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Amir è un ragazzo di diciassette anni, italiano di seconda generazione, di famiglia magrebina, segnalato al nostro servizio dall’Ufficio Servizio Sociale per Minorenni, con alcuni provvedimenti di messa alla prova conseguenti a diversi reati da lui commessi.

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La storia di Amir e il contesto familiare

Amir (nome di fantasia) è un ragazzo vulnerabile, poco comunicativo, con significativi limiti a livello cognitivo e relazionale. La sua famiglia è ben integrata a livello sociale e lavorativo, ma i genitori hanno dovuto affrontare la grave situazione di disabilità di altri due figli. Questo ha assorbito quasi per intero le loro energie e il loro tempo: la madre completamente dedita all’impegno di accudirli e crescerli, il padre impegnato dal lavoro per sostenere la famiglia, prima come muratore e poi, dopo un grave problema fisico, come manutentore generico. Amir non ha potuto pertanto contare su adeguate attenzioni e sul necessario sostegno da parte dei genitori, è cresciuto senza figure di riferimento che potessero sostenere positivamente il suo sviluppo.

Anche per Amir, considerate le sue difficoltà cognitive, era stata avviata una valutazione presso l’Uonpia, poi sospesa. I genitori manifestano contrarietà all’idea che anche lui, oltre agli altri figli, possa essere riconosciuto come disabile, certificazione che però potrebbe essergli d’aiuto, soprattutto per trovare in futuro un impiego stabile.

Il contesto familiare deprivato ha pesato sulle sue capacità di autonomia al punto che Amir fatica addirittura a uscire e orientarsi al di fuori del quartiere periferico in cui è nato e cresciuto.

Fallimentari le esperienze scolastiche, non per questioni linguistiche ma soprattutto di comprensione e di partecipazione agli impegni scolastici. Durante le lezioni Amir era tranquillo ma come assente, non riusciva a stare al passo con i compagni. Anche il tentativo di frequentare un corso di formazione professionale come addetto sala bar è risultato al di fuori delle sue possibilità. Dopo due bocciature al primo anno, Amir ha abbandonato ogni impegno, chiudendosi in casa e uscendo solo per incontrarsi con la compagnia di giovani che lo ha portato ai numerosi reati.

I reati e il percorso penale

Amir, caduto in una grave situazione di indolenza dopo aver lasciato la scuola, ha vissuto per un paio d’anni alla giornata, in compagnia di amici e conoscenti di quartiere già protagonisti di azioni devianti e autori di reati. Ne ha subito l’influenza negativa  e si è fatto coinvolgere in alcuni furti e rapine, illeciti nei quali il suo ruolo è stato assolutamente marginale, tanto che la prima delle quattro messe alla prova decise dal Tribunale si è conclusa con un “non luogo a procedere”.

È convinzione dell’assistente sociale e di tutti gli attori che partecipano al percorso di Amir, che anche le altre finiranno probabilmente in questo modo, tanta l’evidenza che questo ragazzo non ha fatto praticamente nulla se non assistere a quello che facevano gli amici: i compagni, la cosiddetta gang, pianificavano e realizzavano furti e rapine, e lui ci “finiva dentro”, quasi come uno spettatore. Amir ha scarsa coscienza delle illegalità commesse in quanto complice.

La sua mancanza di consapevolezza arriva al punto da credere che tra qualche mese, quando compirà i diciotto anni, dovrà scontare i reati commessi da minorenne.

Perché il Centro Diurno Diffuso per Amir

Il Centro Diurno Diffuso, per le sue caratteristiche non residenziali, è parso al Servizio sociale del Tribunale una valida possibilità, in vista delle udienze, per produrre esperienze e elementi di valutazione favorevoli da portare in giudizio, e per riattivare in Amir motivazione e progettualità per il suo futuro.

