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In Italia il consumo di alcol tra i giovani è in preoccupante aumento, con un incremento che riguarda in modo significativo le adolescenti e le giovani adulte. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, negli ultimi anni si è registrato un aumento costante nel numero di ragazze che bevono regolarmente, spesso con modalità rischiose come il binge drinking, espressione che si riferisce al bere grandi quantità di alcolici in poco tempo.

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Già nel 2023 oltre il 15% delle giovani tra i 18 e i 24 anni dichiarava di aver assunto alcol in modo eccessivo almeno una volta al mese. E questo accade in un contesto dove, nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per le quali non esiste un livello sicuro di consumo, l’alcol è ancora sottovalutato per i forti danni che può causare all’integrità fisica e mentale.

L'alcol non sembra agire allo stesso modo nei corpi femminili e maschili. Le giovani, in particolare quelle che sviluppano una dipendenza da alcol, vivono un’esperienza profondamente diversa da quella degli uomini.

Da cinque anni lo Yale Program on Sex Differences in Alcohol Use Disorder, diretto dalla professoressa Sherry McKee, studia proprio questo: come l’alcol agisce in modo diverso nei due sessi e perché, per le donne, serva un approccio terapeutico personalizzato.

Il centro di ricerca Yale SCORE (Specialized Center of Research Excellence), finanziato con un contributo di 8,4 milioni di dollari, si concentra sullo sviluppo di trattamenti specifici per le donne affette da disturbo da uso di alcol, tenendo conto delle loro particolari risposte fisiche, emotive e neurologiche all’alcol.

Tra le varie sperimentazioni in corso, si stanno testando farmaci come il naltrexone e la vareniclina, valutandone l’efficacia proprio sulle donne.

Ma perché è così importante distinguere? Perché le donne, anche a parità di età e peso rispetto agli uomini, registrano concentrazioni di alcol nel sangue più alte dopo aver bevuto la stessa quantità.

Questo accade perché l’enzima responsabile della metabolizzazione dell’alcol (la alcol deidrogenasi) è meno attivo nel corpo femminile. Così, se una ragazza e un ragazzo di 68 kg bevono un paio di drink in due ore, lei potrebbe superare il limite legale per la guida, lui no.

Non è solo questione di quantità. Le donne sono più vulnerabili agli effetti dannosi dell’alcol: sviluppano più facilmente malattie epatiche, disturbi cognitivi, danni cerebrali, squilibri ormonali e hanno un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di cancro, come quello al seno.

Anche le conseguenze cardiovascolari possono manifestarsi in modo atipico e quindi essere diagnosticate tardi. Inoltre, l’alcol incide sul ciclo mestruale e sulle fluttuazioni ormonali, aumentando il rischio di ricadute nei trattamenti per il disturbo da uso di alcol.

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Dal punto di vista psicologico, le ragazze e le giovani donne sono più inclini a bere per far fronte a emozioni negative o a esperienze traumatiche, piuttosto che per socialità o piacere — motivo più comune tra i coetanei maschi.

La corteccia prefrontale (che regola il controllo degli impulsi) si sviluppa prima nelle donne, ma l’amigdala, legata alla gestione della paura e dell’ansia, è più reattiva. Questo può renderle più soggette a disturbi dell’umore e a usare l’alcol come forma di “automedicazione”. Gli studi suggeriscono anche che eventi stressanti subiti durante l’infanzia, come abusi o trascuratezza, aumentino il rischio di dipendenza in età adulta.

A livello neurologico, le donne con disturbo da uso di alcol mostrano maggiori deficit nei microglia, cellule fondamentali del sistema immunitario cerebrale, rispetto agli uomini. Questo indica che l'infiammazione del cervello potrebbe giocare un ruolo chiave nella dipendenza femminile e rappresentare un possibile bersaglio terapeutico.

Proprio per queste differenze, molte delle cure finora disponibili risultano meno efficaci per le donne. I farmaci oggi approvati, come il disulfiram (Antabuse) o il naltrexone, sono stati sviluppati principalmente su studi condotti su uomini. E spesso le giovani donne sperimentano più effetti collaterali, come nausea e insonnia, che le portano ad abbandonare il trattamento.

I ricercatori di Yale stanno ora testando nuove terapie, come il pregnenolone, un neurosteroide naturale che potrebbe ridurre il desiderio di alcol e l’ansia.

Altri studi riguardano il prazosin, usato originariamente per l’ipertensione, e il guanfacine, che agisce sulla regolazione dello stress e delle ricadute. Tutti questi approcci hanno un obiettivo comune: creare terapie che funzionino meglio per le donne, tenendo conto della loro fisiologia, della loro mente e del loro vissuto.

Storicamente, l’abuso di alcol è stato trattato come un problema prevalentemente maschile. Ma i dati più recenti, anche italiani, dimostrano che non è più così. Le ragazze bevono sempre di più, e pagano un prezzo più alto. È ora di riconoscere che anche l’alcolismo può avere un genere — e che curarlo richiede una prospettiva diversa.


Riferimento bibliografico

Verplaetse TL, Carretta RF, Struble CA, Pittman B, Roberts W, Zakiniaeiz Y, Peltier MR, McKee SA.
Gender differences in alcohol use disorder trends from 2009-2019: An intersectional analysis.
Alcohol (2025).

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