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Per alcuni anni ho svolto l’esperienza professionale di psicologo scolastico nelle scuole medie inferiori, attivando e realizzando lo Sportello d’Ascolto rivolto ad alunni, insegnanti e genitori. Nell’ambito di questa attività spesso mi sono trovata a fronteggiare situazioni conflittuali che richiedevano, più o meno specificamente, un lavoro di mediazione per il quale, necessariamente, occorrevano un ruolo e delle competenze separate e differenziate.

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La complessità del lavoro con i ragazzi di un gruppo-classe includeva anche la difficoltà nel coinvolgere gli stessi insegnanti che richiedevano l’intervento, in un lavoro congiunto alunni/insegnanti. Nonostante la buona volontà, il lavoro svolto risultava frammentato e poco incisivo.

Ed è proprio riflettendo su questi aspetti che mi è parso fondamentale poter fruire degli strumenti della Mediazione Scolastica per poter realizzare degli interventi efficaci, non solo in risposta all’emergenza o al singolo caso segnalato, ma anche per mettere i ragazzi nelle condizioni di produrre delle acquisizioni, su se stessi e sulle proprie abilità e capacità, trasferibili in altri contesti e tempi di vita, nell’ottica di una prevenzione primaria del disagio e della promozione della coesione e inclusione sociali.

La mediazione scolastica, infatti, offre l’opportunità di accrescere la capacità di riconoscere e denominare le emozioni; di imparare ad ascoltare; sviluppare l'empatia, la sensibilità verso le emozioni altrui e l’assunzione del punto di vista dell'altro; conoscere le tecniche di mediazione; potenziare l'autocontrollo, la capacità di analisi e l'autostima; favorendo, parallelamente, l'integrazione sociale.

Un ambiente scolastico caratterizzato da conflitti e prepotenze accresce la sfiducia e riduce l'impegno degli alunni, di conseguenza può divenire corresponsabile dei fenomeni di abbandono scolastico.

Il conflitto, affrontato prima che degeneri in violenza, può essere fonte di apprendimento: permette la conoscenza di se stessi e la proposta di soluzioni adeguate, si trasforma da evento negativo in esperienza di crescita individuale e relazionale.

La mediazione scolastica crea nella scuola un nuovo spazio di gestione del conflitti, stabilendo il clima di fiducia necessario alla ricerca di soluzioni tra le parti, responsabilizzando gli alunni per migliorare le relazioni e sviluppare nuove forme di solidarietà.

Gli obiettivi che la mediazione in ambito scolastico si pone per la gestione e il superamento dei conflitti sono:

  • la possibilità di esprimere il proprio punto di vista e le proprie emozioni,
  • la capacità di ascoltare e accogliere il punto di vista dell'altro,
  • la ricerca di eventuali soluzioni finalizzate al benessere della vita scolastica e alla realizzazione di un clima di collaborazione.

La mediazione scolastica diviene processo educativo: sensibilizzare i ragazzi a questa pratica significa dotarli di strumenti in grado di gestire situazioni difficili come i conflitti, aiutarli a comprendere meglio se stessi e renderli capaci di un ascolto autentico verso gli altri.

“La strategia della mediazione (…) è un modo nuovo di pensare e poi un nuovo modo di agire...”, bisogna allora “(…) costruire la propria capacità di Mediazione.” (R. Giommi)(1). Ponendosi in questa nuova ottica, l’insegnante e gli studenti hanno la possibilità di instaurare un clima di fiducia reciproca: la relazione e il lavoro scolastico ne trarranno vantaggio.

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Percepire l’altro come soggetto significa proporsi a livello relazionale come aperti alla diversità, disponibili al dialogo anche quando dialogare comporta mettere in discussione se stessi. La mediazione scolastica si inserisce quindi in un più ampio progetto formativo di socializzazione, nel quale il valore sociale dell’uomo si misura in ragione della sua capacità di valorizzazione reciproca come soggetti di diritto e come soggetti produttori di senso. Più in specifico tuttavia la mediazione scolastica ci porta a ripensare le relazioni all’interno del contesto scolastico, cioè mira a creare una nuova modalità relazionale sia tra allievi e insegnanti, che tra gli allievi e tra scuola e famiglia. Inoltre, la mediazione partecipa alla ricostruzione di un nuovo ordinamento negli istituti scolastici, che si colloca a metà strada tra un ordine imposto e un ordine negoziato. Non significa, quindi, che tutto può essere negoziato o che ogni decisione vada negoziata, ma solamente che si permette agli allievi “di partecipare direttamente alla costruzione di questo ‘ordine intermediario’, partendo non dalle costrizioni esterne imposte dagli adulti, ma dalle decisioni prese dalle parti in conflitto per mettere fine al conflitto” (Bonafé-Schmitt, 1992) (2).

Il mediatore sistemico sa che il mondo relazionale si distingue in due ambiti: il mondo dei significati e il mondo delle relazioni. Il mondo dei significati concerne tutte le operazioni attraverso le quali un soggetto elabora la propria esperienza relazionale, attraverso vari livelli di processo, come il pensiero razionale, le scelte volontarie, le emozioni e le sensazioni. All’interno di questo ambito, come afferma Spencer Brown (3), l’operazione primaria è la distinzione. Attraverso di essa il nostro mondo esperienziale si popola di oggetti sparsi nello spazio e la sua continuità viene spezzata in termini di tempo. L’operazione successiva è un’operazione di correlazione, che si sviluppa in due direzioni diverse: correlazione di somiglianza e correlazione di differenza. È attraverso la correlazione di differenza che noi arriviamo alla contraddizione, ovvero a quella particolare correlazione tra due eventi di senso, che ne evidenzia l’inconciliabilità. Quando si elabora il senso delle esperienze relazionali, la presenza di contraddizioni porta all’insorgere di grosse difficoltà. Per il mediatore sistemico sono importanti le contraddizioni di tipo emotivo di fronte ad una esperienza relazionale nuova che è fonte di incertezza. Il soggetto può “muoversi verso”, lasciandosi coinvolgere nella relazione, oppure “muoversi via da”, evitare anche solo il contatto. Nel mondo delle relazioni le contraddizioni diventano contrapposizioni se i soggetti scelgono di schierarsi a livello relazionale con polarità opposte: per usare un termine sistemico ne deriva la contrapposizione (o conflitto).

 Domani la seconda parte

1. Giommi R., “La mediazione nei conflitti familiari”, Giunti, Firenze, 2000.
2. Bonafé - Schmitt J.P., La médiation: une justice douce, Syros Alternatives, Paris, 1992.
3. Spencer Brown G., Laws of form, New York, 1972


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