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“L’arte viene intesa come
espressione di potenzialità
da ricercare e liberare
anche nei gesti
della vita quotidiana..”

da Adolescenti difficili di Luca Mingarelli

Durante l'adolescenza le emozioni sembrano amplificarsi e alternarsi rapidamente e si susseguono senza sosta: allegria, vergogna, rabbia, paura, gioia, noia, tristezza e alcune possono addirittura spaventare. Dal momento che le emozioni sono così mutevoli, ci può essere bisogno di qualcuno che aiuti l'adolescente a riconoscerle e dargli dei nomi.

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Il gruppo dei pari permette un “rispecchiamento” di queste emozioni, perché l'adolescente può vederle e riconoscerle nell’altro, ma a volte non sanno come avere a che fare con tutto questo, come gestirne gli effetti e anche le conseguenze.

Ci possono quindi essere momenti in cui ad un adolescente può essere utile il confronto con una persona esperta: per riconoscere meglio quello che prova e per essere accompagnato nei cambiamenti.

Può essere importante sentire che queste emozioni sono conosciute, e quindi condivisibili, con qualcun altro che sa come averci a che fare e come “maneggiarle” e a volte quel “qualcuno” possono essere proprio gli educatori.

A tal proposito Fondazione Rosa dei Venti onlus in collaborazione con The Art Company Como ha organizzato l’esposizione artistica DIVERSAMENTE UGUALI, che ha messo in mostra alcune delle opere dei ragazzi adolescenti ospiti presso le Comunità Terapeutiche di Fondazione Rosa dei Venti onlus.

"L’adolescenza rappresenta un momento in cui il giovane necessita di essere riconosciuto e di sentirsi adeguato autentico nel suo essere; esso, confuso nella ricerca della sua essenza, trasfigura alcuni aspetti di Sé, soprattutto quando non sente di essere visto; esplora ed esaspera il suo modo di rappresentarsi, per creare un’immagine adeguata per se stesso, ma soprattutto per gli altri pari da cui necessita di sentirsi accettato.

Nel momento in cui l’arte diventa un’espressione emotiva di Sé, l’immagine smette di essere vuota e si riempie di una gamma di significati più profondi che possono essere condotti con il gesto, la traccia, il segno, la macchia, la forma e pure l’informe, perché chi la realizza può vedere che una sua idea prende forma, esiste, indipendentemente dal bello ideale, si sente a sua volta di ‘essere’ e si specchia in questa immagine che può restituire contestualmente la sensazione di essere visto, bisogno da cui tutto è partito.

A proposito del lavoro corporeo, in questa occasione durante la mostra è stata presentata una performance teatrale interattiva, che ha visto ragazzi, operatori e pubblico impegnati nel dare forma alle emozioni che si vivono nel percorso comunitario terapeutico."

L'arte per i ragazzi della CT in questo caso è stata espressione a tutti gli effetti, in quanto hanno messo in scena, fisicamente, diverse emozioni. Per esempio nel momento in cui dovevano esprimere l'emozione della rabbia, dovevano farlo attraverso il corpo (stringere i pugni, inarcare le sopracciglia ecc...).

Le emozioni da mettere in scena sono state scelte dagli stessi ospiti di comunità durante la fase di preparazione allo spettacolo finale e sono stati aiutati a pensare alle emozioni che maggiormente si vivono durante il percorso di comunità. Sono state individuate le seguenti emozioni: rabbia, tristezza, felicità, paura, noia, sorpresa, confusione, ansia.

Ogni partecipante, sia ospite che operatore, sceglieva un’emozione da rappresentare e durante le prove dello spettacolo, testava l’espressione corporea con cui trasmettere l’emozione agli altri al fine che tutti potessero sperimentarla rispecchiando la sua postura.

Quando il gruppo ripeteva in forma corale la postura emotiva era come se questa venisse amplificata e allo stesso tempo compresa e condivisa dall’altro.

Durante la messa in scena definitiva della rappresentazione artistica, sono stati coinvolti anche studenti e studentesse di un liceo del territorio che erano presenti nel pubblico. Per gli ospiti della comunità è stato molto interessante vedere l’imbarazzo in questi loro pari in quanto li ha fatti riflettere sulla fatica che tutti fanno nell’esprimere le emozioni e nel mostrarsi all’altro.

Durante una riunione una ragazza ha così spiegato quest’esperienza: “Credo che i ragazzi fuori dalla comunità non abbiano spazi in cui parlare di come stanno e per questo erano così imbarazzati. Anche se sono in comunità mi sento fortunata perché per il tempo che starò qui potrò imparare a conoscermi meglio e sarà per me più facile che per i miei coetanei fuori”.

Nei giorni successivi alla performance ho intervistato il gruppo degli ‘attori’ per raccogliere feedback sull’esperienza sia da parte dei ragazzi che da parte degli adulti.

