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Venerdì 24 febbraio 2017 presso il Tribunale per i Minori di Roma si è tenuto il convegno dal titolo: “Dal Tribunale per i Minorenni al Tribunale per la Famiglia, DDL A.C. 2953: luci e ombre” organizzato da A.I.G.A., che ha visto la partecipazione di esponenti del mondo della politica, della magistratura, dell’avvocatura e rappresentanti delle associazioni di carattere nazionale specializzate nella materia. Si è discussa e analizzata l’opportunità del D.D.L. ora all’esame del Senato rubricato al n. 2284, nel testo già approvato alla Camera dei Deputati il 10 marzo 2016, riguardante la riforma della giustizia minorile e la soppressione del Tribunale per i Minorenni e l’ufficio del Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni, con l’istituzione, presso i Tribunali ordinari e presso le Corti di Appello, di sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori.
Forti critiche e preoccupazioni sono state espresse da parte dei rappresentanti della magistratura, nelle persone dei Presidenti dei Tribunali per i Minori di Bologna, dott. Spadaro, di Bari, dott. Greco, di Roma dott.ssa Rivellese, dal dott. Cottatellucci e dal dott. Postiglione rispettivamente magistrato e sostituto procuratore presso il Tribunale dei Minori di Roma. Forti critiche e perplessità sono state manifestate anche dai rappresentanti delle Camere Minorili, in persona della Presidente Nazionale avv. Perchiazzi e del Presidente della Sezione di Roma avv. Bisceglia, dall’associazione CamMino, rappresentata dalla Presidente Nazionale avv. Ruo e dalla Presidente della Sezione di Roma avv. Avantenni, oltre che dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, rappresentata dalla dott.ssa Passerini.
Le perplessità nascono dalla considerazione che sopprimere i Tribunali e le Procure Minorili rischia col tempo di erodere quel patrimonio professionale e culturale, frutto di anni di specializzazione e di esperienza, preso ad esempio da diversi paesi europei, che non merita di essere disperso. Il timore è che dalla riforma non possano trovare soluzione le problematiche che muovono “dal basso” sui bisogni dell’utenza con disfunzioni del sistema di giustizia minorile.
Gli operatori tutti hanno, dunque, espresso un accorato appello al mondo della politica, rappresentato dalla dott.ssa Ferranti, Presidente della Commissione Giustizia presso la Camera dei Deputati, la quale ha esposto le ragioni su cui il DDL si fonda ovvero ridare compattezza e unitarietà al sistema giurisdizionale volto a evitare un’emarginazione funzionale, organica e culturale del servizio giustizia. AIGA, pur nella consapevolezza di una necessaria riforma e riorganizzazione della materia, che non passi però attraverso la soppressione del Tribunale dei Minori, fa proprie le appassionate parole del Presidente Spadaro per il quale “la giustizia minorile è la sentinella di ciò che la nostra società sarà in futuro” ritiene, quindi, che al fine di una più approfondita disamina dello speciale mondo della giustizia minorile, occorra stralciare la proposta relativa alla soppressione del Tribunale per i minorenni dal più generale progetto di riforma del processo civile oggi in esame al Senato.
Associazione Nazionale Avvocati Italiani.
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“Accogliamo con soddisfazione l’approvazione della proposta di legge sui minori non accompagnati in Senato. Ripetuti sono stati gli appelli delle associazioni alle forze politiche, ora l’auspicio è che l’iter non subisca ulteriori rallentamenti e si arrivi ad una rapida approvazione finale alla Camera. Le Organizzazioni continueranno a seguire con attenzione il provvedimento, contando sull’impegno delle forze politiche che trasversalmente lo hanno promosso e sostenuto, affinché diventi presto legge dello Stato”.
Tra le principali novità introdotte dal testo, una modifica al testo unico sull'immigrazione, che disciplina il divieto di respingimento dei minori stranieri non accompagnati alla frontiera; un sistema organico di prima e seconda accoglienza in Italia, con strutture diffuse su tutto il territorio nazionale; l’armonizzazione delle procedure di accertamento dell’età, per evitare accertamenti medici invasivi, quando inutili, e maggiori garanzie procedurali, tra cui la presenza di mediatori culturali, anche durante l’accertamento; il rafforzamento degli istituti della tutela e dell’affido familiare e maggiori tutele per il diritto all’istruzione e alla salute, nonché per i diritti del minore durante i procedimenti amministrativi e giudiziari.
Le Associazioni:
Ai.Bi. Amici dei Bambini
Amnesty International Sezione Italiana
Centro Astalli
Consiglio Italiano per i Rifugiati
Cnca
Comitato italiano per l’UNICEF
Emergency
Medici Senza Frontiere
Oxfam Italia
Save the Children
Terre des Hommes Italia
Roma, 2 marzo 2017
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Ragazzi interrotti
http://www.vanityfair.it/news/diritti/17/02/25/storia-adolescenti-problemi-psichiatrici-milano
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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione Generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese ha pubblicato le linee guida per la presentazione delle domande di contributo in favore degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale - Legge n° 476 del 19 novembre 1987 e n° 438 del 15 dicembre 1998 - che nello svolgimento delle attività previste dai rispettivi statuti promuovano l'integrale attuazione dei diritti costituzionali concernenti l'uguaglianza di dignità e di opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione nei confronti dei cittadini che, per cause di età, di deficit psichici, fisici o funzionali o di specifiche condizioni socioeconomiche, siano in condizione di marginalità sociale.
