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Se qualcuno ci chiedesse di prendere carta e penna per scrivere qualcosa, quasi tutti ormai, data la grande consuetudine di utilizzo della videoscrittura, proveremmo una certa sorpresa e anche un po’ di imbarazzo, come accade agli studenti chiamati a scrivere alla lavagna.

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La scrittura, in effetti, comporta uno sforzo fisico che si è sempre meno abituati a fare, e provoca un leggero smarrimento. Non ci si trova infatti solo a scrivere qualcosa ma anche a pensare al gesto stesso che si sta compiendo.

Cosa fa la mano che scrive? Molto più che scrivere.

Nell'era digitale, quando tastiere e touchscreen stanno sostituendo sempre più matite e penne, il gesto della scrittura, apparentemente innocuo, la dice lunga sul modo in cui costruiamo la nostra relazione con il mondo attraverso i nostri corpi. Come dicono i fenomenologi, suscita un'intenzione che afferma la nostra esistenza e la nostra presenza nel mondo in un modo unico.

Mentre molti dibattiti nel campo delle neuroscienze e dell'educazione pesano i pro e i contro della scrittura a mano e della videoscrittura, raramente si soffermano sui gesti stessi.

Quando si scrive a mano, non è solo per dire qualcosa, ma per affermare la propria esistenza. È un modo per fissare la propria presenza, per esprimersi attraverso la scrittura.

Anche da un punto di vista legale, ci sono documenti che non possono essere firmati elettronicamente: devono essere stampati e firmati a mano perché siano considerati ufficiali e legittimi.

La propria grafia, poi, rivela in un certo modo la personalità: scelta del colore dell'inchiostro, la cura riservata alla scrittura in termini di leggibilità, e anche una certa dimensione estetica, nel fatto di avere una più o meno bella "grafia.

Colloca nella categoria dei destrimani o mancini, che è tutt'altro che neutrale in termini cognitivi e culturali. I mancini incontrano ancora oggi discriminazioni, anche solo in termini di materiale disponibile adatto, come forbici oppure banchi scuola con ripiano di sostegno laterale integrato, disponibile di solito solo sul lato destro.

Al di là del loro essere considerati atti vandalici, l’affermazione della propria personalità è anche la ragion d'essere esistenziale dei graffiti e dei nomi segnati sui muri, sui tronchi degli alberi o sui banchi delle scuole. Echi contemporanei di disegni di mani su grotte preistoriche – che sono l’anticamera della scrittura e della storia - imprimono la nostra presenza, accompagnata o meno da un messaggio rivolto al mondo di tipo sentimentale, ideologico (anche solo un logo politico), provocatorio (un insulto) o creativo (un disegno o una frase poetica).

Un tavolo di scuola conserva così una traccia manoscritta degli alunni che l'hanno occupato in passato, resta la testimonianza materiale e silenziosa delle generazioni che si sono succedute. Inciderlo con le mani è un modo per farlo proprio, non lasciandolo come un oggetto anonimo o un semplice strumento di supporto in classe, ma come una materialità in cui uno studente ha impresso un proprio segno distintivo.

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Questa affermazione della propria esistenza è sottolineata dalla corporeità implicita nel gesto scritto a mano. La fatica di graffiare una superficie che resiste più o meno a seconda del materiale. L'inchiostro che macchia le unghie. Le penne che nel tempo formano calli sul dito medio, mantenendo così una traccia fisica delle abitudini di scrittura, così come anche le mani di un operaio o di un musicista sviluppano forme particolari.

Non è solo quello che si scrive ma il modo in cui si scrive che conta. Scritto a mano o meno, la scrittura utilizza sempre uno strumento per imprimersi su una superficie. Ma il rapporto fisico con la scrittura e con il mondo cambia a seconda dello strumento. E anche l’apprendimento, dal momento che il cervello viene sollecitato in modo diverso.

La massiccia scolarizzazione a casa durante i periodi di reclusione legati alla pandemia ha accentuato il ruolo già molto rilevante delle tastiere e degli schermi anche nell'istruzione, a tutti i livelli.

Oggi più che mai, coloro che sono affezionati alla scrittura a mano vengono visti come antiquati, inadatti ai cambiamenti del mondo contemporaneo.

Gli esperti di apprendimento ne sottolineano però i benefici, in termini di comprensione, memorizzazione e, appunto, apprendimento.

Un'altra differenza cruciale tra le due forme di scrittura: la cancellazione è molto più semplice su un documento di videoscrittura. Non serve usare la gomma che, lascia inevitabilmente tracce sul foglio, macchie il cui sporco testimonia irregolarità ma anche percorsi di pensiero.

Lo sforzo di dover potenzialmente ricominciare da capo costringe a pesare diversamente le parole quando vengono scritte a mano. La facilità di cancellare sullo schermo in un certo senso incoraggia un pensiero più volatile, insignificante, breve e che si può far scomparire con un clic singolo.

Al contrario, annotare e sottolineare un passaggio in un testo è molto più facile e veloce con una matita. Si tratta di azioni che rimangono possibili sullo schermo, ma richiedono molto più tempo e clic, il che fa perdere la concentrazione della lettura. Quindi anche la lettura è diversa se la si fa con una matita in mano o con un mouse.

La penna rimane così influente, che certe innovazioni tecnologiche tentano di riprodurre la sensazione di scrivere a mano su un tablet, con pennini e penne elettroniche sempre più sofisticati.

Il pensiero è articolato in modo diverso dalla possibilità di scrivere con le proprie mani. I linguisti continuano a ricordare la forte connessione tra gli elementi del corpo e le capacità cognitive, come avveniva per le dita e il sistema di numeri decimali, molto prima dell’era digitale.

Le considerazioni di molti ricercatori ed esperti di apprendimento sul valore della scrittura a mano per i processi cognitivi sembra suggerire una valorizzazione per gli studenti, a tutti i livelli, di questo gesto così fisico e, allo stesso tempo, così legato ai processi di pensiero.


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