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Alcuni genitori sembrano preferire rassegnarsi a quel particolare nemico, la droga, ignorandone l'evidenza, negando e chiudendo un occhio sulla possibilità che il loro ragazzo adolescente faccia uso di sostanze psicoattive.

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Personalmente, afferma il professor Pickhardt, psicologo esperto di adolescenza, in un recente intervento, ritengo sia meglio ammettere che il mondo di oggi in cui crescono i ragazzi è pieno di droghe di ogni genere, e questo impone una continua vigilanza e discussione con i giovani.


La realtà

Se non ancora prima, l'uso di droghe ricreative inizia a entrare in gioco negli anni delle superiori, quando la curiosità diventa più pressante, l'eccitazione diventa più allettante e le feste e gli incontri sociali diventano più frequenti. Le tre sostanze con cui si inizia sono solitamente la nicotina (che può essere uno stimolante ), l'alcol (che può essere un depressivo) e la marijuana (che può essere un allucinogeno).

Al momento del diploma, non tutti gli studenti hanno provato tutte queste sostanze, ma la maggior parte dei giovani ne ho sperimentato almeno alcune.

Il passaparola è sufficiente per esaltare l'uso disinvolto e cool di nicotina e marijuana; la pubblicità persuasiva, da parte sua,  può inoltre incoraggiare l'uso dell'alcol, rappresentando il bere come una cosa socialmente desiderabile, una buona compagnia, una cosa da grandi che deve essere fatta.

L'uso continuato di queste sostanze “di avvio” al consumo può a volte portare al desiderio di provare gli altri psicoattivi man mano che il ragazzo cresce.

Se i genitori scoprono che il loro figlio adolescente ha avuto un episodio di consumo sostanze, devono prenderne atto, prestando maggiore attenzione alle scelte di vita giorno per giorno che il loro ragazzo sta facendo – ad esempio, quando un adolescente attento e scrupoloso inizia a comportarsi con noncuranza, con comportamenti furtivi o quando un adolescente sincero inizia a mentire.

Decisioni inusuali e atipiche che creano problemi diventano adesso degne di maggiore attenzione. In molti casi, un giovane che afferma di avere fatto uso di sostanze per la prima volta, l’ha già fatto altre volte prima, proprio come un giovane che ha iniziato a “fumare” (nonostante le promesse contrarie) è più propenso a farlo di nuovo.

L'ammissione ai genitori di una possibile esposizione e sperimentazione, la confidenza con loro, non deve diventare un tacito permesso di consumo. Questa "confessione" indica solo la necessità di iniziare con il ragazzo una discussione e un confronto aperti. In risposta al loro desiderio di parlare di questo argomento, i genitori potrebbero sentirsi dire che si preoccupano troppo. "È ovunque. Tutti lo sanno. Tutti lo fanno. E allora?". Un tentativo di sottovalutazione.

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I rischi

I genitori a questo punto, prosegue lo psicologo, possono spiegare al figlio quanto siano preoccupati, illustrando in che modo l'uso di sostanze possa influenzare il processo decisionale, cosa che, in casi estremi, può portare a gravi conseguenze. Di fatto, esistono rischi di cui vale la pena preoccuparsi e parlare.

Nel peggiore dei casi, possono chiarire gli adulti, le conseguenze sono davvero pesanti. Esiste una serie di rischi precisi nell'uso di sostanze che possono danneggiare o addirittura distruggere la vita di un adolescente: violenza sociale, ferite accidentali, insuccesso scolastico, attività illegali, esperienze sessuali negative, abbattimento suicidario, pericolosa assunzione di rischi, complicanze da overdose.

L'uso di sostanze può aumentare la probabilità che si verifichino tali eventualità. Quindi i genitori potrebbero spiegare al ragazzo che, di conseguenza alla possibilità di questi rischi, non potranno mai dargli il consenso al consumo, perché il percorso più sicuro è quello di un'adolescenza priva di sostanze. Dunque, nel caso lui decidesse di farlo comunque, prenderanno provvedimenti per la sua sicurezza.


Le precauzioni

Ogni genitore deciderà cosa dire nello specifico ai suoi ragazzi, in base anche alla loro età, ma, sottolinea Pickhardt, non è da responsabili non dire nulla. L'uso di sostanze, come l'uso di Internet, è un fatto potenzialmente pericoloso della vita contemporanea, in merito al quale occorre parlare agli adolescenti in modo onesto, aperto, e continuo.

Cosa potrebbero dire i genitori dire al loro ragazzo sull’uso sostanze?

Gli argomenti sarebbero molti, dice l’esperto. A partire dal fatto che ogni droga è un veleno ed è sempre rischiosa: agli effetti positivi attesi, corrispondono effetti collaterali negativi non prevedibili.

