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61% di ragazzi e ragazze vittime di bullismo o cyberbullismo
93% si è sentito solo. Un altro effetto del covid19
I dati dell’osservatorio indifesa 2020 di terre des hommes e scuolazoo
Bullismo e Cyberbullismo rimangono una delle minacce più temute tra gli adolescenti, dopo droghe e violenza sessuale. Ragazzi e ragazze non si sentono al sicuro sul web e dopo il cyberbullismo, è il Revenge porn a fare più paura, soprattutto tra le ragazze.
Nell’anno del covid-19 i giovani esprimono tutta la sofferenza per il senso di solitudine, il 93% di loro afferma di sentirsi solo, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente.
4 febbraio 2021, Milano. L’osservatorio indifesa, realizzato nel corso del 2020, anche quest’anno ci riporta una fotografia della realtà raccontata direttamente dai ragazzi, attraverso le risposte di 6.000 adolescenti, dai 13 ai 23 anni, provenienti da tutta Italia.
Preoccupano i numeri di quella che sembra essere un’esperienza di sofferenza quotidiana per troppi giovani: il 68% di loro dichiara di aver assistito ad episodi di bullismo, o cyberbullismo, mentre ne è vittima il 61%.
Ragazzi e ragazze esprimono sofferenza per episodi di violenza psicologica subita da parte di coetanei (42,23%) e in particolare il 44,57% delle ragazze segnala il forte disagio provato dal ricevere commenti non graditi di carattere sessuale online.
Dall’altro lato l’8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo, o cyberbullismo, percentuale che cresce fino al 14,76% tra i ragazzi.
I ragazzi della GenZ conoscono bene la pericolosità del web
Tra i partecipanti alla rilevazione 6 su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro online. Sono le ragazze ad avere più paura, soprattutto sui social media e sulle app per incontri, lo conferma il 61,36% di loro. Tra i rischi maggiori sia i maschi che le femmine pongono al primo posto il cyberbullismo (66,34%), a seguire per i ragazzi spaventa di più la perdita della propria privacy (49,32%) il Revenge porn (41,63%) il rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%) stalking (36,56%) e di molestie online (33,78%). Mentre dopo il cyberbullismo, l’incubo maggiore per le ragazze è il Revenge porn (52,16%) insieme al rischio di subire molestie online (51,24%) l’adescamento da parte di malintenzionati (49,03%) e la perdita della propria privacy (44,73%).
Il Revenge porn emerge come nuovo tema che preoccupa i giovani
Proprio il Revenge porn è stato un nuovo tema affrontato dai ragazzi nella rilevazione di quest’anno. 1 adolescente su 3 conferma di aver visto circolare foto intime sue, o di amici sui social network.
Quasi tutte le ragazze (95,17%) però riconoscono che vedere le proprie foto/video hot circolare senza il proprio consenso online, o su cellulari altrui è grave quanto subire una violenza fisica. La percentuale scende leggermente per i ragazzi (89,76%).
Persistono, anche se minoritari, vecchi pregiudizi da sconfiggere, il 15,21% dei ragazzi considera come una “ragazza facile” la ragazza che decide di condividere foto o video a sfondo sessuale con il/la su* partner. Mentre per le ragazze questo è vero per l’8,39% dei casi.
Nell’anno del COVID-19 aumenta in modo preoccupante il senso di solitudine
Pesanti le conseguenze, per i ragazzi italiani, del COVID-19 e delle misure di isolamento e distanziamento sociale: il 93% degli adolescenti ha affermato di sentirsi solo, con un aumento del 10% rispetto alla rilevazione precedente. Un aumento ancora più significativo se si pensa che la percentuale di chi ha indicato di provare solitudine “molto spesso” è passata dal 33% a un drammatico 48%.
“I dati dell’Osservatorio Indifesa 2020 destano allarme e ci dicono come gli effetti della pandemia e i drastici cambiamenti che questi hanno portato nella vita dei ragazzi siano già oggi drammatici. L’isolamento sociale, la didattica a distanza e la perdita della socialità stanno provocando una profonda solitudine e demotivazione ma anche ansia, rabbia e paura - afferma Paolo Ferrara Direttore Generale di Terre des Hommes.
La solitudine sta portando anche a un ripiegamento sempre maggiore nei social dove aumentano i rischi di bullismo, cyberbullismo e, per le ragazze, di Revenge porn. Finalmente la legge n. 69/2019 ha disciplinato questa fattispecie come reato, ma non possiamo abbassare la guardia sugli aspetti educativi: il Revenge porn sottintende il tradimento di un rapporto di fiducia ed è fondamentale ribadire che non possono essere ammessi atteggiamenti ambigui o colpevolizzanti nei confronti delle vittime!
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24 gennaio, Torino. Si celebra la Giornata internazionale dell’educazione: una giornata proclamata nel 2019 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite per riconoscere all’educazione la sua centralità per il benessere umano e lo sviluppo sostenibile. Il diritto all’educazione è sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che prevede un’istruzione elementare gratuita e obbligatoria, come si legge nella Costituzione Italiana.
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte interviene promuovendo l’importanza di una comunità educante capace di sostenere il benessere di bambini e ragazzi attraverso la collaborazione e la sinergia di tutti gli attori di un territorio.
