Gli interventi psicologici mirati possono migliorare significativamente la resistenza a lungo termine alla disinformazione, un pericolo soprattutto per i giovani che hanno meno strumenti critici e esperienza per contrastare gli effetti delle tante forme di manipolazione informativa presenti in particolare su internet e nei social media.
Denominati "richiamo psicologico", questi interventi migliorano la conservazione della memoria e aiutano gli individui a riconoscere e resistere alle informazioni fuorvianti in modo più efficace nel tempo.
È quello che afferma uno studio pubblicato su Nature Communications, il quale esplora come diversi approcci, tra cui messaggi basati su testi, video e giochi online, possano “vaccinare” contro la disinformazione.
I ricercatori delle Università di Oxford, Cambridge, Bristol, Potsdam e King's College di Londra hanno condotto cinque esperimenti su larga scala con oltre undicimila partecipanti per esaminare la durata di questi interventi e trovare modi per rafforzarne gli effetti.
I ricercatori hanno testato tre tipi di metodi di prevenzione della disinformazione:
- Interventi basati su un testo, in cui i partecipanti leggono messaggi preventivi che spiegano le tattiche più comuni di disinformazione.
- Interventi basati su video, brevi clip didattiche che svelano le tecniche di manipolazione emotiva utilizzate nei contenuti fuorvianti.
- Interventi attraverso videogiochi, in particolare un gioco interattivo che insegna alle persone a riconoscere le tattiche di disinformazione, chiedendo loro di creare le proprie (fittizie) notizie false in un ambiente sicuro e controllato.
I partecipanti sono stati quindi esposti alla disinformazione e valutati sulla loro capacità di rilevarla e resistervi nel tempo.
Lo studio ha scoperto che, sebbene tutti e tre gli interventi fossero efficaci, i loro effetti sono diminuiti rapidamente nel tempo, dato che ha portato ovviamente a domande su quale possa essere il loro impatto a lungo termine.
Tuttavia, fornire interventi "booster" per migliorare la memoria di quanto appreso, come un promemoria di follow-up o un messaggio di rinforzo, ha contribuito a mantenere la resistenza alla disinformazione per un periodo significativamente più lungo.
Lo studio ha scoperto che la “longevità” della resistenza alla disinformazione era principalmente determinata da quanto bene i partecipanti ricordavano l'intervento originale.
Si è anche scoperto che i promemoria di follow-up o gli esercizi di potenziamento della memoria estendevano significativamente l'efficacia dell'intervento iniziale, proprio come i vaccini di richiamo medici.
Al contrario, i ricercatori hanno scoperto che i booster che non si concentravano sulla memoria ma, piuttosto, sull'aumentare la motivazione dei partecipanti a difendersi ricordando loro l'incombente minaccia della disinformazione, non avevano alcun beneficio misurabile sulla longevità degli effetti.
Il ricercatore capo, il dottor Rakoen Maertens del Dipartimento di psicologia sperimentale dell'Università di Oxford, ha affermato che "La disinformazione è una sfida globale persistente, che influenza tutto, dai dibattiti sui cambiamenti climatici all'esitazione vaccinale.
La nostra ricerca dimostra che proprio come le iniezioni di richiamo sanitarie migliorano l'immunità, le iniezioni di richiamo psicologiche possono rafforzare la resistenza delle persone alla disinformazione nel tempo.
Integrando tecniche di potenziamento della memoria nei programmi di istruzione pubblica e di alfabetizzazione digitale, possiamo aiutare le persone a conservare queste competenze critiche per molto più tempo".
Il professor Stephan Lewandowsky, titolare della cattedra di psicologia cognitiva presso l'Università di Bristol e coautore dello studio, ha sottolineato quanto siano validi per generalità i risultati della ricerca in questione.
Ha affermato che "È importante che gli effetti degli interventi di “inoculazione” siano stati pressoché gli stessi per video, giochi e materiale basato su testo. Ciò rende molto più facile implementare l'inoculazione su larga scala e in un'ampia gamma di contesti per potenziare le capacità delle persone, e dei giovani, nel riconoscere quando vengono ingannate".
Lo studio evidenzia l'urgente necessità di interventi di contrasto della disinformazione più duraturi e su larga scala e sottolinea l'importanza della collaborazione tra ricercatori, amministratori politici e piattaforme di social media per integrare queste intuizioni nelle campagne di informazione pubblica.
Un’operazione che dovrebbe partire dalle scuole, per intercettare da subito le possibili vittime della disinformazione, i giovani, che sono ancora più vulnerabili e manipolabili.