Ognuno reagisce a una certa droga in modo diverso, per cui non bisogna ignorare la possibilità di una pessima esperienza personale.

Al ragazzo va spiegato che quando la decisione di assumere sostanze diventa automatica e non più intenzionale, questo indica l’inizio di una possibile dipendenza.

Occorre spronare la libera scelta, l’opposizione alla pressioni sociali e al fatto che siano altri a decidere per lui.  Se proprio vuole provare, meglio che lo faccia in compagnia di amici, non di persone di cui non si fida. Che consista nel fumare una sigaretta o bere un bicchiere di liquore, è bene lo faccia perché lo vuole, e non perché è sta diventando "necessario". Che il ragazzo, in altre parole, non lasci che siano le emozioni a guidare il suo consumo.

Dal momento che il pericolo delle sostanze è in parte nella quantità, quando si fa un qualche consumo di sostanze occorre andarci adagio e continuare così, mai andare tanto in fretta da perdere la cognizione di quanto si sta consumando, con il rischio di un eccesso.

Bisogna spiegare ai ragazzi quanto sia importante che abbiano coscienza del perché lo stanno facendo. Se ritengono che sia l'unico modo per rilassarsi o far fronte a una situazione problematica, è bene che provino a esplorare altre vie per raggiungere questi obiettivi.

Mai fumare, bere o assumere sostanze offerte da altri della cui natura non si sia sicuri: bisogna sapere che cos'è, con che cosa è mescolata, con che cosa interagisce.

Mai mescolare più sostanze psicoattive quando le si consuma. Se proprio lo si fa, che sia per divertimento, non per curare un malessere. Non usarla per aumentare la propria determinazione o per fuggire dall'infelicità. Mai continuare, poi, se il consumo è fonte di rimpianti o rimorsi.

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Quanto più a lungo un ragazzo rimanderà questo genere di consumi, crescendo, tanto meno probabile sarà che diventi un consumatore abituale. Bisogna far capire loro che il consumo non è un modo per sentirsi "cresciuti".

Dopo avere fatto un consumo di sostanze, è bene che il ragazzo valuti l’esperienza vissuta, pensando alle decisioni sagge e poco sagge prese mentre era sotto l’effetto di quanto assunto, perché entrambe hanno qualcosa di prezioso da insegnare.

Che il ragazzo impari dal guardare gli altri, senza ignorare il modo in cui alcune persone consumano e si mettono nei guai. Quello che osserveranno è un monito contro l'uso problematico.


L’aiuto

Se un figlio adolescente manifesta comportamenti autolesionisti, auto-distruttivi, socialmente dannosi o se si mette in situazioni di rischio, e si ha la prove che faccia uso di sostanze, questo è il momento di cercare un aiuto esterno, da un esperto della questione. Se un adolescente è caduto in una dipendenza chimica, non può uscirne da solo, necessita di un aiuto, di un intervento programmatico.

In ogni caso, l'interazione tra l'adolescenza e le sostanze psicoattive è una questione troppo delicata per essere ignorata e non messa al centro della discussione genitori-figli. Per aiutare un figlio adolescente a stare lontano dalla droga, bisogna parlargli in continuazione di questo.

Infine, spiega lo psicologo, i genitori spesso sono dubbiosi se condividere o meno la propria storia di uso di droghe da giovani in quanto, per quanto cauti, temono che così facendo potrebbero incoraggiare l'imitazione da parte dei figli. "Beh, se l'hai fatto tu, perché io non dovrei!"

In genere, i genitori decidono di tacere sulla loro esperienza.

Pickhardt a questo punto racconta la sua personale esperienza a proposito, per sostenere la scelta di non tacere su questo argomento e parlarne ai propri ragazzi.

Una mattina presto, intorno ai 14-15 anni, venne svegliato dalla madre seduta sul suo letto. Aveva un'aria molto seria. "Ho qualcosa di importante da dirti". Questo attirò l’attenzione del ragazzo. Che fosse malata?

La notte prima, raccontò la madre, era a una festa a Boston e, dopo aver bevuto troppo, aveva guidato insicura verso casa, prima di essere fermata da un agente della polizia che aveva visto come la sua automobile sbandasse.

L’alcol aveva alterato il suo carattere, aveva perso la calma. “Come osi fermarmi? Vedrai cosa ti succederà!” aveva detto al poliziotto. Dopo tre ore di fermo e dopo aver pagato la multa, era tornata a casa con un taxi. La sua patente di guida era stata sospesa per sei mesi.

Ha raccontato tutto questo al figlio nella speranza che potesse imparare dal suo cattivo esempio.

Lo psicologo, detto questo, conclude di aver certo fatto cose impulsive e poco sagge nella sua adolescenza ma, grazie al fatto che la madre avesse condiviso la sua esperienza di arresto con lui, guidare dopo aver bevuto alcol non è mai stata una di loro.


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