“I dati ISTAT relativi al Piemonte ci dicono che le persone con età tra 0 e 19 anni nel 2019 sono più di 700.000 - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) - Per noi sono 700.000 storie importanti, tutte diverse, anzi uniche. Storie che vanno comprese e tutelate. Oggi la differenza è fatta dal contesto all’interno del quale crescono i nostri bambini e i nostri giovani. Che si tratti di un quartiere popolare o di una zona montana, la differenza è fatta dalla possibilità di accedere ai servizi e alle opportunità di socializzazione o di fare sport. Per questo diventa fondamentale il ruolo di una comunità sociale coesa nell’intento di creare opportunità. Una comunità capace di considerare tutti, e consapevole che educare non significa portare tutti ad eccellere ma aiutare ognuno a crescere nel migliore dei modi. Per questo ci piace ricordare lo slogan “Nella vita si può anche non capire”, riportata sulla t-shirt di un docente il giorno degli scrutini per rivendicare il diritto a non capire da parte degli studenti. La maglietta è stata un dono dei suoi allievi per sottolineare il rispetto della diversità e dei tempi di ognuno, anche se differenti dai propri. La cultura (come ci richiama Umberto Galimberti) non è soltanto un’educazione intellettuale, ma soprattutto educazione delle emozioni e quindi dei comportamenti. Se si vuole operare un contrasto efficace e preventivo alla povertà educativa e all’abbandono scolastico occorre integrare e valorizzare gli studenti che, pur impegnandosi, non brillano e magari non riescono ad ottenere grandi risultati”.
Il report di dicembre 2020 sullo stato dell’istruzione nel mondo redatto dalla Banca Mondiale evidenzia il drammatico aumento del numero di minori privati dalla pandemia della possibilità di istruirsi. Su 720 milioni di bambini afferenti alla fascia d’età del ciclo delle elementari, la povertà educativa, intesa anche come mancanza di opportunità non meramente scolastiche come il diritto al gioco e alle attività sportive, colpisce 382 milioni di loro.
Sabrina Anzillotti (Consigliera Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) precisa: “L’emergenza sanitaria farà innalzare ulteriormente sino a 454 milioni il totale di bambini che presentano problematiche connesse alla difficoltà di apprendimento, di lettura e comprensione di un testo. La situazione è aggravata inoltre dal blocco delle attività in presenza e dalla perdita di reddito delle famiglie. Le ragazze pagano il prezzo più alto. Il 63% è costretto a dedicare più tempo alle faccende domestiche, ostacolando il diritto allo studio. La pandemia ha evidenziato e acuito le disuguaglianze precedenti: 1 studente su 8 non possiede un laptop, 2 minori su 5 vivono in case prive di spazi adeguati per studiare, soprattutto nelle aree più svantaggiate del nostro Paese”.
A dettagliare un quadro già brutale è l’indagine Ipsos “I giovani ai tempi del coronavirus”, che fa emergere che ben 34 mila studenti italiani sono a rischio di abbandono scolastico per gli effetti della pandemia e della didattica a distanza. Il 46% degli studenti definisce l’anno che sta vivendo “un anno sprecato”.
Anzillotti prosegue: “Risulta necessario promuovere interventi per dar voce e visibilità alle giovani generazioni, combattendo così un orizzonte che si preannucia cupo e con poche prospettive. Occasioni come il Learnig planet festival 2021, che propone una conferenza online sul tema: “Recuperare e rivitalizzare l’educazione per la generazione Covid-19”, servono ad ispirare e responsabilizzare gli studenti di tutte le età affinché contribuiscano alla creazione di un futuro migliore e più a loro misura, per renderli capaci di invertire quel senso di “inutilità” sperimentato in questo periodo di emergenza. Occorre inoltre tornare alla mission di contrastare la povertà partendo proprio da quella educativa, arginando così il circolo vizioso che muove da quella materiale a quella delle opportunità di crescita, favorendo il protagonismo dei giovani e il consolidamento di una comunità educante che attivi percorsi di cittadinanza attiva per ascoltare, accogliere, sostenere nella pratica quotidiana la ostruzione del futuro delle nuove generazioni”.
Rosina conclude: “Apprendiamo dai mass-media che la Giunta di Rivoli ha presentato una mozione dal titolo “I rischi della cultura gender”. Sul tema siamo già intervenuti nel 2017 e se si fanno passi avanti, in alcuni contesti e istituzioni, c’è sempre il rischio dietro l’angolo che si vada indietro. Nei giorni moderni, dove le criticità e le fragilità sociali sono maggiori, sta capitando più spesso del previsto. Per questa ragione, è importante presidiare, oggi più di prima, perché i diritti di tutti vengano tutelati. La povertà educativa è generata anche da una comunità che non è in grado di insegnare valori umani fondamentali quali l’accettazione delle diversità, l’integrazione sociale, la tolleranza e l’uguaglianza”.
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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Rivista promossa dall’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia.
Numero 2/2020. La famiglia nella crisi adottiva.
Qui l'indice e l'anteprima degli articoli
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Siamo reti di associazioni, cooperative sociali e cittadini che vivono e lavorano a fianco degli adolescenti, promuovendo in tutta Italia progetti di sostegno e di protagonismo in favore di ragazze e ragazzi. In questi mesi stiamo raccogliendo un crescente disagio rispetto a come essi si sentono trattati dalle Istituzioni.
Le conseguenze della tragica esperienza della pandemia ricadranno pesantemente sui giovani, che hanno subìto un brusco arresto nel loro naturale percorso di emancipazione dal nucleo familiare, che spesso hanno perso i loro nonni - punti di riferimento primari nella nostra società -, che si troveranno a dover sostenere il peso di un debito che necessariamente oggi lo Stato deve contrarre per fra fronte alle esigenze economiche originate dalla crisi.
