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Trovare il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata non è affatto un problema nuovo nella nostra società e risulta un fattore decisivo per chi ha responsabilità genitoriali.

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In questo periodo, la tensione tra lavoro e vita personale è stata aggravata dalla pandemia. È stata una fase nella quale molti lavoratori si sono soffermati di più a considerare la natura del loro lavoro, il suo significato e scopo e su come questi elementi influenzino la loro qualità della vita.

Studi realizzati in diversi Paesi suggeriscono che molte persone stanno lasciando o stanno pianificando di lasciare i loro datori di lavoro in quest’ultimo anno, con percentuali ben superiori a quelle degli anni passati.

Una grande dimissione che sembra essere stata accelerata dalle riflessioni sopra citate. Ma se in tanti stanno riconsiderando dove e come il lavoro si inserisca nella loro vita, a cosa dovrebbero mirare?

È facile credere che se solo non si avesse bisogno di lavorare, o se si potesse lavorare molte meno ore, si sarebbe più felici, vivendo una vita di esperienze piacevoli in tutte le loro forme sane e malsane. Tuttavia questo non spiega perché alcuni pensionati si impegnino in lavori freelance e alcuni vincitori della lotteria tornino subito al lavoro.

Raggiungere il perfetto equilibrio tra lavoro e vita privata, se esiste una cosa del genere, non significa necessariamente mettere in discussione il quando, dove e come si lavora: è una questione che riguarda il perché si lavora.

I tentativi di trovare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata sono sicuramente importanti. Il lavoro è costantemente e positivamente correlato al nostro benessere e costituisce gran parte della nostra identità. Se qualcuno ci chiede chi siamo, presto si arriverà a dare una descrizione di quello che facciamo come lavoro.

Il lavoro può dare un senso di competenza che contribuisce al benessere personale.

I ricercatori hanno dimostrato non solo che il lavoro porta alla affermazione di sé, ma che, quando quei sentimenti di valore personale sono minacciati, si diventa particolarmente attratti da attività che richiedono impegno - spesso sottoforma di qualche lavoro - perché in questo modo si dimostra la propria capacità di incidere sulla realtà circostante, confermando al contempo la propria identità come individui competenti.

Il lavoro sembra persino rendere più felici in circostanze in cui si preferirebbe optare per il tempo libero.

Questo è stato dimostrato da una serie di esperimenti intelligenti in cui i partecipanti avevano la possibilità di essere inattivi (aspettando in una stanza per 15 minuti l'inizio di un esperimento) o di essere occupati (camminando per 15 minuti verso un altro luogo per partecipare a un esperimento). Pochissimi partecipanti hanno scelto di essere occupati, a meno che non siano stati costretti a fare la passeggiata, o non gli sia stato dato un motivo (ad esempio, dicendo che avrebbero trovato dei dolci o del cibo dall’altra parte).

Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che coloro che hanno trascorso i 15 minuti camminando sono risultati significativamente più felici di quelli che li hanno trascorsi in attesa, indipendentemente dal fatto che l’avessero fatto per scelta spontanea o spinti da una ricompensa alimentare.

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In altre parole, l'attività contribuisce alla felicità anche quando si pensa che si preferirebbe restare inattivi. Gli animali sembrano saperlo istintivamente: negli esperimenti, la maggior parte preferisce impegnarsi per avere il cibo piuttosto che riceverlo senza fare niente.

L'idea che il lavoro, o l'impegno in qualche compito specifico, contribuisca al proprio benessere generale è strettamente correlata al concetto psicologico di felicità come fine naturale della vita. Questo è il tipo di felicità che deriva dal funzionamento ottimale e dalla realizzazione del proprio potenziale. La ricerca ha dimostrato che il lavoro e lo sforzo sono fondamentali per la felicità così intesa, spiegando la soddisfazione e l'orgoglio che si prova dopo aver portato a termine un compito estenuante.

Dall'altro lato dell'equilibrio tra lavoro e vita privata c'è una forma di felicità meno complessa, legata alla presenza di sentimenti positivi come l'allegria e la relativa scarsità di sentimenti negativi come la tristezza o la rabbia.

Questa felicità più momentanea offre benefici empirici per la salute fisica e mentale, e il tempo libero è un ottimo modo per perseguire questo genere di felicità.

Ma anche nella dimensione del tempo libero l’orientamento inconscio verso il lavoro rimane sullo sfondo.

Se si dispone di troppo tempo libero, il benessere soggettivo inizia a diminuire, in particolare quando supera le cinque ore al giorno. Passare i giorni senza sforzo sulla spiaggia non sembra essere la chiave per raggiungere la felicità a lungo termine.

Questo potrebbe spiegare perché alcune persone preferiscono dedicarsi a cose che richiedono sforzi significativi durante il loro tempo libero.

Le persone che prendono parte ad attività impegnative e anche rischiose nel loro tempo libero in genere le giustificano parlando di realizzazione di obiettivi personali, del fare progressi in qualche campo o di raggiungere e migliorare risultati oggettivi (ad esempio in uno sport). Tutte queste sono caratteristiche della felicità più complessa, non di quella rappresentata da esperienze di piacere momentaneo.

Questo orientamento si sposa bene con un nuovo concetto nel campo degli studi sul benessere: che una felicità esperienziale ricca e diversificata è la terza componente di una "buona vita", oltre alla felicità del momento o di quella che si dice eudemonica, intesa come bene e scopo naturale della vita.

In nove Paesi e con decine di migliaia di partecipanti, i ricercatori hanno recentemente scoperto che la maggior parte delle persone (oltre il 50% in ciascun Paese) preferirebbe comunque una vita felice caratterizzata dalla felicità più semplice e momentanea, legata a piaceri immediati. Ma circa un quarto preferisce una vita significativa incarnata dalla felicità come obiettivo complesso legata anche allo sviluppo di caratteristiche della personalità. Una piccola ma significativa quantità di persone (circa il 10-15% in ogni paese) sceglie di perseguire una vita ricca e diversificata.

Dati questi diversi approcci alla vita, forse la chiave per un benessere duraturo è considerare quale stile di vita si adatta meglio a se stessi.

Piuttosto che vedere il lavoro in opposizione alla vita libera personale, il vero equilibrio da raggiungere è trovare un’integrazione significativa tra le due componenti, che possa riflettersi in energie da mettere nella relazione con i figli, considerando quello che può rappresentare per i ragazzi, come modello di riferimento, un genitore appagato dal proprio lavoro e dall’esercizio delle sue capacità.


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