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Quando ho fatto il mio primo turno in una comunità residenziale, quasi 30 anni fa, mi è stato dato un mazzo di chiavi e detto di osservare i lavoratori anziani, per apprendere da loro il mio lavoro di educatrice. 

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Ero pagata per fare il lavoro educativo, ma nessuno mi aveva detto che cosa volesse dire, e io, da parte mia, non l’ho mai chiesto a nessuno.

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Mentre cercavo di imitare questi altri miei colleghi di lavoro, ho scoperto che il loro stile e le loro modalità di interazione non erano molto adatti a me. Tuttavia, non sapevo che cosa avrei dovuto fare, in alternativa. Non ricordo di avere avuto formazione specifica per quel mio lavoro, quindi ho cercato di fare del mio meglio per svolgere quello che avevo capito essere i miei compiti: far rispettare le regole, seguire il programma educativo e assicurarmi che il comportamento di coloro di cui dovevo prendermi cura non andasse “al di fuori  dei binari”. Purtroppo per quei giovani che mi sono stati allora affidati, la mia professionalità si è costruita attraverso una grande quantità di prove ed errori. Ero pagata per fare il lavoro educativo, ma nessuno mi aveva detto che cosa volesse dire, e io, da parte mia, non l’ho mai chiesto a nessuno.

Trent'anni dopo, la pessimista che c’è in me crede non sia cambiato poi molto quando si tratta di sapere cosa significhi essere un educatore o un operatore che lavora con i giovani. Sento ancora oggi i partecipanti ai miei corsi di formazione presentarsi come "uno che semplicemente lavora con i giovani". Anche con gli amministratori delle organizzazioni non va molto meglio. Discutono soprattutto se possano fidarsi a dare le chiavi degli edifici al loro staff di operatori. In genere ottengo sguardi fissi nel vuoto quando chiedo a educatori e operatori se partecipano ad attività pianificate di supervisione finalizzate a sviluppare le loro competenze professionali e capacità operative.

Da un lato mi viene chiesto di fornire una formazione in modo tale che coloro che lavorano con i giovani imparino a costruire in modo efficace relazioni con i ragazzi, acquisendo la capacità di comprendere e tenere in considerazione l'impatto dei traumi che hanno subito, mantenendo nel centro che accoglie i giovani un ambiente sicuro e sano. Dall’altro, quando poi arriva il momento di mettere in atto queste nuove competenze, mi è capitato spesso di sentire gli amministratori lamentarsi del fatto che non possano "aspettarsi molto da loro ", dal momento che vengono pagati molto poco.

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Per fortuna, ho anche un lato ottimista.

Mi rendo conto che sono stati fatti grandi passi in avanti da quando ho iniziato il mio primo turno di lavoro, non solo nel settore educativo, anche io ho ampliato molto la mia conoscenza e le mie capacità pratiche personali. Ora sono consapevole che il settore del lavoro giovanile è molto vasto e necessita di attenzioni, setting, metodologie e prassi molto diversificati. Gli animatori giovanili e gli educatori si trovano ad operare in situazioni molto lontane tra loro: scuole, dopo-scuola, centri diurni , servizi educativi delle comunità, case famiglia e comunità protette, solo per citarne alcune.

Agenzie e organizzazioni in tutto il Paese sono impegnate a ricercare le modalità per sviluppare le competenze professionali dei loro operatori. Sia che si tratti di investire in un programma di formazione specifico per gli operatori, pianificando passaggi di carriera che includano anche incentivi economici in relazione alle certificazioni di competenze acquisite, o semplicemente assicurandosi che un turno venga “coperto” da altri in modo tale che un giovane possa frequentare un corso di formazione, gli amministratori possono, anche facendo solo piccoli passi, cominciare a far cresce uno staff più competente e capace.

{xtypo_quote}Sono personalmente entusiasta di conoscere singoli operatori provenienti da contesti e pratiche molto diverse, i quali si stanno ancora avviando alla professione e, contemporaneamente, partecipano adn attività formative per sviluppare il loro livello professionale. {/xtypo_quote}

Giovani professionisti di tutti i contesti di intervento con i giovani, a livello nazionale e internazionale, stanno facendo elevare il livello di competenza professionale del lavoro educativo. Non posso certo dar conto di tutta la strada che è stata percorsa, tuttavia voglio almeno ricordare: la creazione e l'adozione di un codice etico, lo sviluppo di un insieme riconosciuto di competenze per la pratica professionale, e il lancio del “Child and Youth Care Certification Board” ( CYCCB ), con il compito di supervisionare e implementare un programma nazionale di credenziali e standard professionali nelle pratiche educative e di animazione con i giovani.

Sono tutte iniziative stanno facendo la differenza: non solo per i giovani lavoratori ma anche, e soprattutto, per i bambini e i giovani di cui abbiamo il privilegio di prenderci cura. Quando si guarda a tutto ciò che un ragazzo e un educatore sono tenuti a conoscere, fare ed essere, alle responsabilità che si dovrà assumere, perché mai si dovrebbe domandare a qualcuno con nessuna formazione specifica, abilità, o privo di una supervisione, di ricoprire quel ruolo ? Abbiamo bisogno di professionisti, e dobbiamo spingere e sostenere chiunque lavori a contatto con i giovani, a diventarlo.


testimonianza di Jean Carpenter – Williams in un articolo pubblicato da Youth Today, ottobre 2013

{xtypo_rounded1}Jean Carpenter - Williams , lavora con il Centro Nazionale di Risorse per i Servizi Giovanili dell’Università dell’Oklahoma (NRCYS ) da più di dieci anni. Ha operato a lungo con in servizi educativi residenziali in tutto il Paese per migliorare la sua cultura della cura, del contrasto all'isolamento e all’incarcerazione di minori, applicando in modo efficace il metodo  Managing Aggressive Behavior (MAB). È membro del Consiglio Direttivo per l'Associazione degli Operatori per la cura dell'infanzia e della gioventù ( ACYCP) , una organizzazione nazionale dedicata alla professionalizzazione di coloro che lavorano con i giovani. Ha grande esperienza nello sviluppo di programmi di formazione, ha lavorato in ambienti residenziali come terapeuta di ricreazione, operatrice di assistenza diretta, e ispettore.{/xtypo_rounded1}

 


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