Riteniamo, quindi, necessario che le Istituzioni facciano ogni sforzo possibile per mitigare gli effetti di questa situazione, in primo luogo tornando a garantire pienamente il diritto alla scuola.
La scuola non è solo didattica, ma anche luogo di apprendimento collaborativo, di relazioni e di esperienze. È proprio questo specifico contesto relazionale che concorre a formare i giovani cittadini. Precludere l’accesso a questo spazio avrà conseguenze pesantissime nei prossimi anni in termini di crescita del tasso di dispersione scolastica, aumento delle problematiche e patologie connesse alla fase di crescita degli adolescenti, riduzione della produttività complessiva del paese.
La scuola produce un bene essenziale per la collettività: il futuro. Lo fa, formando i cittadini che quel futuro stanno già scrivendo. È un bene che dobbiamo coltivare e preservare con ogni mezzo perché sono lo sguardo e la parola dei giovanissimi che potranno indicarci la strada da intraprendere per costruire un mondo più giusto e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale (vedi, ad esempio, il movimento Fridays for Future). Solo una classe dirigente con un respiro corto può pensare che la didattica a distanza sia sufficiente per garantire la produzione di questo bene.
Per questo chiediamo con forza che ci sia una diversa attenzione ai giovani, e in particolare alla fascia degli studenti delle scuole superiori.
Ben sapendo che la situazione è complessa, invitiamo le Istituzioni a realizzare tempestivamente le seguenti due azioni:
- Equiparare la scuola superiore alle attività produttive essenziali, prevedendo che almeno il 50% delle attività sia sempre svolto in presenza (fatti salvo i casi di lockdown totale delle attività produttive).
- Inserire gli studenti delle scuole superiori (compatibilmente con le fasce d’età per cui il vaccino è testato) e il personale scolastico tra le categorie prioritarie per la vaccinazione. Questa azione avrebbe una forte valenza simbolica e potrebbe contribuire a ridurre i problemi connessi ai trasporti verso le
CNCA
Forum Disuguaglianze Diversità Associazione Culturale Pediatri
ALI per Giocare
Centro Studi Saveria Antiochia Osservatorio antimafia (SAO) Rete I.T.E.R.
Associazione Agevolando
Soroptimist Italia
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In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), l'Osservatorio indifesa di Terre des Hommes e ScuolaZoo rende noti i dati dell'ultima ricerca, condotta su 5.700 adolescenti e giovani di età compresa tra i 13 e i 23 anni. Ragazze e ragazzi hanno le idee chiare: la violenza non è solo stupro, ma anche pressioni psicologiche, discriminazioni nei luoghi di studio e di lavoro, commenti sessisti sui social, bullismo e cyberbullismo, revenge porn. E la scuola non è sentita come luogo sicuro o in cui trovare conforto, ma è qui che 5 ragazzi su 10 dedicherebbero almeno un'ora a settimana per impegnarsi in prima persona nella lotta alla violenza di genere e di orientamento sessuale.
Milano, 25 novembre 2020 – La violenza di genere è reale, si consuma ai danni delle ragazze e delle donne in molti modi e forme, subdole o palesi, attraverso gesti, parole o comportamenti discriminatori, ed è un ostacolo concreto allo sviluppo delle ragazze come persone, come attori della società, come risorse per l'economia. Questa è la visione dei più giovani, nati tra il 1997 e il 2007, che emerge dall'ultimo questionario dell'Osservatorio indifesa di Terre des Hommes e ScuolaZoo sulla percezione della disparità fra generi e violenza, discriminazioni e stereotipi di genere, bullismo, cyberbullismo e sexting fra la GenZ italiana. I risultati dell'indagine giungono in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), ricorrenza che assume un significato ancora più forte nell'anno della pandemia da Coronavirus, che ha impattato pesantemente sul fenomeno della violenza domestica[1].
"La violenza sulle donne e sulle ragazze sta esplodendo sempre di più, anche a causa del lockdown. Un'emergenza nell'emergenza che cresce all'interno delle nostre case e corre sul web, ma che trova anche in altri luoghi un terreno avvertito come sempre più fertile”, dichiara Paolo Ferrara, Direttore Generale di Terre des Hommes. "I ragazzi e, soprattutto le ragazze, ne sono consapevoli, percepiscono la violenza e la discriminazione di genere come un'urgenza su cui intervenire e vogliono essere protagonisti in prima persona di un cambiamento che avvertono sempre più centrale sia a livello locale che a livello mondiale. È ora che la politica, le imprese, gli enti filantropici e i media facciano un passo avanti deciso per contrastare la violenza e la discriminazione e la mettano, finalmente, al centro delle loro agende”.
L'ITALIA "NON È UN PAESE PER DONNE” PER 9 RAGAZZE SU 10
Tra i più giovani esiste una forte consapevolezza del fenomeno. Secondo l'Osservatorio, l'85% dei ragazzi ritiene che in Italia ci sia un reale allarme femminicidi e violenza contro le donne, ma il dato medio cela un'importante differenza di genere: sono 7 su 10 i maschi che ritengono vi sia un allarme fondato, ma il rapporto sale fino a 9 su 10 se si considerano le risposte delle femmine. Solo il 15% non crede che ci sia un rischio diffuso, ma anche qui il dato scorporato per genere parla di un 29% di maschi a fronte di un 10% di femmine.
