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La pellicola si apre con un lungo piano sequenza, in cui si vede da lontano una famiglia al completo che trascorre una giornata di mare. Questo quadro di calma e serenità viene bruscamente interrotto con l’irruzione degli agenti di polizia che vengono a prendere Lise (Melissa Guers).

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Lise è una ragazza di 16 anni apparentemente introversa, che viene accusata di aver ucciso la sua migliore amica a causa di un diverbio per un ragazzo.

Stacco e cambio di scena, due anni dopo, Lise oramai maggiorenne si presenta al processo con il braccialetto elettronico alla caviglia, così come previsto nel sistema processuale penale francese per chi ottiene la misura cautelare meno afflittiva degli arresti domiciliari.

Sono molti i temi che affronta la pellicola di Stéfane Demoustier: dal processo penale per l’accusa di un reato grave come l’omicidio, alla mutata e complessa relazione coi genitori (interpretati Chiara Mastroianni e Roschdy Zem) intenti a seguire ed accompagnare la figlia prima e durante il processo e reagendo in modo molto diverso all’accusa e agli eventi conseguenti (Bruno, il padre, proattivo e razionale, motivato dal raggiungimento della fine del processo, l’assoluzione e il ritorno alla vita precedente; Céline, la madre, bloccata e in fuga dalla situazione, si butta su altro lasciando a Bruno il compito di accompagnare la figlia in questa fase, con la scusa che “deve lavorare”), dal comportamento dell’imputata scandagliato in ogni suo gesto o sguardo senza giudicare o condannare, alla ricostruzione dei fatti in base alle prove raccolte.

L’inquadratura che accompagna il titolo nelle locandine, richiama famosi ritratti della storia dell’arte, come “La Dama con l'ermellino” di Leonardo da Vinci e “La ragazza con l’orecchino di perle” di Jan Vermeer. Si tratta di opere di straordinaria bellezza, i cui volti intensi ed enigmatici, volutamente non consentono di rivelare pensieri e sentimenti.

La presenza della parola braccialetto nel titolo, una volta svelato che non si tratta di un gioiello bensì di un braccialetto elettronico applicato a Lise, enfatizza il forte contrasto con l’armonia e la bellezza di questi dipinti, nonché il passato enigmatico della protagonista.

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Ma come funziona il braccialetto elettronico in Francia?

Il collocamento sotto sorveglianza elettronica (PSE) o “braccialetto elettronico” è una misura di adeguamento della pena che consente l'esecuzione di una pena detentiva senza essere incarcerati. Può anche essere deciso nel contesto di una liberazione controllata (LSC) o nel contesto di un arresto domiciliare, in alternativa alla carcerazione preventiva, in attesa del processo (ARSE).

Questa misura si basa sul principio secondo cui la persona accetta di rimanere al proprio domicilio (o presso qualcuno che la ospita) in determinati orari stabiliti dal giudice, consentendole di poter svolgere attività scolastica, formativa, lavorativa o investire in qualsiasi altro progetto di integrazione o reintegrazione finalizzato a prevenire il rischio di recidiva. Come qualunque detenuto, anche un minore può beneficiare di tutte le misure di individualizzazione della pena, tra cui il braccialetto elettronico, e spetta al giudice dei minori valutare se concedere o meno questa misura.

Il regista e produttore Stéphane Demoustier, ha realizzato documentari sull’architettura e ha fondato nel 2008 la società di produzione “Année Zéro”. Con il primo film di fiction “Terre battue” (2014, interpretato da Olivier Gourmet et Valeria Bruni Tedeschi) coprodotto dai fratelli Dardenne, ha partecipato con successo alla Settimana Internazionale della Critica della Biennale del Cinema di Venezia. Tra le altre sue opere si ricorda anche “Allons enfants” (2018).

Questa ultima pellicola prende spunto dall’opera dell’argentino Gonzalo Tobal “Acusada” (2018), presentata in concorso alla Biennale del Cinema di Venezia 2018, ma se ne distacca per scelte stilistiche e finalità.

Proiettato in anteprima in Piazza Grande, durante il Locarno Film Festival 2019, “La fille au bracelet” infatti, non è un film sull’impatto mediatico del caso, sulle reazioni dell’opinione pubblica, sull’innocenza o colpevolezza dell’accusata, bensì è un film sulle relazioni familiari sconvolte da una grave accusa e da un procedimento penale che diventa così il rituale di una società che processa la gioventù di oggi e i suoi gesti estremi, di rara precisione, in cui tutto ruota intorno alla parola, che acquista una potenza disarmante: “Ti amo, non vuol dire niente. Tutti dicono “Ti amo”.”

Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen


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