L’invio al nostro Centro è stata una sorta di ultima spiaggia. Le precedenti disposizioni previste all’interno del suo percorso penale, infatti, sono state tutte da lui disattese: partecipazione a un centro diurno, attività di volontariato. Proposte che non hanno avuto esiti positivi per la sua scarsa adesione.

L’avvio del progetto e il percorso di Amir

Dopo un primo momento conoscitivo, Amir ha iniziato una serie di incontri con la nostra orientatrice, per raccogliere elementi su di lui che ci aiutassero a progettare esperienze stimolanti, che potessero essere da lui vissute non come una “punizione”.

Un orientamento professionale sembra al di fuori, almeno per ora, dalla portata di questo ragazzo. La situazione familiare, come detto, non lo aiuta in nessun modo. In casa non c’è dialogo, e li Amir passa le giornate davanti alla playstation o al cellulare. Da quello che abbiamo visto finora sembra che (ma su questo faremo a breve una valutazione insieme alla neuropsichiatria) senza una certificazione di invalidità sarà forse impossibile per Amir trovare un’assunzione. Anche l’assistente sociale ha chiara questa situazione. La ricerca di un lavoro non rientrava infatti nel suo mandato.

Seguendo le indicazioni dell’orientatrice, abbiamo dunque cercato delle attività con l’obiettivo primario di tirarlo fuori di casa, perché l’ambiente familiare per lui è devastante, da un punto di vista evolutivo. Dopo avergli fatto alcune proposte formative, di corsi professionali, giusto per vedere la sua reazione, che è stata infatti negativa, abbiamo pensato a un’esperienza presso un esercizio commerciale gestito da una persona con grandi capacità educative. In questo modo Amir sarebbe stato a contatto con le persone e avrebbe avuto la necessità di imparare a spostarsi cambiando diversi mezzi. Non è andata malissimo ma non è andata nemmeno del tutto bene.

Il tirocinio è iniziato a novembre e si è concluso a gennaio, sostanzialmente è durato un mese, considerando le interruzioni natalizie. La frequenza non è stata regolare ma questo impegno ha spinto Amir almeno a muoversi dal suo quartiere.  All’inizio non era capace di spostarsi per Milano, veniva da noi sempre accompagnato dal padre.

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Quell’esercizio che abbiamo scelto per lui ha due sedi, in zone piuttosto distanti. Amir ha imparato a prendere tram, autobus, metropolitana, e ad andare ora in uno, ora nell’altro. L’ambiente gli piaceva, così ci faceva capire con i suoi mezzi linguistici molto limitati, forse inferiori a quelli di un bambino di dieci anni. Amir ha infatti un vocabolario limitatissimo, si fatica a stabilire un dialogo con lui, risponde quasi solo a monosillabi.

Dopo questa prima esperienza, gliene abbiamo proposte altre, leggermente più impegnative, per stimolare il suo percorso di crescita. Abbiamo da qualche settimana avviato un tirocinio presso un panificio solidale, dove Amir può anche imparare qualcosa delle attività basilari del panettiere.

L’impegno è di tre mattine alla settimana, ma già quando riesce a farne due, anche considerando il lungo e non semplice spostamento per raggiungere il laboratorio, può essere visto come un piccolo successo.

I cambiamenti di Amir, cosa ha funzionato

Le messe alla prova si concluderanno di sicuro positivamente, è impossibile condannare un ragazzo come Amir. Quello che conta è il suo percorso evolutivo.

Ha finalmente riconosciuto che è un bene per lui uscire di casa. Soprattutto, poi, con grande nostra sorpresa, ha definitamente rotto i ponti con la vecchia compagnia. Per non avere più contatti ha addirittura cambiato numero di cellulare. Spontaneamente, senza che nessuno glielo chiedesse o suggerisse.

Questo, purtroppo, almeno in questa fase, lo costringe a un forte isolamento, perché ora non ha più amici. Non ha nessuno con cui parlare, né a casa, né nel quartiere, come da sue testuali parole.