Rispetto alla violenza assistita, più della metà degli intervistati (51%) è stato spettatore di forme di violenza verbale, il 39% a forme di violenza psicologica, 1 su 4 ha visto con i suoi occhi episodi di violenza fisica come schiaffi e calci (14%) e lancio di oggetti (10,5%). C'è anche un 33% che dice di non essersi mai trovato di fronte a violenze contro le donne.
Parlando poi di violenza subita dai ragazzi almeno una volta nella vita, emergono al primo posto gli atti di bullismo (45%) che se sommati a quelli di cyberbullismo (16%) interessano oltre 6 ragazzi su 10. Seguono la violenza psicologica da parte di coetanei (42%), commenti a sfondo sessuale da parte di estranei online (36%), violenza psicologica da parte di adulti (24%). Nei ragazzi forte è anche la consapevolezza della globalità del problema. Guardando fuori dall'Italia, ai paesi più poveri del mondo, il 77% dei giovani vede nei matrimoni forzati una delle più penose piaghe subite dalle ragazze, seguito da abusi e maltrattamenti (65%), prostituzione e tratta (54%), gravidanze precoci e violenze sessuali (entrambe al 45%), mutilazioni genitali e sfruttamento lavorativo (entrambi al 37%).
DISCRIMINAZIONI, PREGIUDIZI, ALLUSIONI: LA VIOLENZA NON È SOLO FISICA, ALLARME WEB E SOCIAL
Il 54% degli studenti che hanno partecipato al questionario ritiene che le molestie sessuali siano la forma di discriminazione peggiore che subiscono le donne, ma a questo dato si associa quello sulla discriminazione economica, che viene riconosciuto dal 13% degli intervistati, e sul mancato riconoscimento delle proprie capacità, segnalato dal 19%. Il posto di lavoro è il primo tra i luoghi in cui c'è più violenza/discriminazione contro le ragazze/donne: lo pensa il 66% dei ragazzi. Il 48% sente come luogo di discriminazione il web, e il 33% indica gli ambienti della politica. Quanto alle minacce maggiori per un/a ragazzo/a, il 34% ritiene che sia la violenza sessuale, seguita con un distacco di 5 punti percentuali dalle droghe (30%) e da bullismo e cyberbullismo che insieme ottengono il 28% delle risposte. Ma cos'è una molestia sessuale? Per il 76% lo è qualsiasi contatto fisico indesiderato; il 59% indica il fenomeno del revenge porn e la stessa percentuale parla dei comportamenti "inappropriati” a sfondo sessuale su web e social, e del tentativo di violenza fisica. 4 punti in meno, con il 55% delle risposte, emerge anche il tema dei commenti sessisti e delle insinuazioni a sfondo sessuale.
FIDUCIA E RIFUGIO: LA MAMMA SÌ, LA SCUOLA NO MA RIMANE LUOGO DI IMPEGNO
La mamma rimane la persona di cui i ragazzi si fidano di più: il 36% la considera il punto di riferimento in caso di difficoltà. Solo 1 su 4 indica gli amici e 1 su 10 il fratello o la sorella. Ancora più giù troviamo il partner (9%) e poi il papà (6%). La figura dell'insegnante non raggiunge l'1% delle risposte (0,7%). Il 48% confiderebbe alla mamma una violenza subita, seguita immediatamente dagli amici (46%); ben distanziati troviamo il partner e il papà (entrambi al 21%) e il fratello/sorella (18%). Significativo che più di 1 su 10 (11%) dichiari che non si confiderebbe con nessuno.
La scuola non è dunque percepita come baluardo dinanzi a un pericolo, anzi addirittura il 20% del campione lo ritiene il luogo in cui si sente meno sicuro. Per contro, passando dalle percezioni alle esperienze concrete, il 70% delle ragazze dichiara di non essersi mai sentita discriminata in classe, da compagni o insegnanti, perché femmina. Anzi, la scuola diventa luogo in cui impegnarsi per combattere contro pregiudizi e violenze di genere: il 51% degli intervistati dedicherebbe 1 o più ore a settimana per impegnarsi in prima persona a scuola nella lotta alla violenza di genere e di orientamento sessuale, mentre il 23% dedicherebbe 1 o più ore al mese.
Per questo Terre des Hommes e ScuolaZoo chiedono che nelle scuole siano attivati e promossi dei meccanismi di peer education, che consentano ai ragazzi di essere protagonisti di un cambio culturale anche e soprattutto nei confronti dei propri coetanei. Le istituzioni scolastiche devono favorire la partecipazione degli studenti tramite momenti di formazione specifici e offrire spazi in cui la loro voce possa essere ascoltata. Inoltre, è importante che strumenti come l'Osservatorio indifesa, che raccolgono senza filtri l'opinione dei giovani su argomenti cruciali per la loro vita, diventino un punto d'osservazione permanente e riconosciuto dalle istituzioni governative per orientare le politiche sui temi che li riguardano.
«ScuolaZoo entra in contatto quotidianamente con oltre 4 milioni di studenti in tutta Italia e lo facciamo con un dialogo vero, cioè chiedendo e ascoltando il loro punto di vista», commenta Francesco Marinelli, Direttore Editoriale di ScuolaZoo. «Con i nostri contenuti e progetti editoriali cerchiamo di intrattenerli, informarli, rendendoli protagonisti di tutte le iniziative editoriali. Perché questa generazione, la GenZ, vuole esprimersi e rendersi parte attiva, e noi rappresentiamo il loro megafono. È grazie a questo tipo di approccio che riusciamo a metterci in sintonia con loro, attraverso un linguaggio comune. E siamo contenti di essere promotori di messaggi come quelli che Terre des Homme da sei anni ha scelto di trattare e divulgare insieme a noi».