Ne riporto di seguito i contenuti

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Questionario degli ospiti

Questionario di E.

Cos’ha significato per te quest’esperienza?

Quest’esperienza mi è servita per superare l’emozione ma anche per perseguire certi traguardi che a volte sono difficili ma che comunque con impegno e dedizione si possono raggiungere.

Esiste, secondo te, un valore emotivo e personale attribuibile all’arte?

Certo, esistono tanti valori che possono essere attribuiti all’arte, nel senso che l’arte è espressione ed emozione e quello che tu vivi lo puoi esprimere in tanti modi, ma l’arte secondo me è la via più facile per raggiungere ed esprimere tali emozioni.

Questo laboratorio è incentrato sulle emozioni, come ti sei sentito/a a proposito? Che emozioni hai provato?

C’erano state tante emozioni e al primo impatto è stato difficile perché erano presenti tante persone e di conseguenza c’era imbarazzo e vergogna ad esprimere quelle emozioni, insomma non è da tutti i giorni; ma grazie a quest’esperienza ho capito che è possibile affrontare e superare l’imbarazzo e la vergogna.

Secondo te l’arte può assumere il valore della cura del sé?

Si, perché in un’opera d’arte puoi vedere tanti punti di vista diversi. Dipende da quello che l’artista vuole esprimere e da tutto ciò si può ricavare anche una forma d’arte. Inoltre penso che lo stato d’animo può anche non essere positivo.

Questo laboratorio può essere visto come esplorazione del sé attraverso l’espressione corporea?

Si, si. Quello che si ha dentro si può esplorare in tanti modi diversi e secondo me le emozioni sono in primis le parti più importanti che si possono immagazzinare e fare proprie

Il lavoro di espressività corporea ti ha permesso di sentirti meno rigido e più sicuro di te?

Si, soprattutto durante la performance. Quando facevo le prove ero abbastanza intimidito e poco sicuro di me e provavo anche un senso di vergogna e c’era anche un po’ di timore nell’esprimere queste emozioni davanti comunque trenta quaranta persone, non è stato molto facile. Inoltre mi sono sentito più a disagio durante le prove che durante la performance.

Questionario di M.

Cos’ha significato per te quest’esperienza?

Avevo tanta ansia e poi alla fine, appena è finito tutto ero molto soddisfatta di me

Esiste, secondo te, un valore emotivo e personale attribuibile all’arte?

Si.

Questo laboratorio è incentrato sulle emozioni, come ti sei sentito/a a proposito? Che emozioni hai provato?

Mi sentivo molto a disagio, sia durante le prove perché mi vergognavo tanto dei miei compagni, ma mi sono sentita a disagio soprattutto durante l’esibizione. Anche a Novembre ho preso parte ad un esibizione, in cui però erano presenti poco più di un centinaio di persone e anche li non mi sono sentita a mio agio.

Secondo te l’arte può assumere il valore della cura del sé?

Secondo me si, perché è qualcosa di significativo.

Questo laboratorio può essere visto come esplorazione del sé attraverso l’espressione corporea?

Si, può servire.

Il lavoro di espressività corporea ti ha permesso di sentirti meno rigido e più sicuro di te?

Beh, inizialmente ero molto tesa e tremavo tutta, ma successivamente sono riuscita a sciogliermi. 

Questionario di C.

Cos’ha significato per te quest’esperienza?

Per me è importante condividere le emozioni perché ognuno ha le proprie emozioni, nonostante ognuno le manifesti in modo diverso. c’è chi le mostra di più e chi invece tende a tenerle dentro.

Esiste, secondo te, un valore emotivo e personale attribuibile all’arte?

No.

Questo laboratorio è incentrato sulle emozioni, come ti sei sentito/a a proposito? Che emozioni hai provato?

Mi sono sentita un po' a disagio come i ragazzi provenienti dall’istituto Teresa Ciceri perché comunque era la prima volta che ci incontravamo e secondo me dal momento che eravamo estranei, il disagio era comprensibile. Mi sono sentita a disagio anche con i miei compagni della comunità.

Secondo te l’arte può assumere il valore della cura del sé?

Si perché gli attori si truccano.

Questo laboratorio può essere visto come esplorazione del sé attraverso l’espressione corporea?

Si.

Il lavoro di espressività corporea ti ha permesso di sentirti meno rigido e più sicuro di te?

All’inizio ero un po' sul chi va là e provavo un po' di vergogna, però dopo due tre volte, grazie alle prove e comunque dal momento che non ero presente solo io ma eravamo un gruppo a mettere in scena la performance mi sono sentita più sicura di me, anche grazie al pubblico che gioca un grande ruolo.

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Questionario degli operatori

Marcello

Secondo te, e conoscendo i ragazzi, si sono sentiti a proprio agio durante il corso del laboratorio?

