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Sono stanco di sentire che i miei studenti non hanno il tempo necessario di studiare perché sono impegnati in un lavoro al di fuori dalla scuola, necessario per contribuire a sfamare la famiglia. Stanco di sentire che i miei studenti arrivano in ritardo alla prima ora perché devono accompagnare a scuola i loro fratellini.

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Ne ho davvero abbastanza, continua Daniel Kaplan, insegnante delle scuole superiori e esperto di lifelong learning, del fatto che i miei studenti facciano 10 o anche 20 giorni di assenza in un anno perché devono fare da baby sitter a uno dei loro fratelli.

I genitori non è raro che mentano. Ho avuto genitori che mi dicevano che i loro figli erano assenti perché malati, solo che poi i ragazzi, quando tornavano a scuola, mi confessavano che non erano davvero stati malati.

Cosa avevano fatto, dove erano stati in realtà? A comprarsi le scarpe per una cerimonia. Oppure erano rimasti a casa a fare i compiti non fatti quando erano stati assenti (il che suona davvero pazzesco, e in fatti lo è). A giocare con un nuovo videogioco. A far visita a qualche familiare. O, la scusa che preferisco, erano rimasti a casa perché quel giorno non avevano voglia di venire a scuola. Alcuni di questi ragazzi accumulano un enorme numero di assenze.

Un genitore una volta è venuto al colloquio per dirmi che, sì, sua figlia aveva fatto molte assenze (circa il 20%), ma che da quel momento in poi sarebbe venuta a scuola tutti i giorni.

Potevo, per favore, permetterle di consegnare i compiti relativi ai giorni in cui era stata assente, e "mettersi in pari" con gli altri compagni? Certo, ho risposto. Se quelle assenze vengono giustificate, non sarà un problema. Sfortunatamente, sapevo che non c'erano giustificazioni possibili. Lui allora mi ha detto che le aveva già giustificate tutte formalmente

Quando gli ho chiesto quale motivo avesse indicato per l’assenza, mi ha risposto che aveva scritto che la figlia era malata. Lo trovo strano, ha risposto Kaplan, dal momento che la ragazza a me ha detto che non aveva proprio voglia di venire a scuola in quei giorni. 

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Quel genitore, coprendo e sostenendo la bugia della figlia, la stava deresponsabilizzando, contribuendo alle sue future bugie e, in definitiva, ai problemi scolastici sempre più pesanti che si sarebbe trovata di fronte.

Una volta una studentessa mi ha consegnato un compito copiato per il 96 per cento da internet. Sua madre sosteneva di aver visto con i suoi occhi la figlia mentre lavorava al testo.

Le ho mostrato allora la fonte da cui era stato copiato. Ha affermato che avevo torto, che mi sbagliavo di sicuro, e che lei aveva proprio visto sua figlia scrivere. Le ho mostrato quindi la data di pubblicazione del saggio da cui sua figlia aveva copiato. Due anni prima. Mi ha ribadito che aveva visto la ragazza scrivere il tema.

Allora ho chiesto alla mia studentessa di spiegarmi cosa significava "gerarchia patriarcale". Ha detto che non lo sapeva. "Ma se l’hai scritto tu!" Nemmeno di fronte all'evidenza, spesso, questa sorta di complicità negativa viene meno.

Ci sono genitori che sostengono che il loro computer è stato distrutto improvvisamente da un virus, per giustificare il fatto che i loro ragazzi non abbiano potuto consegnare i compiti. Una volta uno addirittura ha detto che il virus era stato così potente da far incendiare la CPU! Incredibile.

Potrei andare avanti ancora per molto, continua il professore, ma penso che si capisca il punto.

Questi sono genitori in alcuni casi hanno paura dei loro figli, in altri voglio vogliono essere i migliori amici dei loro figli o, in altri ancora, vogliono solo che i loro figli ottengano un diploma in modo da non sentirsi, poi, i peggiori genitori al mondo.

Ci sono poi genitori che trascurano i figli, causando in questo modo i disastri scolastici dei ragazzi. È una cosa particolarmente drammatica, che turba.

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Insegno alla scuola superiore, continua Kaplan. La maggior parte delle mie classi sono quelle degli ultimi anni. Mi è capitata una studentessa, qualche anno fa, che mi ha portato un saggio quasi incomprensibile. La scrittura andava bene, ma la formattazione del testo era così strana che non riuscivo a darle un voto.

Le ho chiesto perché mi avesse consegnato un compito in quelle condizioni, e lei ha iniziato a piangere. A quanto pare, aveva scritto l'intero testo sul suo cellulare.

Stava dormendo nelle case di amici, una sera qui, una sera là. Il nuovo compagno della madre non voleva ragazzi per casa e così lei l’aveva sbattuta fuori circa nove mesi prima del suo diciottesimo compleanno.

Mi è capitato un altro ragazzo che sembrava completamente esausto. Perché? Stava vivendo una situazione simile. Suo padre l'aveva buttato fuori perché litigavano troppo. Aveva 16 anni. Stava dormendo nel cortile dei genitori di un suo amico. Era senza casa da una settimana.

Questi ragazzi si vergognavano del fatto che i loro irresponsabili genitori non li volessero tra i piedi.

Ogni volta che mi occupo di uno di questi casi (ne saranno avvenuti almeno una decina di cui sono stato direttamente a conoscenza), perdo quasi la testa per la rabbia, confessa il professore. Sfortunatamente, sembra che il Child Protective Services possa fare poco in questi casi, specialmente per quei ragazzi che hanno ormai compiuto i 17 anni.

La cosa che mi angoscia soprattutto è di non sapere cosa davvero avvenga in queste case.  Ma può essere davvero tanto terribile quello che vi accade? Quelli in fondo sono i loro genitori! Dovrebbero essere responsabili.

Questi ragazzi sono carne della loro carne, mi dico. La maggior parte dei giovani di cui stiamo parlando sono generalmente dei bravi ragazzi.

La studentessa che ho citato prima aveva voti molto alti, era timida e davvero gentile. Non ha mai meritato se non di avere genitori affettuosi e disponibili con lei. Nessun ragazzo merita mai di essere cacciato da casa o trascurato in questo modo.

Quella ragazza aveva scritto un saggio di cinque pagine con il telefonino, conclude amaramente il professor Kaplan.