Giunto alla settima edizione, l'Osservatorio indifesa è realizzato con il coinvolgimento diretto dei R.I.S - Rappresentanti d'Istituto ScuolaZoo, primo e unico network nazionale apartitico di Rappresentanti d'istituto delle scuole superiori che collabora per migliorare la scuola italiana in modo inclusivo e partendo dai ragazz*.
I R.I.S. hanno rivisitato contenuti e forma del questionario, in modo da creare un'indagine che partisse dalle domande della GenZ e che utilizzasse il linguaggio dei giovani. Il questionario è stato poi distribuito in tutte le 349 scuole d'Italia in cui sono presenti i R.I.S. e online, attraverso i canali social di ScuolaZoo.
L'OSSERVATORIO SUGLI ADOLESCENTI ITALIANI E IL NETWORK INDIFESA
Dal 2014 Terre des Hommes, in collaborazione con ScuolaZoo, porta avanti l'Osservatorio indifesa, uno strumento per ascoltare la voce dei ragazzi e delle ragazze italiane su violenza di genere, discriminazioni, bullismo, cyberbullismo e sexting. Dal suo avvio a oggi più di 26.000 ragazzi e ragazze di tutta Italia sono stati coinvolti tramite il sito e il canale instagram di ScuolaZoo (4 milioni di follower) in quello che rappresenta, a oggi, l'unico punto d'osservazione permanente su questi temi. Uno strumento fondamentale per orientare le politiche delle istituzioni e della comunità educante italiana.
Dal 2018 Terre des Hommes, assieme all'associazione Kreattiva, ha dato vita al Network indifesa, la prima rete italiana di WebRadio e giovani ambasciatori contro la discriminazione, gli stereotipi e la violenza di genere, bullismo, cyber-bullismo e sexting. La rete, fondata sulla partecipazione e il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze attraverso il coinvolgimento attivo in tutte le fasi del progetto, ha stimolato gli studenti degli istituti secondari di secondo grado a realizzare programmi radio mirati alla conoscenza e alla riflessione su violenza, discriminazioni e stereotipi di genere. Al progetto Network indifesa, finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di BIC® e BIC Foundation, hanno già aderito 12 WebRadio di tutto il territorio nazionale. Per info: www.networkindifesa.org
La Campagna "indifesa” di Terre des Hommes è nata per garantire alle bambine di tutto il mondo istruzione, salute, protezione da violenza, discriminazioni e abusi. Con questa grande campagna di sensibilizzazione Terre des Hommes ha messo al centro del proprio intervento la promozione dei diritti delle bambine nel mondo, impegnandosi a difendere il loro diritto alla vita, alla libertà, all'istruzione, all'uguaglianza e alla protezione. Tutto ciò a partire da interventi sul campo volti a dare risultati concreti per rompere il ciclo della povertà e offrire migliori opportunità di vita a migliaia di bambine e ragazze nel mondo.
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25 novembre, Torino. L’emergenza generata dall’epidemia di coronavirus ha aumentato gli episodi di violenza sulle donne, poiché spesso la violenza avviene dentro la famiglia. E se i membri non hanno possibilità di uscire dal contesto familiare, sono inevitabilmente più esposti a ciò che accade all’interno delle abitazioni.
Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) identifica gli ingranaggi di un sistema messo in difficoltà dell’emergenza: “Le disposizioni normative in materia di distanziamento sociale utili a contenere il contagio si sono rivelate un elemento ostacolante l’accoglienza delle vittime. È più difficile depositare una denuncia, occorre più tempo per farsi refertare gli esiti della violenza, colleghi impegnati nel settore segnalano la difficoltà a sottoporre le donne al tampone in tempi brevi per procedere con l’ingresso in struttura, la scarsa disponibilità di posti, agenti delle Forze dell’Ordine ridotti di numero perché malati”.
Cinzia Spriano (consigliera dell’Ordine ed esperta in materia) dichiara: “Nel rispetto delle prescrizioni emergenziali previste, i servizi socio-assistenziali – essendo essenziali - sono aperti, e garantiscono l’operatività e il funzionamento in questa seconda ondata come nella prima. Anche i centri antiviolenza e le case rifugio sono attivi. Tuttavia, sono emerse criticità nella fase di accoglienza della donna e anche di messa in protezione, ad esempio con la convalida di arresti (che in alcuni casi sono stati coordinati “da remoto”). Si è registrata una diminuzione delle denunce da parte delle donne in primavera, riprese poi nell’estate dove si sono registrati aumenti di notizie di reato che riguardano principalmente il delitto di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e di “atti persecutori” (art. 612 bis c.p.). Se ne deduce che le vittime hanno avuto meno occasioni per poter accedere ai commissariati o alle caserme, perché non potevano uscire a causa dell’emergenza sanitaria ed erano più controllate. Servono procedure più coordinate tra servizi sociali e Forze dell’Ordine. Il sistema dei servizi esiste e sta in piedi, ma in questo periodo di crisi si sono acuite pericolosamente le problematiche già esistenti e da tempo segnalate a livello politico”.
