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Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività è sempre più riconosciuto come una condizione che incide profondamente sulla vita quotidiana dei giovani italiani, spesso in modi non immediatamente visibili. Non esistono stime esaustive ma l’incidenza dell’Adhd sarebbe intorno al tre per cento della popolazione giovanile.

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Uno degli aspetti più complessi e fraintesi di questo disturbo è la relazione con il tempo.

Per molti giovani con Adhd, il tempo sembra un bersaglio in movimento, affermano ricercatori di ambito psicologico che hanno indagato la questione. A volte corre veloce. Altre volte non passa mai.

Uno studente può dunque iniziare la giornata con le migliori intenzioni, per poi alzare lo sguardo e rendersi conto che sono passate ore intere, che non c’è più tempo per fare le cose importanti che lo attendevano.

Non è una questione di pigrizia né di negligenza, ma di una impossibilità di percepire il tempo in modo “normale”.

Si tratterebbe di un sintomo comune ma spesso frainteso dell’Adhd, che rende la gestione ordinaria della vita di un giovane che ne soffre simile al tentativo di colpire un bersaglio che non riesca a vedere.

È in sostanza la difficoltà a percepire il passare del tempo o a usarlo in modo pianificato e consapevole. Il passato può sembrare vago, il futuro indefinito, e il presente il tempo che assorbe tutte le attenzioni e le energie. Se qualcosa non sta accadendo ora, per un giovane con Adhd è quasi come se non esistesse.

Questo rende estremamente difficile pianificare, darsi scadenze e rispettarle, o prepararsi per un’interrogazione. Si può avere l’intenzione di iniziare a studiare o fare una ricerca, e perdere del tutto, allo stesso tempo, la cognizione del passare delle ore.

Oppure un giovane può iniziare qualcosa di piacevole e lasciarsi assorbire così tanto da trascurare tutto il resto. Si possono evitare attività lente o difficili fino a che non diventa troppo tardi per recuperare.

Non è che non si tenga conto del tempo, spiega la psicologia, è che il cervello di un giovane con Adhd non lo percepisce nello stesso modo.

Quando la mancanza di senso del tempo non viene gestita, questo può influenzare quasi ogni aspetto della giornata di un giovane e della sua vita: arriva in ritardo anche quando parte in anticipo, non rispetta scadenze o impegni perché le cose si sono accumulate.

Questa condizione lo fa sentire costantemente in corsa o bloccato, incapace di iniziare a fare qualcosa.

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Di conseguenza, prova spesso senso di colpa, frustrazione o vergogna per non essere riuscito a portare a termine un compito. Col tempo, questo danneggia la sua autostima. Inizia  a credere di avere qualcosa che non funziona, di essere diverso, o semplicemente di non impegnarsi abbastanza.

 Ma il problema non è la sua motivazione ma il suo rapporto con il tempo.

Gli esperti della questione sostengono che, comunque, con le giuste strategie e il giusto supporto, il modo in cui si relaziona al tempo può cambiare in modo radicale. Non si tratta solo di imparare a usare timer o sveglie, o di usare quella certa app.

Gestire il tempo avendo questo genere di disturbo non riguarda solo gli strumenti ma il cambiare il modo in cui si pensa, si pianifica, e si reagisce, imparando a essere consapevoli del tempo nel momento presente, a dare priorità a ciò che conta davvero, e a strutturare la giornata in un modo che si accordi al modo in cui funziona il cervello, non contro di esso.

Quando si inizia a migliorare la consapevolezza del tempo, accade qualcosa di sorprendente: la vita inizia a sembrare meno caotica e più gestibile. Il giovane si sente calmo, non più in affanno.

Può arrivare puntuale, senza il panico di essere in ritardo. Può riuscire a portare a termine compiti che prima evitava. Ricomincia a fidarsi di se stesso. E può recuperare autostima. Iniziando a sentirsi orgoglioso di quello che sta facendo.

Non è un obiettivo impossibile ma il risultato naturale della costruzione di nuove abitudini e schemi mentali tramite struttura, coaching e supporto. Con costanza, di solito in un arco di tempo che va dai 90 ai 180 giorni, spiegano coloro che hanno sperimentato queste strategie, si può iniziare a riprogrammare il modo in cui si pensa al tempo e a come lo si utilizza.

Se un giovane con Adhd sente il tempo come un nemico e la sua incapacità di gestirlo come un fallimento personale, deve essere aiutato fino a comprendere che si tratta di uno schema cognitivo che può essere compreso, gestito e migliorato.

Il cambiamento reale avviene quando si hanno le giuste strategie, una struttura di comportamento e pianificazione efficace e un supporto costante, ed è fondamentale che gli adulti che si occupano di lui, genitori o insegnanti, lo aiutino a trovarlo.


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