Il contenitore laboratoriale è stato pensato per tenere insieme le due polarità, positiva-negativa, di “agio-disagio”. All'interno del contenitore laboratoriale ci siamo sperimentati in modo autentico perché tutto iniziava e finiva in quello spaziotempo definito. Penso, quindi, che il gruppo abbia potuto sperimentare una situazione di “disagio” (dare corpo ad emozioni) con la sicurezza di poterla gestire.

Ritieni che ci fosse vergogna o timore di essere giudicati?

Certamente sono emerse in fase di costruzione della performance e durante. Il valore, penso, sia proprio nel fatto di aver potuto attraversare insieme queste emozioni, non “bloccandosi” e facendone esperienza trasformativa.

Consideri che le attività svolte per l’espressione delle emozioni siano state di facile esecuzione per i ragazzi?

Non credo sia stato semplice, ma penso siano state autentiche. Per gli ospiti di una comunità riconoscersi nel loro stare non è semplice, è un lavoro complesso e delicato, ma possibile.

È servito ai ragazzi per sentirsi un po’ meno rigidi?

Nel percorso laboratoriale la rigidità si è trasformata in fluidità. Questo può essere un apprendimento importante. Ciò non toglie che la fatica emotiva si ripresenta, ma a differenza del “pre-laboratorio” c'è un'esperienza positiva a cui rivolgersi.

È servito ai ragazzi per essere più consapevoli delle proprie emozioni?

Sono stati i ragazzi a dare nome alle emozioni da mettere in scena, sono sufficientemente consapevoli delle emozioni che attraversano durante il percorso di comunità.

Hai notato qualche cambiamento nel comportamento dei ragazzi durante il laboratorio?

Ho vissuto una graduale crescita nel sentirsi gruppo e nel sentirsi sufficientemente sicuri per mettere in scena un “pezzo” di se in risonanza con il mondo.

I ragazzi sono riusciti a comprendere le emozioni e a identificarsi in ognuna di esse?

Si, penso proprio di si, è come se avessimo scritto e dato un'identità condivisa alle emozioni che si vivono in comunità. Un nome, linguaggio, che ci avvicina tutti (paura...rabbia...) e differenti sfumature che ci rendono unici.

Antonella (Arteterapeuta ed artista)

Secondo te, e conoscendo i ragazzi, si sono sentiti a proprio agio durante il corso del laboratorio?

Il coinvolgimento dei ragazzi è stato altalenante, ma ci sono stati diversi  momenti in cui ci siamo sentiti davvero un gruppo di lavoro, quasi tutti presenti e in sintonia, e chi non riusciva ad essere dentro, stava ai margini del nostro cerchio. Non so se la definizione “stare a proprio agio” possa essere adatta allo stare dei ragazzi, indubbiamente erano presenti e con noi.

Ritieni che ci fosse vergogna o timore di essere giudicati?

Il timore e la vergogna ci sono stati sicuramente, ma sono scomparsi nel momento dell’azione, istante in cui l’energia reciproca ci caricava e faceva sentire meno la fatica di alcune emozioni che avrebbero potuto frenarci-li.

Consideri che le attività svolte per l’espressione delle emozioni siano state di facile esecuzione per i ragazzi?

Credo di sì, perché sono state pensate su di loro, con loro che le hanno nominate e condivise.

È servito ai ragazzi per sentirsi un po’ meno rigidi?

Può essere, anche se sono consapevoli che la rigidità può tornare insieme alla fatica.

È servito ai ragazzi per essere più consapevoli delle proprie emozioni?

Speriamo, è stato fatto prima di tutto un lavoro sulla consapevolezza e poi di ricaduta su ciò che poteva accadere nel lavoro espressivo, meno consapevole, ma indubbiamente più incisivo di qualsiasi pensiero razionale.

Hai notato qualche cambiamento nel comportamento dei ragazzi durante il laboratorio?

Qualcuno ha “usato” l’esperienza per mettere in scena una forse caratteristica identitaria, senza paura di essere definito quello della rabbia, o quella dell’ansia, perché’ tutti noi stavamo facendo lo stesso, ed eravamo arrabbiati, ansiosi…

I ragazzi sono riusciti a comprendere le emozioni e a identificarsi in ognuna di esse?

Mi sento di dire sì, con qualche riserva sul periodo di maggiore fatica e di numerosi cambiamenti, dove anche ciò che è consapevole perde ogni affrancamento e si rischia di perdere ciò che si è guadagnato


Marzia Vullo, tirocinante educatrice -
 Marcello Brancaccio, educatore della Comunità Terapeutica Rosa dei venti
Cecilia, Eshetu e Mayra, ospiti
www.rosadeiventi.org

Fondazione Rosa dei Venti Onlus
La Fondazione Rosa dei Venti, diretta da Luca Mingarelli, gestisce due comunità residenziali/riabilitative che accolgono adolescenti con disturbi della personalità e psicopatologie complesse. www.rosadeiventi.org