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Attesa, desiderio, sogno, dono, nascita, calore, buono, ma anche disillusione, speranza, mancanza, nostalgia, amaro, ricordi. Nella scatola delle decorazioni per l’albero di Natale che ognuno di noi conserva gelosamente nel ripostiglio, ogni anno nel tirare fuori renne danzanti, palline colorate, luci sfavillanti che riportano nelle nostre abitazioni un pezzetto della magia delle feste natalizie della nostra infanzia, tiriamo fuori la pallina del desiderio e in quel prenderci cura della tavola, dei vari allestimenti, del cercare il dono giusto per lo zio, per la mamma e il papà, per i figli, le sorelle e i fratelli cerchiamo ancora di lenire la ferita della disillusione quando da piccoli abbiamo scoperto che non esiste Babbo Natale.

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Un segreto conservato accuratamente dai grandi che fino alla fine hanno cercato di proteggere i bambini dalla scoperta che dietro le varie peripezie di Santa Claus, delle renne, degli elfi aiutanti, c’era la mano della cura e dell’affetto della famiglia, che nel cercare di realizzare i desideri dei più piccini ha strenuamente nascosto il vestito da Babbo Natale nel fondo della scatola delle palline e che, nella crescita dei più piccini, veniva adornato ogni anno con il pensiero: “questo è l’ultimo anno che crederanno a Babbo Natale” per poi prolungare il countdown, con il freno emotivo dei piccoli stessi che nel non rinunciare alla magia, conservano il peso della disillusione dentro di sé per tirarlo fuori quando la realtà frantuma le speranze.

Ecco allora che in quella stellina che viene messa, insieme o da soli, sull’albero di Natale il desiderio si fa carico dei vissuti emotivi della crescita e della vita che ci insegna faticosamente che per conservare la magia, la speranza, il sogno, il bene e il buono, dobbiamo impegnarci, prenderci cura di noi stessi e degli altri, ed è proprio in questo circuito riverberante che possiamo ritrovare quell’atmosfera di bene e buono, di pane caldo, che i giorni di Natale conservano ancora e che, oggi più che mai, dovremmo procrastinare nel corso dell’anno nella cura delle nostre ed altrui vite.

Il dono più grande che Babbo Natale ha lasciato ad ognuno di noi nella scoperta della sua vacuità, è che il bene per noi stessi e per l’altro, va conquistato e deve portare con sé la stessa attenzione, la stessa ricerca, la stessa cura che ci si aspettava da Babbo Natale che in quel “Ti sei comportato bene?” che ognuno di noi, almeno una volta nella vita si è sentito chiedere in famiglia, ci indicava la strada di una vita di senso in cui il dovere affettivo, morale, etico, sociale, culturale è in realtà il dono più grande che possiamo ricevere e donare all’altro.

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Una stellina del desiderio colorata dall’annoso e intergenerazionale monito che per far durare la magia occorre prendersi cura dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, e come dietro la perdita c’è sempre, la speranza di ricostruire un nuovo percorso di vita che anche se ha un sapore diverso, può essere assemblato magicamente con i nostri ricordi, i nostri oggetti, i nostri rituali, i nostri affetti sedimentati dentro di noi e che sono la nostra risorsa principale per affrontare, così come immaginavamo facesse Babbo Natale, le peripezie di un flusso vitale che non smette mai di sorprenderci, di emozionarci, di farci soffrire e nel contempo farci crescere.

Dietro la perdita quindi, il tesoro più grande della cura, dell’attenzione agli affetti, alle emozioni e ai sentimenti che rimangono vivi nella presenza e nell’assenza, nella realtà e nella fantasia, nel desiderio e nell’immaginazione, perché anche se tutti sappiamo che Babbo Natale non esiste continuiamo ad alimentarlo nella nostra dimensione psichica collettiva, sentendoci forse debitori del regalo più grande che ci ha lasciato: dietro il crollo dell’immaginazione e della fantasia c’è la responsabilità di prendersi cura delle nostre vite e di quelle degli altri, per adornare di autenticità affettiva l’albero della vita che solo così continuerà a germogliare nel tempo e non si seccherà.

Un Natale questo carico di speranza ma anche di impegno affinché possa germogliare di nuovo il bene e il buono e che conservi nell’amarezza dell’assenza, in quella sedia vuota di chi non c’è o di chi purtroppo non c’è più, il flusso affettivo ed emotivo della vita che scorre e che dietro la separazione e la perdita nasconde sempre nuove fonti di vitalità che nella cura rimangono vive e attive dandoci nuove direzionalità.

Buon Natale di cura!

Barbara Volpi
Psicologa, specialista in Psicologia clinica, Phd in Psicologia Dinamica e Clinica - collabora con il Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Sapienza - Università di Roma. È membro dell’Italian Scientific Community on Addiction della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento Politiche Antidroga e Socio Fondatore della SIRCIP (Società Italiana di Ricerca, Clinica e Intervento sulla Perinatalità). È docente al Master biennale di II livello sul Family Home Visiting presso la Sapienza e dell’ Accademia di Psicoterapia Psicoanalitica di Roma. È autrice di numerose pubblicazioni e articoli scientifici. Tra le sue pubblicazioni recenti: «Gli adolescenti e la rete» (Carocci, 2014) e per il Mulino «Family Home Visiting» (Tambelli, Volpi, 2015), «Genitori Digitali» (Volpi, 2017), «Che cos'è la cooking therapy» (Volpi, 2020), «Docenti Digitali» (Volpi, 2021), «I disturbi psicosomatici in età evolutiva» (Volpi, Tambelli, 2022) Per informazioni scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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