La domanda di ammissione al contributo con la relativa documentazione dovrà essere inviata entro il 31 marzo 2017
Maggiori informazioni: http://www.lavoro.gov.it/temi-
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Giornata di protesta e di supporto a battaglie civili, cresciuta nei decenni per rivendicare la parità nei diritti e denunciare soprusi e violenze, compresi quelli della salute e del lavoro, la "Festa della Donna" pare essere sfumata in una giornata di festeggiamenti con obiettivi più di carattere commerciale che culturale. La Giornata Internazionale della Donna, nome meno fuorviante per la ricorrenza, è tutt'altro che un vezzo o un'occasione per brindare. Al pari del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, è uno strumento per la costruzione di una nuova cultura capace di contrastare alla radice le discriminazioni e la violenza di genere. Ma l'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna - la cui stragrande maggioranza degli iscritti è di genere femminile - sottolinea come la sensibilizzazione dovrebbe avere uno spazio nella quotidianità, perché solo così si può davvero creare una cultura basata sulla parità dei diritti e delle possibilità, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze esistenti tra uomo e donna, senza cadere nella mascolinizzazione degli atteggiamenti mentali e dei comportamenti.
Nonostante le enormi trasformazioni sociali e culturali dei ruoli maschili e femminili, persiste tuttora una profonda e negativa asimmetria di genere, una disuguaglianza de facto di diritti tra donne e uomini. Non è facile modificare elementi culturali profondamente radicati che incidono sulla psicologia delle persone e sulla loro identità, elementi culturali da cui derivano anche gli stereotipi della femminilità e della mascolinità, le rappresentazioni psicologiche e sociali della donna e dell'uomo.
Gli studi di genere, dagli anni settanta in poi, hanno evidenziato come gli stereotipi di genere si trasmettono attraverso diversi canali come la famiglia, il linguaggio, l’educazione e i mezzi di comunicazione di massa. Tali stereotipi condizionano l’approccio psicologico alla realtà contestuale, nonché il pensiero, le scelte e i comportamenti in modo sottile e spesso inconsapevole. Le caratteristiche discriminanti tra uomo e donna vengono definite secondo una schematizzazione, ancora molto presente nella società attuale, che nella descrizione del maschile individua coraggio, potere, lavoro, forza, successo e razionalità, mentre al femminile vengono attribuite sensibilità, intuito, ricettività, emotività, gentilezza, bisogno di filiazione e nel contempo passività, remissività, dipendenza e fragilità. Tale schematizzazione evidenzia un chiaro contenuto di dominanza/potere per lo stereotipo maschile e di subordinazione/sottomissione per lo stereotipo femminile. Sono infiniti i messaggi che ci vengono veicolati fin da bambini che vanno, anche in modo sottile, a rimarcare una presunta inferiorità della donna. Questi messaggi possono essere condizionanti a tal punto da sollecitare la donna a cercare di affermarsi imitando l’uomo - o, meglio, la visione stereotipata delle caratteristiche maschili - anche per dimostrare la propria parità, invece di cercare una via autonoma di realizzazione.
La parità, infatti, non dovrebbe consistere nel rendere la società speculare, con le donne che copiano le abitudini tipicamente attribuite al genere maschile, finendo per interpretare questa giornata come un’occasione per “comportarsi da uomini”. Perché se il termine di paragone continua a rimanere l’elemento maschile, anche nei vissuti femminili una donna “in gamba”, coraggiosa, diventa una “donna con gli attributi”, perpetrando ancora - più o meno consapevolmente - lo stereotipo che svaluta tutto ciò che è associato al “femminile” considerandolo inferiore al “maschile”.
Le donne, prima di tutto, dovrebbero effettuare un lavoro su di sé per annullare la posizione di inferiorità, che spesso vivono anche nelle relazioni affettive. Sentendosi come copie mancanti dell’uomo negano la propria soggettività, la propria forza generatrice - che non si esprime solo nell’essere madre - rimanendo prigioniere degli stereotipi che le vogliono subordinate e remissive.
Riconoscersi ed essere riconosciute con le proprie caratteristiche e singolarità, pregi e limiti, è indispensabile per la propria salute psicologica. Le differenze tra donna e uomo, tra persona e persona, sono una ricchezza da salvaguardare e da valorizzare, mentre le diseguaglianze tra tutti gli esseri umani devono essere ridotte fino alla totale eliminazione per migliorare il benessere psicosociale dell’intera società.
