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Quello che stiamo vivendo è un periodo cruciale per questa generazione di giovani. Il modo in cui si evolverà la crisi nei suoi aspetti sanitari ma soprattutto economici, influenzerà in modalità non prevedibili e inedite il modo in cui vedranno il mondo, cresceranno i loro figli e creeranno un futuro condiviso con i loro partner e i loro amici.

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Il mondo degli adulti ha una grande responsabilità a riguardo, perché le azioni e i comportamenti di genitori, insegnanti, educatori influenzeranno il modo in cui i ragazzi avranno un danno o, al contrario, un’occasione di maturazione in quello che stanno vivendo.

L'occasione di sfruttare queste esperienze non andrebbe persa, per favorire lo sviluppo di una personalità aperta, forte ed emotivamente sana.

Ogni esperienza, anche la più difficile, contiene anche la potenzialità di crescita e costruzione di resilienza. Pensare alla crescita non significa negare il dolore nella vita ma considerare come ci si possa sostenere e comportare mentre lo si vive, per uscirne più forti.

Occorre considerare, da un punto di vista educativo, le opportunità di apprendimento offerte dalla crisi sanitaria del COVID-19 e dalle connesse stime di iniquità di lungo periodo.

L’epidemia offre l'opportunità di trarre lezioni fondamentali su come superare tempi imprevedibili. La situazione di incertezza tende a far sentire di continuo ansiosi, crea agitazione, timori, una condizione emotiva che si è spinti a condividere. In una situazione di normalità, le emozioni per molti erano qualcosa da sopprimere o negare.

L’essere forti, in particolare per molti uomini, consiste nell’imperturbabilità e nella capacità di cavarsela da soli. Gli esperti sottolineano, al contrario, i possibili benefici per la salute mentale se si coglie collettivamente l'opportunità di riconoscere ed elaborare le emozioni, anziché sopprimerle.

Un esito, per questa generazione, potrebbe essere la consapevolezza che si acquisisce forza emotiva quando ci si avvicina agli altri per ricevere da loro sostegno e, reciprocamente, per fornire loro conforto e aiuto.

Il coronavirus ha letteralmente creato distanza tra le persone. Si può facilmente immaginare come questa generazione vivrà in futuro cose in precedenza date per scontate. Il loro entusiasmo quando potranno tornare ad apprendere in tranquillità l'uno accanto all'altro alla presenza senza “barriere” di un insegnante, fare cose assieme senza dover usare protezioni, praticare sport di squadra e così via. Si può pensare a come se sentiranno quando potranno di nuovo tornare ad abbracciare i loro nonni. Questa potrebbe diventare la generazione che in futuro si impegnerà a proteggere ed avere una diversa considerazione degli anziani, dell’ambiente, dell’importanza di una reciprocità positiva.

Questo virus colpisce i più vulnerabili nelle nostre comunità. È una cosa tanto evidente che dovrebbe costituire l'opportunità di apprendere in modo più profondo il significato e il valore della cura degli altri. È un virus che colpisce tutti, indipendentemente dalla condizione sociale, ma è pericoloso in particolare per chi svolge lavori di servizio, a contatto con tanta gente. Sta inoltre allargando l’ingiustizia sociale con le sue conseguenze economiche. Questa generazione potrebbe essere quella che comprende appieno il valore della sanità pubblica e del welfare.

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Nel complesso, questa potrebbe essere la generazione di ragazzi che arriveranno a comprendere appieno come le relazioni ci rafforzano. Proprio perché stanno sperimentando la “distanza” nei loro anni formativi, impareranno come si possa essere più forti tutti insieme, rispetto alla somma delle nostre forze individuali.

L’auspicio è che possano agire per proteggere i vulnerabili oggi e costruire un mondo migliore riconoscendo e correggendo i fattori che portano alla vulnerabilità.

Questa esperienza così difficile, che sottolinea il valore e la necessità della solidarietà e dell’interrelazione sociale, di una comunità coesa negli obiettivi, sarebbe importante portasse i giovani a un desiderio di superare le divisioni, costruendo relazioni a più ampio raggio, al di là di differenze culturali, etniche, di esperienze, avendo acquisito la lezione che tutti si diventa più saggi e consapevoli quando si apprendono conoscenze e si fanno esperienze molto lontane da quelle solite.

L'adolescenza è la seconda età dei perché. Come i bambini di due anni chiedono perché il cielo è blu, gli adolescenti si domandando e domandano perché le cose funzionano in un certo modo e sono come sono. Chiedono come sia possibile che si permetta la persistenza di ingiustizie così grandi, perché non si proteggano le persone vulnerabili, e così via. Molti di loro hanno la capacità di un’indignazione che spesso gli adulti hanno perso, ed è importante che chi ha a che fare con i ragazzi sappia ascoltarli.

In questa situazione esistono gruppi e forze sociali e politiche che per molti versi mettono in discussione proprio le cose migliori che si vorrebbe i giovani imparassero. Cercano di attivare gli istinti più primitivi per dividere tra "noi" e "gli altri". Presentano i rapporti sociali come una competizione in cui, affinché una parte vinca, l'altra deve perdere. L’indignazione adolescenziale, quella che la maggior parte dei ragazzi condivide, ha ancora la capacità di non accettare tutto questo e di desiderare una modalità diversa di relazionarsi e di costruire in senso della comunità.

Se a un adulto viene chiesto di vedersi attraverso gli occhi dei bambini, questo lo stimola a tirare fuori il meglio di sé. La fase che viviamo potrebbe essere l’occasione, per il mondo degli adulti, di lavorare alla crescita di una generazione migliore di esseri umani. Occorre avere questa ambizione.

Ci sono in gioco tutte le cose che possono spingere i giovani di oggi a impegnarsi a elevare le relazioni umane e a costruire un mondo più giusto e vivibile per tutti. Agli adulti compete la responsabilità di dare l’esempio e di sostenerli.


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