Smartphone, computer, tablet – e la tecnologia in generale – vengono spesso visti come nemici del contatto con la natura. A molti adolescenti si consiglia e si ripete spesso di posare il telefono e uscire all’aperto.

È questa l’idea alla base delle recenti misure adottate a livello pubblica in diversi paesi per riconnettere i giovani con il mondo che li circonda. Vengono stanziati finanziamenti per attività extrascolastiche e centri giovanili, per contrastare una situazione in cui troppi ragazzi restano bloccati nelle loro stanze o dietro a uno schermo.
Senza dubbio, investire in attività giovanili – in particolare quelle che favoriscono il legame con la natura – è necessario e positivo. Ma vederle soltanto come un antidoto all’uso cronico degli schermi significa fraintendere il problema, secondo alcuni ricercatori.
Gli schermi, infatti, possono diventare parte del modo in cui i ragazzi interagiscono e comprendono il mondo naturale. E, paradossalmente, potrebbero essere proprio la chiave per farli uscire di casa.
Dare la colpa agli smartphone
A prima vista è facile imputare ai cellulari schermi la ragione per cui, negli ultimi decenni, le persone hanno passato meno tempo all’aperto.
Studiosi di diverse discipline, dalla psicologia alla sociologia, collegano infatti l’aumento del tempo davanti alla TV e al computer a quello che definiscono come una sorta di disturbo che ha come conseguenza una mancanza di contatto con il mondo della natura.
Si tratta di una condizione che deriverebbe dalla separazione dall’ambiente naturale, con conseguenze negative sulla salute fisica e sulla capacità di attenzione (un concetto, tuttavia, da altri molto criticato).
Parallelamente, negli ultimi anni sono aumentati i problemi di salute mentale tra gli adolescenti. La tecnologia viene spesso indicata come uno dei fattori in gioco, ma le prove scientifiche non sono univoche.
Eppure, dato che stare in natura ha effetti benefici sul benessere, è facile che si diffonda la narrazione secondo cui i ragazzi stanno male perché passano troppo tempo chiusi in casa davanti agli schermi, e che basterebbe spegnere il telefono per ritrovare serenità osservando gli alberi.
È vero anche che il senso di connessione con la natura tende a calare intorno ai 12 anni e a rimanere basso fino all’età adulta, secondo alcune indagini.
Incoraggiare i giovani a passare più tempo all’aperto può quindi essere utile. Ma se si affronta il problema con la logica “schermi contro natura”, suggeriscono quei ricercatori, il rischio è che sia tutto inutile. La tecnologia è ormai centrale in ogni aspetto della nostra vita: non è realistico pensare che la soluzione consista nel limitarla o nel presentare il tempo nella natura come un suo sostituto.

Natura con la tecnologia
La tecnologia può invece sostenere le esperienze all’aperto. Applicazioni di mappe, geolocalizzazione o tracciamento rendono la natura più accessibile e sicura. Per alcune persone, un telefono o un tablet possono essere strumenti di comunicazione indispensabili; per altre, ascoltare musica in cuffia aiuta a ridurre stimoli sensoriali indesiderati.
Attribuire più valore solo alle esperienze “senza tecnologia” rischia di escludere chi non può permettersi di staccare del tutto: chi ha responsabilità di cura, problemi di salute o altre necessità. In fondo, potersi disconnettere del tutto è una forma di privilegio.
Meglio incoraggiare i giovani a usare la tecnologia in modo responsabile per arricchire le esperienze con la natura.
Da questo punto di vista, spiegano i ricercatori, con il telefono si possono, ad esempio, riconoscere il canto degli uccelli, le piante, le tracce degli animali, oppure contribuire a progetti di scienza partecipata. Anche da casa, guardare documentari, foto o ascoltare suoni naturali può alimentare il senso di connessione.
I contenuti naturalistici sui social, nonostante le criticità, rappresentano per molti un punto di ingresso: basti pensare al successo di alcuni canali YouTube tematici sul contatto con il mondo naturale, seguiti da milioni di persone per i loro video di attività all’aperto.
Trasformare questi interessi online in esperienze reali significa incontrare i ragazzi dove già si trovano. E, soprattutto, chi sviluppa un legame più forte con la natura sarà più incline ad agire in favore dell’ambiente. Questo può aprire spazi di discussione anche sugli impatti ecologici della tecnologia stessa, dai minerali rari nei telefoni al consumo energetico dell’intelligenza artificiale.
Un approccio equilibrato, è la conclusione, può quindi aiutare i giovani a vedere la tecnologia non come ostacolo, ma come alleata nel vivere la natura.





