Una nuova ricerca mette in discussione opinioni, convinzioni e “miti” tradizionali della psicologia, come l’idea ormai di senso comune che la relazione con i genitori e lo stile di genitorialità sia l'influenza principale sulla personalità adulta.
Una revisione approfondita della psicologia contemporanea ha rivelato che molte “credenze” consolidate sulla salute mentale e sul funzionamento del cervello necessitano di un significativo ripensamento.
Lo psicologo Michael W. Eysenck smonta alcune di queste convinzioni comuni nel suo nuovo libro “Rethinking Psychology: Finding Meaning in Misconceptions”.
Miti psicologici popolari smascherati
Uno dei miti sotto esame è che uomini e donne abbiano tratti di personalità completamente diversi, un argomento che secondo il Dr. Eysenck ha attirato "più sciocchezze di quasi qualsiasi altro tema in psicologia".
In realtà, gli studi hanno mostrato risultati contrastanti e le conclusioni tendono a variare in base alla geografia, alla cultura e alla demografia.
Un altro mito diffuso è che la genitorialità sia la maggiore influenza sulla personalità, quando invece una revisione della letteratura ha mostrato che i fattori genetici giocano un ruolo molto più significativo nella formazione della personalità adulta.
Allo stesso modo, l'autore presenta ricerche che suggeriscono che la maggior parte del pubblico crede nel potere dei messaggi subliminali, in parte a causa della loro presenza nei media, ma le prove a sostegno della teoria sono relativamente deboli.
Il Dr. Eysenck smentisce anche l'idea che l'“allenamento cerebrale” migliori la funzione cerebrale, quando in realtà il fattore più importante per l’intelligenza è la genetica.
"A volte la ragione delle interpretazioni distorte della ricerca psicologica si trova dentro di noi” spiega.
"Scegliamo di credere ai miti in psicologia perché confermano ciò che vorremmo fosse vero, o ciò che sembra coerente con la nostra conoscenza generale e/o esperienza personale".
Miti sulla salute mentale
L'autore affronta anche numerose convinzioni diffuse sui disturbi mentali, affermando che le idee errate sono "sorprendentemente diffuse".
Ad esempio, molte persone credono che le malattie mentali siano dovute quasi esclusivamente alle esperienze di vita, quando in realtà la ricerca mostra un’interazione complessa tra fattori sociali, ambientali e genetici.
"È indiscutibile che le esperienze di vita svolgano un ruolo nello scatenare quasi ogni disturbo mentale", spiega. "Tuttavia non dovremmo concentrarci esclusivamente sugli eventi traumatici. Il loro impatto varia molto da persona a persona.
Un fattore importante è la qualità del supporto sociale che una persona riceve".
Un altro mito è che gli antidepressivi siano molto più efficaci della psicoterapia, quando in realtà i pazienti depressi hanno maggiori probabilità di ricaduta dopo l'assunzione di antidepressivi, poiché i farmaci non risolvono i problemi sottostanti.
Una delle sfide poste dall’autore riguarda l’efficacia della ricerca psicologica attuale e dei sistemi di classificazione della salute mentale.
Il libro rivela che il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” (DSM-5) elenca ora 541 disturbi distinti, segno di un’eccessiva categorizzazione. Poiché molti disturbi condividono caratteristiche di base, è tempo di rivedere questa tendenza alla granularità – lo sviluppo di trattamenti sempre più specifici per condizioni rigidamente definite.
Riconoscere e evitare i miti
Per contrastare alcuni dei miti più radicati, Eysenck suggerisce che le persone diventino più critiche.
Dimostra come le rappresentazioni mediatiche spesso distorcano la realtà psicologica: i film rappresentano in modo drammatico e impreciso i disturbi mentali, i notiziari tendono al sensazionalismo e i libri di psicologia popolare spesso semplificano eccessivamente questioni complesse.
Consiglia di prestare attenzione ai resoconti semplificati e suggerisce anche di diffidare delle prove aneddotiche, del “confirmation bias” (credere a qualcosa solo perché è coerente con ciò che si è sempre creduto) e del pensiero illusorio.
Nel mondo accademico, l’autore propone cambiamenti significativi nel modo in cui la ricerca psicologica viene condotta e pubblicata.
Elenca preoccupazioni serie riguardo la riproducibilità degli studi, e nota come gli interessi commerciali influenzino pesantemente i risultati introducendo bias significativi.
Il libro si conclude con un appello per una maggiore trasparenza nella ricerca, una riduzione dell’influenza delle aziende e standard più rigorosi per la riproducibilità degli studi scientifici.