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La capacità di controllare il proprio comportamento, nota come funzione esecutiva, potrebbe non risiedere tutta nella propria mente, secondo una nuova teoria la quale suggerisce che si sviluppi anche a partire da molte influenze dall'esterno.

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La teoria, presentata in Perspectives on Psychological Science, attinge alla teoria dei sistemi dinamici che ha avuto origine in matematica e fisica ed è stata utilizzata per descrivere fenomeni di organizzazione complessi come la formazione delle nuvole e gli schemi di volo degli uccelli.

Ora, un gruppo di ricerca guidato dal professor Sammy Perone della Washington State University, la sta applicando alla funzione esecutiva, la quale, come dimostrato, svolge un ruolo in tutto, dalla preparazione dei ragazzi per la scuola alle loro relazioni sociali. Il suo sviluppo è anche legato ai risultati a lungo termine nell'età adulta.

"Proponiamo che la funzione esecutiva riguardi davvero l'utilizzo di segnali dall'ambiente per guidare il proprio comportamento" ha detto Perone.

"Come esseri umani usiamo la nostra esperienza e le nostre norme per decidere quale sia il percorso appropriato da intraprendere. Quindi per incoraggiare lo sviluppo delle funzioni esecutive, vogliamo aiutare i ragazzi a costruire quelle connessioni tra segnali e comportamenti appropriati".

In una classe, questi segnali potrebbero includere cose come le decorazioni sul muro, istruzioni verbali o il modo in cui i tavoli sono disposti.

Eliminare le distrazioni ambientali può anche aiutare i ragazzi a controllare il loro comportamento, come avere matite affilate a portata di mano o gestire una sedia o una scrivania traballante. Inoltre, le cose fisiche normalmente considerate periferiche, come il fatto che uno studente dorma adeguatamente o abbia abbastanza da mangiare, influenzano anche loro la funzione esecutiva, spiega il professor Perone.

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In precedenza, la visione dominante sosteneva che la funzione esecutiva fosse costituita da tre distinti processi neurocognitivi: memoria di lavoro, controllo inibitorio, che è la capacità di impedirsi di fare qualcosa, e flessibilità cognitiva, che consente di passare da un'attività all'altra. Questa prospettiva è stata messa in discussione dai ricercatori.

"Se questi diversi processi cognitivi sono ciò che costituisce la funzione esecutiva, si potrebbe pensare di poter semplicemente allenare quei processi e per poi poterli usare ovunque. Si scopre che non funziona, e questo è stato dimostrato più e più volte. Le persone pensano e si comportano in un ambiente, quindi non possiamo allenare la funzione esecutiva semplicemente facendo esercizi, come al computer, sulla memoria di lavoro".

La nuova teoria si basa sul lavoro della scienziata cognitiva Sabine Doebel che ha sollecitato una ridefinizione della funzione esecutiva nel 2020 come "sviluppo delle abilità nell'uso del controllo al servizio del comportamento".

Perone e i suoi coautori dell'Università del Kansas e dell'Università del Tennessee ampliano questa nuova definizione introducendo la teoria dei sistemi dinamici per aiutare a spiegare come gli esseri umani usino una varietà di fattori esterni per organizzare il loro comportamento.

"Dobbiamo pensare di più alla funzione esecutiva mentre opera - come comportamento diretto all'obiettivo nel mondo reale" conclude Perone.

"Quando si prende questa prospettiva, all'improvviso, diventa molto più pratica per insegnanti e genitori, perché è lì, in contesto preciso, che i ragazzi pensano, si comportano e si sviluppano".


I materiali della ricerca sono disponibili sul sito della Washington State University.
Riferimento bibliografico:
Sammy Perone, Vanessa R. Simmering, Aaron T. Buss.
A Dynamical Reconceptualization of Executive-Function Development.
Perspectives on Psychological Science, 2021.

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