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Molti ragazzi e ragazze vivono l’arrivo della giovane età adulta con ansie e preoccupazioni legate anche al loro futuro professionale. Quale lavoro? In quale condizione economica? Ci sarà spazio per me in un mondo del lavoro che è sempre più complicato e competitivo?

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L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha reso queste domande ancora più urgenti. Le macchine stanno già rivoluzionando il modo in cui si lavora, e nei prossimi anni le cose cambieranno ancora più in fretta.

Alcuni lavori spariranno, altri nasceranno. Per questo, in molti Paesi ci si sta chiedendo a livello politico e non solo: come possiamo aiutare i giovani e i lavoratori a non restare indietro?

Secondo uno studio dell’Università della Georgia, quasi il 50% dei lavori attuali potrebbe scomparire nei prossimi vent’anni.

Ma questa prospettiva non è del tutto negativa: si stima anche che il 65% dei bambini che oggi vanno alle elementari faranno in futuro lavori che oggi nemmeno esistono. E per accedere a queste nuove professioni, sarà fondamentale conoscere l’intelligenza artificiale e saperla usare.

Lo studio ha analizzato le strategie di 50 Paesi per capire come ciascuno si stia preparando al cambiamento, soprattutto dal punto di vista dell’educazione e della formazione lavorativa.

Alcuni Paesi, come la Germania e la Spagna, sono già molto avanti: investono su programmi educativi fin dall’infanzia e promuovono una cultura curiosa e aperta verso l’intelligenza artificiale.

Dalla ricerca si evince tuttavia, sorprendentemente, che pochi stanno puntando sulle competenze umane che l’intelligenza artificiale non può sostituire, come la creatività, la capacità di comunicare e di lavorare in gruppo.

Queste "soft skills", cioè abilità trasversali, saranno preziosissime per il mondo del lavoro di domani.

Le macchine possono calcolare, scrivere codici o analizzare dati molto più velocemente di noi, ma non sanno creare nuove idee, avere empatia o collaborare in modo umano. Per questo, oltre a insegnare a usare l’intelligenza artificiale, servirebbe dare spazio anche a queste qualità.

Dallo studio emerge anche che solo 13 dei 50 Paesi analizzati danno massima priorità alla formazione sull’intelligenza artificiale, soprattutto in Europa.

In Italia si stanno facendo molti progetti nella direzione dell’innovazione tecnologica e dell’IA, inseriti nell’ambito delle grandi iniziative europee. A livello UE sono in corso importanti programmi per diventare leader nell’intelligenza artificiale etica e all’avanguardia, programmi ai quali l’Italia contribuisce attivamente sia in termini politici sia progettuali.

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Oltre agli investimenti, a livello europeo si stanno scrivendo le regole sull’uso dell’IA, in particolare nell’ambito dell’AI Act, il primo regolamento comunitario sull’intelligenza artificiale, teso a garantire un utilizzo dell’IA affidabile, trasparente e centrato sull’uomo in tutti i Paesi membri.

L’AI Act introdurrà requisiti e limiti, ad esempio vietando sistemi di IA ad alto rischio per i diritti fondamentali. L’Italia opererà in questa direzione potenziando il neo-costituito Italian AI Office o autorità di supervisione nazionale.

Già nel 2023 l’Italia ha mostrato un approccio prudente sull’IA: il Garante Privacy italiano è stato il primo in Occidente a sospendere temporaneamente ChatGPT per verifiche sulla protezione dei dati, segno della volontà di raggiungere equilibrio tra innovazione e diritti.

Ci sono poi rilevanti investimenti nella formazione, con progetti che hanno già coinvolto milioni di studenti. Sul fronte del lavoro, si punta a riqualificare lavoratori con nuove competenze, comprese quelle digitali, per facilitarne il reinserimento in settori innovativi. Molte università italiane hanno ampliato l’offerta formativa, con nuovi corsi di laurea e master in Intelligenza Artificiale, Data Science, Cybersecurity.

Gli Stati Uniti, invece, secondo lo studio, hanno piani meno dettagliati e sono stati valutati come “priorità media”. Altri Paesi, soprattutto in Asia, si stanno concentrando su ambiti diversi come la sicurezza nazionale o la sanità.

Un aspetto interessante riguarda la formazione sul lavoro: molti Paesi stanno cercando di offrire corsi pratici, tirocini e programmi specifici per settore. Purtroppo, però, poche strategie includono le persone più a rischio di esclusione, come chi ha perso il lavoro o gli anziani, che rischiano di restare ai margini se non vengono aiutati a sviluppare competenze digitali di base.

C’è ancora tanta strada da fare, ma una cosa è chiara: se si vuole affrontare il futuro con sicurezza, servono investimenti seri nell’educazione, non solo per imparare a usare l’intelligenza artificiale, ma anche per coltivare quelle abilità umane che nessuna macchina potrà mai davvero replicare.

Prepararsi al futuro significa non solo adattarsi alla tecnologia, ma anche valorizzare ciò che ci rende davvero umani.

 

Riferimento bibliografico

Lehong Shi.
Global Perspectives on AI Competence Development:
Analyzing National AI Strategies in Education and Workforce Policies
.
Human Resource Development Review (2025).

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