“I Centri antiviolenza e le Case rifugio - ricorda Barbara Rosina - costituiscono il fulcro della rete territoriale nei percorsi di accompagnamento delle donne nella fuoriuscita dal circuito della violenza. In Piemonte sono attivi 20 Centri antiviolenza, 81 sportelli, 12 Case rifugio per le donne vittime di violenza e di maltrattamenti. I finanziamenti regionali convogliano quasi esclusivamente nel supporto dei centri, mentre sono scarsi per i servizi sociali che quotidianamente operano in aiuto di donne vittime appartenenti a contesti multiproblematici. Senza dimenticare la necessità di lavoro di prevenzione da fare con i giovani (educazione sentimentale, percorsi che aiutino i genitori ad accompagnare i figli alla parità di genere), un ulteriore sostegno è necessario inoltre per l'attivazione di percorsi di rieducazione degli uomini autori di violenza, in particolare sul piano della prevenzione, già previsto nel Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020. Ricordiamo che il Dipartimento per le pari opportunità, come raccomandato nell’art. 16 della Convenzione di Istanbul, riserva specifiche risorse per il sostegno di programmi di prevenzione, recupero e trattamento per uomini maltrattanti per prevenire la recidiva e per favorire l’adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali. Occorre lavorare affinché anche questi percorsi siano accessibili su tutti i territori, ne discuteremo il prossimo 30 novembre nel corso di una tavola rotonda nella quale si rifletterà sugli interventi legati al recupero degli autori di violenza.”.
Conclude la Presidente dell’Ordine Assistenti sociali del Piemonte Barbara Rosina: “Ci associamo alle parole del Premier Conte pronunciate nella giornata di ieri al Senato durante l’evento “Dalla parte delle donne. Il ruolo fondamentale dei centri antiviolenza”, organizzato dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio. Riteniamo fondamentale il ruolo della politica nel guidare ed indirizzare una comunità nazionale con la massima fermezza, affidandosi agli esperti che, oltre che dialogare con la società, possono offrire alla politica stessa una più completa consapevolezza. Ciò può garantire un rafforzamento della osmosi tra sistemi ed istituzioni e società civile sul tema dei diritti alimentando un circolo virtuoso tra i diversi poli. Solo una politica adeguatamente formata e informata su questi temi può agire in maniera efficace. Gli assistenti sociali non si tirano indietro, le loro competenze e conoscenze sono a disposizione delle istituzioni, della società e della politica per lavorare in termini di prevenzione, formazione ed informazione a favore dei diritti delle vittime e di quelli degli autori di violenza e della società nel suo complesso”.
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ai tempi del COVID-19, quali sfide per il futuro?
Il Gruppo CRC celebra il suo ventennale e pubblica l’11° Rapporto CRC in un momento particolare in cui è in corso la seconda ondata pandemica che sta portando tutte le regioni italiane verso nuove restrizioni. Nel Rapporto, alla cui redazione hanno contribuito 135 operatori delle 100 associazioni che fanno parte del Network, si è provato a recepire l’impatto che la pandemia sta avendo sui quasi 10 milioni di bambini e adolescenti che vivono nel nostro Paese.
Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19, il Gruppo CRC ha messo in evidenza come la crisi avrebbe colpito duramente anche i bambini e gli adolescenti, soprattutto coloro che vivono in contesti e situazioni di fragilità e in condizioni di svantaggio economico, educativo e socio-relazionale. Lo ha fatto tramite i propri editoriali, forte della consapevolezza che deriva dal lavorare sul campo. All’inizio della pandemia il Gruppo CRC aveva denunciato come le persone di età minore fossero rimaste invisibili alle istituzioni, perché di loro si era parlato solo come “figli”, “alunni” o come possibili fonti di contagio e non invece come titolari di diritti, senza pianificare un’azione strategica. Oggi al centro del dibattito ci sono le priorità da individuare nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per poter accedere ai finanziamenti del Fondo Next Generation dell’Unione Europea, tra cui la scuola e la necessità di colmare, il divario territoriale e le grandi disuguaglianze che caratterizzano la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese.
L’11° Rapporto CRC non ci consegna solo una retrospettiva di questi due decenni rispetto ai passi avanti che sono stati fatti e sui ritardi che ancora permangono, ma allarga quindi lo sguardo sull’impatto della pandemia in corso che ha portato alla luce, aggravandole e dilatandole, le criticità monitorate nel corso degli anni e che si riassumono nell’assenza dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nella cultura politico-amministrativa e nell’agenda politica. Nelle raccomandazioni rivolte alle istituzioni competenti si esplicita invece l’auspicio che da questa crisi si possa ripartire con una consapevolezza ritrovata rispetto alla centralità e necessità di investire sui ragazzi e ragazze.
Il lancio del Rapporto avviene on line, in partnership con Vita, attraverso cinque appuntamenti di riflessione da oggi fino al 20 novembre, Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con il coinvolgimento di esperti ed istituzioni. Il Gruppo CRC ha invitato un’ampia rete di soggetti e referenti politici, a condividere il risultato del proprio monitoraggio, per sottolineare quanto sia fondamentale la trasversalità quando si tratta di pianificare efficacemente le politiche per l’infanzia e l’adolescenza e di quanto sia necessario l’impegno a tutti i livelli.
In ogni appuntamento inoltre si è voluto dare spazio alla voce diretta dei ragazzi e delle ragazze,
che neanche in questo periodo hanno avuto uno spazio di ascolto strutturato da parte delle istituzioni.
«Per garantire l’attuazione dei diritti sanciti nella Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, occorre rilanciare una rappresentazione sociale e culturale dell’infanzia come valore da salvaguardare e promuovere», sottolinea Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo CRC.
