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Una nuova ricerca realizzata presso l'Università di Adelaide sta contribuendo a far luce sui rischi che corrono gli adolescenti autori di reati penali in carica allo Stato.

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Molti dei giovani sottoposti a custodia hanno subito abusi e vissuto in ambienti non adatti alle loro necessità di rieducazione. L'ambiente in cui vengono trasferiti gioca un ruolo importante nello sviluppo dei minori.

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L’obiettivo è quello di fornire ai servizi sociali e giudiziari, informazioni che possano essere utilizzate per personalizzare le attività rivolte ad affrontare i bisogni complessi dei giovani in carico allo Stato, in modo da allontanarli da una potenziale vita di reati.

Catia Malvaso, dottoranda della scuola di psicologia, ha studiato i casi di 300 giovani in tutta la nazione. I risultati del suo lavoro sono stati pubblicati nel Journal of Child and Family Studies. "Il nostro studio, ha spiegato, ha lo scopo di comprendere meglio come si possa creare una linea di continuità tra il sistema del welfare dei minori e il sistema della giustizia minorile, e se ci sono fattori che aumentano il rischio di giovani incriminati mentre sono in carico al sistema giudiziario".

La dottoressa Malvaso ha riscontrato, anzitutto, che  i giovani autori di reato nel gruppo preso in considerazione, sono soprattutto di sesso maschile (65% contro il 35% di sesso femminile), con una gravità di imputazione proporzionalmente crescente con l’età. L'età media è di 14,5 anni, un anno e mezzo di meno rispetto al dato generale nazionale. "Quelli a più alto rischio, hanno compiuti reati contro il patrimonio e sono soggetti ad abuso di sostanze e hanno gravi problemi comportamentali".

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La ricerca ha anche riscontrato che lo stato di fermo presso strutture residenziali, anziché favorire la rieducazione, è associato con una probabilità di recidiva 12 volte maggiore rispetto a chi non sia stato incarcerato. "Molti dei giovani sottoposti a custodia hanno subito abusi e vissuto in ambienti non adatti alle loro necessità di rieducazione. L'ambiente in cui vengono trasferiti gioca un ruolo importante nello sviluppo dei minori" spiega la dottoressa Malvaso. "Mentre alcuni giovani sono collocati in affidamento, coinvolgendo nel loro percorso genitori affidatari, molti altri si trovano in strutture residenziali e contesti di gruppo. Questo significa che vivono in un edificio con altri minori che hanno una situazione simile, con diversi assistenti ed educatori che lavorano a tempo pieno".

Anche se le ragazze del gruppo analizzato hanno mostrato probabilità di recidiva inferiori a quelle dei maschi, il rischio di commettere nuovi reati ha fatto rilevare una brusca crescita per quelle giovani che erano state collocate in strutture detentive, invece che in affidamento. "I giovani con disturbi comportamentali ed emotivi preesistenti vengono spesso collocati in strutture detentive. Queste potrebbero risultare anche ambienti stimolanti e positivi, in quanto questi ragazzi hanno bisogno di imparare a vivere con altri giovani che hanno vissuto situazioni egualmente difficili. Tuttavia l’esperienza fatta indica che, in generale, i risultati in termini di rieducazione non sono positivi" spiega la dottoressa Malvaso. "Stiamo parlando di una parte relativamente piccola della società, l’obiettivo finale delle nostre ricerche è quello di aiutare ad evitare che i giovani si avviino a una vita di devianza e di reati, evitando in questo modo sia i notevoli costi personali, sia i pesanti costi per la comunità”. 


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