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Nojoom, il cui nome in yemenita significa “stelle”, è una bambina che rappresenta una società rigidamente ancorata a regole non scritte tramandate da generazioni, regole caratterizzate da una totale dipendenza e sudditanza della donna all’uomo e intrisa di codici di condotta e d’onore, soprattutto nelle zone rurali e montagnose dove il progresso e la cultura non arrivano. 

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Il destino di Nojoom è segnato fin da piccola, tant’è che il padre le cambia il nome in Nojoud che significa “nascosta”, perché così per lui dev’essere la figlia. 

Nojoom/Nojoud cresce senza andare a scuola, insieme ai fratelli e sorelle contribuendo all’allevamento del bestiame e alle coltivazioni di famiglia, in una zona di montagna dove sono poche le case e i vicini con cui interagire. Le difficoltà economiche si fanno sentire, il fratellino di Nojoud viene mandato in Arabia Saudita per lavorare e, a seguito dello stupro subito in casa dalla sorella Nasla, il padre preoccupato per Nojoud, decide di darla in sposa.

Dopo una negoziazione tra uomini adulti, Nojoud all’età d 10 anni viene data (o venduta?) dal padre in sposa ad un uomo che ha almeno 20 anni più di lei, con la promessa di prendersi cura di lei e di consumare il matrimonio solo quando avrà raggiunto la pubertà. Promessa ovviamente non mantenuta dall’uomo, che la violenta la notte stessa del matrimonio.

Nojoud, che sognava un matrimonio con l’abito bianco, mentre la sua famiglia si è trasferita a Sana’s, la capitale dello Yemen, lontano dalle sue origine, si trova sola in una casa di montagna, costretta a vivere con un “marito” sconosciuto che la picchia e la umilia, e con una suocera, che non la capisce e che pensa sia pazza e che la costringe a lavorare duramente.


è vittima della povertà, dell'ignoranza e di regole sociali
che si tramandano e perpetuano nei più deboli
un senso di profonda diseguaglianza


Deve portare l’acqua dal fiume fino in cima al monte dove vive, trasportare i raccolti delle coltivazioni e a legna, cucinare per tutti: la suocera, il marito e l’altra giovane moglie sposata poche settimane prima di lei.

“L’ho presa giovane, così ti potrà aiutare nelle faccende” dice il marito alla propria madre. Nojoud soffre duramente questa condizione di schiava e di vittima delle regole dettate dal marito e, dopo l’ennesimo rifiuto, viene riportata dall’uomo alla sua famiglia, con il padre che la punisce per il suo comportamento disonorante.

Tutta la famiglia di Nojoud è vittima della povertà, dell'ignoranza e di regole sociali che si tramandano e perpetuano nei più deboli un senso di profonda diseguaglianza. Così è da leggere anche il collaborazionismo delle donne, che finisce per perpetuare l'oppressione di madre in figlia.

Nojoud allora fugge per le vie di Sana’s giungendo in tribunale, dove incontra una giovane donna che le chiede cosa ci fa lì, Nojoud le dice “voglio divorziare”, e la donna le risponde “com’è possibile, sei troppo piccola” e l’accompagna da un giovane giudice che, ascoltata la sua storia si prenderà a cuore la sua causa.

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Il lungometraggio si basa sulla storia vera raccontata dal libro “I’m Nojoud, age 10 and divorced”, scritto da Nojoud Ali e dalla giornalista Delphine Minoui e venduto in 35 paesi. E’ diretto dalla regista e produttrice yemenita Khadija Al-Salami, che realizza questo film di denuncia, dopo che lei stessa è stata vittima di un matrimonio combinato all’età di 11 anni con un uomo di oltre vent'anni più grande, dal quale ha trovato il coraggio di ribellarsi.

La profonda conoscenza del contesto, dei luoghi e della mentalità, consentono alla regista di realizzare un film di denuncia autentico, che rappresenta perfettamente la pratica retrograda del matrimonio combinato di bambine.

L’argomento dei matrimoni combinati di bambine è purtroppo ancora diffuso in diversi Stati, e all’attenzione di molte agenzie ONU e ONG che operano in questi Stati con programmi sia di sensibilizzazione che di intervento a favore delle giovani vittime che riescono a fuggire. L’ONU parla di 70.000 vittime ogni anno a causa di lesioni o parto precoce dovuto a matrimoni combinati con bambine, in Stati come lo Yemen, lo stesso  che ha dato i natali all'attivista premio Nobel per la pace Tawakkol Karman.

 

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