«Solo un approccio olistico e sistemico, che ponga al centro l’impatto sui bambini e sui ragazzi delle varie norme, misure, fondi e interventi, sia a livello centrale che locale, può produrre l’auspicata inversione di rotta rispetto all’aumento del disagio sociale. Per questo il Rapporto CRC afferma con decisione che servono azioni di sistema per ridurre le disuguaglianze presenti sul nostro territorio».
I cinque appuntamenti (clicca sul link)
Il rapporto
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Filomena Albano, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA), ha concluso il suo incarico lunedì 12 ottobre e ha ripreso il suo ruolo organico come magistrato. Dopo quattro anni di incarico non rinnovabile conclusosi il 28 aprile, Albano ha continuato a ricoprire le sue funzioni in regime di prorogatio, per assicurare la continuità del suo ruolo. L’Autorità garante è fondamentale per dare voce ai bambini, soprattutto quello più vulnerabili e assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti delle persone di minore età, in conformità a quanto previsto dalle convenzioni internazionali tra cui in primis la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’auspicio è che i presidenti di Camera e Senato nominino il prima possibile il nuovo Garante, per garantire che i diritti dei bambini e ragazzi vengano pienamente tutelati ed attuati, visto soprattutto il momento storico che sta vivendo il nostro Paese, segnato dalla pandemia di COVID-19. La pandemia ha portato con sé ripercussioni sociali ed economiche, che hanno aggravato situazioni precarie preesistenti. Questo non fa che mettere ancora di più in evidenza, l’importanza di questa figura di garanzia.
La nomina di una nuova Autorità garante era stata già sollecitata anche dalle 100 associazioni aderenti al Gruppo CRC (Gruppo di lavoro per la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e viene nuovamente richiesta con urgenza tramite lettera inviata ai Presidenti di Camera e Senato. Il Gruppo CRC auspica che venga dato assoluto rilievo alle caratteristiche “di notoria indipendenza, indiscussa moralità e di specifiche e comprovate professionalità, competenza ed esperienza nel campo dei diritti delle persone di minore età nonché delle problematiche familiari ed educative di promozione e tutela delle persone di minore età”, che l’art. 2 della Legge istitutiva n.112/2011 attribuisce a tale figura e che le stesse Osservazioni conclusive indirizzate all’Italia nel 2019 dal Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia, hanno evidenziato. Inoltre, il Gruppo CRC evidenzia l’importanza del ruolo dell’ AGIA nel percorso di approvazione del nuovo Piano Nazionale Infanzia in corso di redazione da parte dell’Osservatorio nazionale infanzia e Adolescenza e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in cui sarà fondamentale dedicare la debita attenzione alle persone di minore età, a partire dal loro diritto all’educazione.
Il Gruppo CRC auspica quindi di poter riportare all’opinione pubblica, nel prossimo Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC), la cui pubblicazione è prevista per il prossimo 20 novembre, l’avvenuta nomina della nuova Autorità.
Per approfondimenti si veda la sezione del sito dedicata agli Istituti di garanzia a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza
- Scritto da Ubiminor
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L’estate 2020 sta finendo e l’autunno, con le sue incognite, sta per iniziare.
Da un lato, la speranza, con l’inizio del nuovo anno scolastico, si è riaccesa; dall’altro lato, il timore della ripresa dei contagi e di quel che accadrà quando cesseranno le garanzie previste dalla legislazione di emergenza, contribuiscono a alimentare un clima di incertezza e un senso di precarietà.
Il riverbero della condizione emergenziale sulle famiglie, in particolare sui nuclei familiari più fragili per ragioni economiche, sociali, sanitarie (o per tutte queste ragioni), non ha tardato a farsi sentire, con un aumento del disagio nelle relazioni. Questo si è manifestato con diverse modalità: dalla crescita dei casi di maltrattamento in famiglia, all’accentuazione del disagio psichico, con esposizione dei soggetti più deboli a situazioni di pregiudizio.
Il tutto in una situazione in cui, a causa del lockdown, i presidi a tutela della famiglia e dei bambini, in primis la scuola, ma anche le varie agenzie sociali come le parrocchie, le associazioni sportive e i Servizi di Territorio (sociali, educativi, psicologici, di NPI, nonché sanitari in genere), hanno sostanzialmente cessato di operare, se non con modalità “da remoto”. Tali modalità, certamente, vengono incontro alla necessità di non lasciare del tutto scoperte aree di fondamentale importanza per il Paese – come l’istruzione, l’educazione e la protezione dell’infanzia – ma sicuramente non possono sostituire la presenza, il senso di comunità, la condivisione e la percezione diretta di eventuali problematiche.
Nel corso dell’estate, peraltro, la cronaca ha segnalato il caso di due bambini, in tenerissima età, morti in maniera traumatica. Si è appreso che le famiglie di entrambi i minori erano conosciute dai Servizi sociali e sanitari. Eppure la situazione di evidente pregiudizio in cui i bambini versavano non aveva fatto scattare quel tipo di preoccupazione idonea a mettere in atto interventi di tutela e protezione che, in determinate circostanze, devono avere riguardo esclusivamente al minore coinvolto.
In questo periodo, poi, è molto alta l’attenzione dell’opinione pubblica sugli effetti dell’allontanamento dei minori dal loro nucleo familiare, in specie quando l’allontanamento viene attuato dai Servizi per l’infanzia ai sensi dell’art. 403 Cod. Civ.
