La maggior parte dei giovani adulti lascia la casa dei genitori ben dopo i vent’anni. Secondo i dati più recenti, l’età media per andare a vivere in autonomia in Europa è di 26,6 anni. In Italia l’età media di uscita è di 30,1 anni (settima più alta in Europa). I giovani italiani lasciano la casa 3,5 anni più tardi rispetto alla media europea. I motivi sono sia legati a difficoltà economiche e abitative, sia a un cambiamento culturale che rende più “accettabile” una più lunga permanenza tra le mura domestiche.

Molti giovani dopo aver tentato di vivere da soli tornano a casa dai genitori. Altri cercano di affrontare le difficoltà e le famiglie vengono inevitabilmente coinvolte nella loro situazione problematica.
Problemi e difficoltà vengono nascosti da quanto si mostra sui social, in cui si vedono spesso immagini di famiglie che sembrano perfette, con figli adulti che sono laureati o nel pieno delle loro carriere, che si divertono con gli amici o che stanno per sposarsi.
La vita, insomma, sembra davvero andare a gonfie vele per molte famiglie. È esperienza di molti terapeuti e counselor incontrare genitori che contrappongono a queste immagini di successo la situazione dei loro figli adulti in profonda crisi emotiva e in difficoltà nell'affrontare le difficoltà della vita.
Questi giovani, insieme ai loro genitori che continuano a credere in loro e nella loro possibilità di “farcela”, vivono uno stato di grande dolore emotivo.
Sono famiglie che stanno affrontando la più grande paura che avrebbero potuto prefigurarsi: avere un figlio adulto che sta vivendo un momento difficile o che si trova completamente bloccato.
Da parte loro, questi genitori si sentono impotenti e confusi, non sanno come aiutare davvero il loro figlio, che vedono essere rimasto indietro rispetto al percorso di “successo” che si erano immaginati.
Si sentono frustrati e persino indignati quando altri familiari o amici liquidano la questione dicendo semplicemente di lasciare che il loro ragazzo fallisca, perché solo così imparerà la lezione.
Molti di questi figli adulti faticano a regolare le proprie emozioni o compiono scelte e azioni impulsive. Altri si sentono intrappolati da una costante mancanza di motivazione. Magari l’università non è andata bene. Forse non riescono a mantenere un impiego. Alcuni possono anche avere dipendenze non trattate.
Anche se spesso fanno fatica a esprimere il dolore che provano, vedono se stessi come dei fallimenti o delle delusioni per i genitori.
Alcuni di questi giovani vivono ancora in casa, altri in modo quasi indipendente, ma le loro vite sono comunque piene di stress e di problemi. Alcuni di loro possono aver raggiunto la stabilità economica, ma sono molto fragili dal punto di vista emotivo.
Quando il proposito di aiutarli può peggiorare la situazione
Sono tante le situazioni in cui un figlio giovane adulto può trovarsi in difficoltà. Nonostante non sia più un ragazzino, i genitori, pur con le migliori intenzioni, spesso tendono a adottare gli stessi comportamenti sbagliati, aggravando la sua situazione.

Anzitutto, i genitori cercano spesso di “salvare” i propri figli ormai grandi, soprattutto quando attraversano momenti difficili, soffrono per la salute mentale, per una rottura sentimentale o un divorzio.
Li sostengono anzitutto economicamente, anche perché è la cosa più semplice da fare, ma pagare l’affitto o saldare i debiti può creare dipendenza nel giovane e impedire lo sviluppo della sua autonomia nella risoluzione dei problemi.
Lo si aiuta in modo più efficace promuovendo davvero la sua indipendenza emotiva, finanziaria e personale, il che può comportare anche di lasciare a lui la risoluzione dei problemi in cui si trova, perché se questi sono affrontabili, risolverli può solo migliorare autostima e capacità.
Molti genitori, poi, si sentono in colpa per i problemi di salute mentale dei propri figli adulti, per le difficoltà scolastiche che hanno avuto in passato, per traumi subiti o anche per le loro crisi coniugali o divorzi.
Questo senso di colpa offusca la capacità di vedere con chiarezza ciò che sarebbe meglio per i figli, soprattutto quando si tratta di stabilire dei confini sani. Da genitori adulti a figli anch’essi adulti.
Purtroppo, come è esperienza di tanti terapeuti, molti genitori diventano il bersaglio su cui i figli sfogano la loro rabbia. Non stabilire confini adeguati li rende vulnerabili ad abusi emotivi, manipolazioni economiche e alla mancanza di rispetto da parte dei figli.
L’empatia, spiega la psicologia, è la chiave per stabilire dei limiti. Più si coltiva e trasmette a un figlio l’empatia, meno il senso di colpa interferirà nella relazione.
Se gli si parla con sincerità, l’empatia sarà autentica e sarà d’aiuto, anche se il giovane cercherà di manipolare. Anche se per proteggersi occorrerà prendere le distanze, si può comunque farlo con empatia.
È bene anche evitare di essere direttivi, cercando di ascoltare di più e parlare di meno, nei momenti in cui si apre e parla dei loro problemi, rinforzando e sostenendo i suoi comportamenti positivi quando prende decisioni più sane.
Dando spazio per imparare dagli errori, si crea l’occasione perché un giovane alla fine sia fiero degli insegnamenti che ha tratto da difficoltà e inciampi.





