Le motivazioni, le scoperte, le sfide dei tutori volontari”. Lo hanno svolto con sensibilità e competenza Paola Mastellari e Massimo Sartori, due tutori esperti, riportando le esperienze del gruppo raccolte qualche settimana prima con un focus group.

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I volontari sono mossi da motivazioni forti. Mi piace pensarli come una risposta sana all’onda crescente di chiusura, indifferenza o vera e propria ostilità verso i migranti. Tra questi i minorenni sono i più fragili di tutti. Per questo, la parola ai tutori.

Vorrei accompagnare qualcuno che è in una situazione di bisogno e creare nel tempo una relazione di fiducia. È una sorta di impegno personale per i valori in cui credo perché rilevo una decadenza del senso civico e del senso di accoglienza”.

Sono turbato dalla situazione che viviamo da qualche anno, migliaia di persone che, rischiando la vita, arrivano in luoghi dove sperano di trovare un lavoro, un futuro. E tra di loro i minori sono i più deboli, li immagino privi di supporti materiali e culturali in un ambiente totalmente diverso da quello in cui sono cresciuti”.

Alcuni fuggono da guerre e persecuzioni, altri dalla miseria e dalla assenza di prospettive, qualcuno scappa dalla propria famiglia. Hanno percorso migliaia di chilometri impiegando mesi o anni, hanno vissuto esperienze che noi adulti occidentali nemmeno immaginiamo eppure hanno una voglia di futuro e una luce negli occhi che non può essere spenta, delusa o mortificata. Occorre che qualcuno li rappresenti, utilizzando la rete dei diversi attori partecipanti ai progetti di inserimento, per chiedere concretezza e realtà praticabili di formazione e lavoro”.

Da neo pensionato ho cercato qualche cosa che desse un senso al maggior tempo libero che avrei avuto smettendo di lavorare. Perché i minori? Perché tra gli stessi migranti sono i meno adeguati ad affrontare il paese in cui sono arrivati. Prima di arrivare hanno compiuto scelte da persone adulte – l’allontanamento da casa, viaggi travagliati e pericolosi, rapporti con i trafficanti di uomini – ma qui, essendo minorenni, vengono considerati ancora incapaci di prendere decisioni…”.

I giovani sono il nostro futuro, che siano nati qui o da altre parti non cambia niente. Le migrazioni non si fermeranno né con sanzioni economiche né con la guerra perché sono troppo forti le motivazioni e le necessità di queste persone”.

Vorrei fare qualcosa di utile per il mio paese e prendersi cura di un minore straniero mi pare una buona scelta. Non tutti i ragazzi fuggono da guerre o persecuzioni ma vorrei che si smettesse di considerare i migranti economici come infami o malfattori. Stanno cercando di cambiare la loro vita e di seguire qualche sogno pagando il prezzo di allontanarsi dalle loro terre e dai loro cari. Noi italiani dovremmo saperlo bene e portare lo stesso rispetto che abbiamo chiesto nelle terre della nostra emigrazione”.

La motivazione primaria che mi ha spinto a fare la tutrice è “mi piace!”. Mi piace stare dietro ai bambini, ho sempre avuto esperienze di affidi da vent’anni e mi sembra di essere adeguata a capire le situazioni. Senza angosciarmi o spaventarmi, cerco di fare nel modo migliore possibile. Soprattutto mi piace!

Il mio pupillo viene da lontano ed ha impiegato anni per arrivare in Italia. Durante le sue peregrinazioni è stato a bottega da un sarto in Senegal ed ha imparato il mestiere. Avrebbe voluto continuare anche in Italia su quel percorso ma da noi non ci sono più scuole professionali che si occupano di quel mestiere e allora si è iscritto al corso di meccanica, però non ha dimenticato il suo primo mestiere, la sua prima passione. Da un amico che ha fatto un viaggio nel suo paese d’origine si è fatto portare uno scampolo di stoffa, l’ha tagliato e confezionato una camicia e me l’ha regalata. Questa camicia è fatta ad arte: ha la cerniera per infilare il collo, le tasche, secondo me è molto bella. Mi piacerebbe che voi poteste vedere la precisione delle cuciture, la perfetta sovrapposizione dei diversi tessuti, le tasche ben sagomate. Questa camicia riflette le competenze del mio ragazzo, i suoi saperi, la sua abilità. Ecco, a posteriori la mia aspettativa è quella di avere un ragazzo che si fidi di me e che per amicizia o simpatia mi regali una camicia confezionata da lui. Una camicia che conserverò per sempre come un bene prezioso”.

testo precedentemente pubblicato da Azione nonviolenta

Elena Buccoliero
Sociologa e counsellor, è la direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati e referente dell’ufficio Diritti dei minori del Comune di Ferrara. Dal 2008 al 2019 è stata giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna. Da molti anni aderisce al Movimento Nonviolento. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.