La frequentazione del laboratorio di panificazione ha pertanto anche un forte valore relazionale. Amir ha iniziato a frequentare un mondo adulto molto diverso da quello che finora ha conosciuto. Stare con persone diverse, prima nel negozio, ora al panificio, lo ha portato a riconsiderare quello che aveva fatto con i ragazzi che frequentava, a comprendere che era sbagliato.

Risulta in definitiva di particolare efficace, per una risposta positiva del ragazzo, il rapporto con le figure adulte. Il contatto con i coetanei lo mette infatti in difficoltà, probabilmente per la sua bassa autostima. La relazione con l’adulto è invece da lui vissuta come protettiva e asimmetrica. Per questo lo abbiamo mandato in ambienti con poche persone, ponendogli obiettivi concreti e affiancandolo a adulti in grado di fargli da guida.

I bisogni di Amir, la rete, il dopo penale

Amir avrebbe bisogno di fare nuove amicizie, di frequentare altri ambienti. Per come è fatto, sarà difficile che ci riesca da solo. Stiamo valutando di proporgli anche attività ludico ricreative, in associazioni che possano accoglierlo. Lui finora le ha bocciate, ma noi siamo fiduciosi, perché Amir sta cambiando. Si sta aprendo.

Quando il percorso penale sarà concluso, verrà preso in carico dai servizi sociali della zona. Il nostro progetto prevede di continuare a seguirlo, al di là del penale. Prenderemo contatto i nuovi assistenti sociali. Abbiamo già iniziato a parlarne con Amir il quale, inizialmente, viveva tutto come un obbligo. Ora non è più così. Coinvolgeremo anche i genitori. Vedremo di avere il loro consenso per fare i passi necessari per mettere Amir nelle condizioni di poter entrare in modo protetto nel mondo del lavoro, anche passando eventualmente per il riconoscimento del suo deficit cognitivo.

Stiamo cercando di costruire una rete attorno a lui, lavorando su una situazione inizialmente frammentata. Lo psichiatra, il servizio sociale, i responsabili del tirocinio. Ci sentiamo e confrontiamo regolarmente. Un limite, per il nostro servizio ancora in fase sperimentale, è che non abbiamo accesso ai fascicoli dei ragazzi, per una questione di privacy. Raccogliamo pertanto le informazioni in modo indiretto e incompleto.

Amir sta evolvendo, riconosce oggi la negatività dell’ambiente e delle compagnie che frequentava all’interno del difficile in quartiere in cui vive. L’assistente sociale e il giudice si sono complimentati con lui per la decisione di rompere i rapporti con il passato, della quale il cambio di numero di cellulare è un chiaro segno.

Per avviare un sostanziale processo di maturazione in un giovane con le vulnerabilità di Amir occorre tempo, pazienza, occorrono adulti in grado di trasmettere fiducia e voglia di crederci. I percorsi degli adolescenti non sono lineari ma fatti di inciampi, involuzioni, esitazioni. Per questo sarà importante per lui poter contare sulle attività e sulle attenzioni di un servizio come il Centro Diurno Diffuso, da scegliere liberamente e non come una prescrizione. Un luogo di adulti affidabili e di prospettive realistiche e possibili per il suo futuro.

 

 

In questo articolo Alberto Dal Pozzo, responsabile del progetto di Arimo, parla del Centro Diurno Diffuso: 

I due anni di sperimentazione del “Centro Diurno Diffuso - Progetti educativi di territorio” di Arimo Cooperativa Sociale

Alcune esperienze, dalla voce degli operatori del Centro Diurno Diffuso:

I ragazzi e le ragazze del Centro Diurno Diffuso di Arimo: Felipe

Sergio Panigada
Tutor per l'Autonomia, lavora nei progetti dei Servizi di Orientamento Professionale e Avviamento al Lavoro di Arimo Cooperativa Sociale.

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