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
a cura di Rizoma | Studio Giornalistico Associato | tel. 0510073867
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Ma quale sesso senza coinvolgimenti, per i ragazzi l’amore conta
https://left.it/2017/02/19/giovani-sesso-amore-dati/
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Adolescenti e sessualità: sì alla contraccezione ma i millennials hanno idee confuse sulle malattie
http://www.laragnatelanews.it/salute/adolescenti-e-sessualita-si-alla-contraccezione-ma-i-millennials-hanno-idee-confuse-sulle-malattie/21666.html
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Figli più equilibrati se il padre è presente
http://www.yourmag.it/figli-piu-equilibrati-se-il-padre-e-presente/
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Lecca lecca per i genitori! Vengono distribuiti durante le "silent sundays", le domeniche silenziose inglesi, le partite di calcio tra ragazzini cui assistono anche le mamme e i papà, che sono caldamente invitati a non urlare o dare in escandescenze. Piuttosto, meglio mangiare il lecca lecca. Potrebbe sembrare un'esagerazione, eppure sono tantissimi i casi in cui i genitori che assistono alle partite urlano offese, insultano arbitri e allenatori e anche i propri figli, arrivando anche alla violenza fisica. Così quello che per i ragazzi dovrebbe essere un utile strumento di crescita psico-fisica che insegna l’importanza delle regole e consente di sperimentare il successo e l’insuccesso, lo sport, può diventare invece causa di ansie, paure, tensioni e profondo timore di non soddisfare le aspirazioni della famiglia.
"In uno dei meccanismi ricorrenti i genitori attribuiscono caratteristiche, sentimenti e aspirazioni proprie ai figli, perdendo in parte la capacità di vederli come individui altri da se stessi. Il rischio è che possano identificarsi con loro e, senza rendersene conto, appropriarsi del gioco sportivo, diventandone i protagonisti. Umiliazioni, offese e tensioni possono essere pertanto il frutto di adulti che cercano rivincite personali attraverso i figli e dell’idea che l’eventuale sconfitta sia sempre responsabilità di qualcun altro", spiega Anna Ancona, Presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna.
"Nei bambini, al contrario, dovrebbe prevalere l’idea dello sport come gioco e divertimento, dove la collaborazione è preferita all’agonismo, anche perché - prosegue Ancona - la mancanza della soddisfazione e del piacere potrebbe portare alla demotivazione e a un successivo abbandono e rifiuto dell’attività sportiva. I bambini hanno bisogno di essere lasciati liberi di giocare senza eccessive pressioni, con poche direttive: rispettare gli altri (compagni, avversari, allenatori, arbitri), rispettare le regole del gioco sportivo e divertirsi."
Un atteggiamento sbagliato da parte degli adulti di riferimento, caratterizzato da eccessive tensioni dovute all’attività sportiva vissuta solo come agonistica, può indurre una sorta di “sindrome del campione”. Il bambino viene sopravvalutato con giudizi, non sempre congrui alle reali prestazioni, che tendono all’iperprotezione. Il giovane sportivo può strutturare un’immagine di sé distorta, non riconoscere i propri limiti ed errori e sentirsi già campione. Ogni evento negativo può così venire interpretato dal bambino come sfortuna o ingiustizia causata da altri, mentre ogni vittoria viene vissuta come segno della propria grandiosità. L’eventuale sconfitta rischia di essere vissuta come un devastante fallimento personale e può essere accompagnata anche da gravi conseguenze psicologiche di tipo depressivo.
I bambini che praticano regolarmente un’attività sportiva guidata effettuano un’esperienza formativa sia sul piano psicologico che sociale, a condizione che i genitori - condividendo il progetto di formazione sportiva per il figlio - accettino di non esserne protagonisti. È importante che comunichino al figlio, nelle parole e nei fatti, la piena accettazione della sua soggettività, delle sue qualità, limiti, bisogni e desideri, di accettare il ruolo dell’istruttore/allenatore e di collaborare con lui anche delegandogli la gestione educativa durante l’attività. È fondamentale che siano un modello positivo di autocontrollo e che trasmettano il valore di saper accettare la sconfitta: se si perde e si tende al miglioramento è come aver vinto.
In conclusione il genitore dovrebbe partecipare in modo equilibrato all’esperienza sportiva del figlio stimolandone la crescita, sviluppandone l’indipendenza, facendo lo spettatore discreto, evitando di essere onnipresente in tutte le fasi di allenamento. Fondamentale nella relazione è l’aspetto dell’incoraggiamento e del supporto che consiste nel sostenere il figlio a dare il massimo, a impegnarsi fin dove le sue possibilità lo consentono e soprattutto a stimolarlo a comportarsi bene in campo.
Al di là dei consigli, il buon genitore del piccolo sportivo deve riconoscere il proprio ruolo, essere presente con atteggiamento propositivo e accogliente, con capacità di ascolto e di dialogo, dando il giusto valore agli avvenimenti per stimolare il figlio a realizzarsi come persona psicologicamente equilibrata.
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
a cura di Rizoma | Studio Giornalistico Associato | tel. 0510073867