La risonanza emotiva delle ragioni dei genitori dei bambini coinvolti, amplificata dai media, specialmente dopo l’avvio di inchieste giudiziarie – che a breve porteranno a giudizio i soggetti ritenuti responsabili di allontanamenti non giustificati da motivi di evidente pregiudizio – contribuisce ad alimentare un clima di diffidenza nei confronti dei possibili interventi dei Servizi. Ciò implica un timore, da parte dei singoli operatori dei Servizi, di esporsi a possibili denunce o esposizioni mediatiche, ormai sempre più frequenti, visto anche il ruolo che ormai i social media svolgono nella formazione dell’opinione pubblica.
Noi, come UNCM, siamo vivaci assertori del più rigoroso rispetto della normativa vigente e della necessaria implementazione della normativa, la quale non garantisce tuttora un sufficiente e immediato controllo dell’Autorità Giudiziaria sulle decisioni amministrative dei Servizi di Territorio. Riteniamo necessaria e imprescindibile una modifica dell’art. 403 Cod. Civ. attraverso l’introduzione di una procedura che garantisca in tempi celerissimi una forma di controllo giurisdizionale, e dunque un immediato l’intervento del Giudice, il
quale provveda alla convocazione dei familiari del minore allontanato, in una situazione di perfetto contraddittorio, ossia con la piena conoscenza (salvo le situazioni di segreto istruttorio) dei fatti e comportamenti loro addebitati e che hanno giustificato l’agire dei Servizi.
Purtuttavia, riteniamo che il focus dell’intervento dei Servizi e della magistratura debba rimanere il bambino. Ci sono situazioni in cui allontanare un bambino dalla sua famiglia risulta indispensabile anche prima che vengano accertate responsabilità penali o condizioni dei genitori inadeguate per ragioni sanitarie, di dipendenze, o simili. Il traumatico decesso dei due minori di cui si è occupata la cronaca dell’estate appena trascorsa, ci dice un’ovvia verità: se i due bambini fossero stati temporaneamente allontanati dalla loro famiglia di origine e posti in condizione di sicurezza, anche consentendo il mantenimento delle relazioni con i genitori, oggi sarebbero vivi.
La politica, di fronte ad un tema scomodo, come quello della tutela dell’infanzia, ha preferito tacere. Rarissime sono state le voci, anche giornalistiche, che hanno evidenziato il paradosso di un’opinione pubblica sempre pronta a scagliarsi contro assistenti sociali che portano via i bambini, ma che non pare interrogarsi su cosa accade quando tale intervento manchi, a favore di bambini che poi, in famiglia, perdono la vita.
In questo clima, l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori suscita, sul piano politico, qualche perplessità.
Ci interroghiamo sul significato di una tale commissione che, con le competenze declinate all’art. 3 della legge istitutiva (Legge 29 luglio 2020, n.107) sembra voler attuare: una verifica dell’operato dell’Autorità Giudiziaria (numero dei provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 330, 332 e 333 Cod. Civ. e loro attuazione), una verifica del ruolo dei Servizi sociali, anche all’interno del processo, una verifica della temporaneità dell’affidamento, del rispetto dei requisiti strutturali, organizzativi e delle situazioni di incompatibilità all’interno delle comunità di tipo familiare.
Si tratta di competenza che appartengono all’Autorità Giudiziaria che non per nulla è strutturata su più gradi di giudizio o a quella amministrativa, peraltro regionale visto il rinvio dell’art. 117 della Costituzione.
Le comunità di tipo familiare, che costituiscono una delle forma con cui, grazie a una legislazione autenticamente riformatrice e coraggiosa, si è superata l’istituzionalizzazione dei minori privi di un ambiente familiare idoneo, sono dunque oggi - dopo tutte le polemiche già scatenate contro gli affidamenti etero-familiari - sotto la lente d’ingrandimento della politica. Quest’ultima, invece di preoccuparsi di implementare quei servizi per il sostegno alle famiglie, che richiedono risorse e attenzione (si pensi alla domiciliarità degli interventi socio-sanitari, al coinvolgimento delle famiglie nei progetti di prevenzione dell’istituzionalizzazione, quali P.I.P.P.I.), in una condizione di campagna elettorale permanente, preferisce seguire il pensiero dominante con un’opzione sicuramente meno impegnativa sul piano economico e culturale, ma di dubbia efficacia qualora l’obiettivo sia la reale tutela dell’infanzia e degli strumenti idonei a sostenerla.
Milano 21 settembre 2020
Il Direttivo Unione Nazionale Camere Minorili
- Scritto da Ubiminor
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Gentilissimi,
con grande piacere condividiamo con Voi il breve video documentario che racconta la tre giorni promossa dall'associazione Agevolando (in collaborazione con Cnca e il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) a Roma in preparazione all'incontro dei ragazzi e delle ragazze in Parlamento al quale anche voi avete contribuito e partecipato. Era presente, con nostra grande soddisfazione, anche il Presidente della Camera Roberto Fico.
Si intitola "Non si diventa adulti a 18 anni e un giorno", che è la sintesi delle Raccomandazioni che in quell'occasione i ragazzi hanno scelto di presentare alle istituzioni, ai decisori politici, ai professionisti e ai giornalisti presenti. Il video è stato realizzato da Ryan Harris, regista e anche lui giovane care leaver. Qui la scheda tecnica del video.
In questo articolo potete trovare maggiori informazioni sul video: https://www.agevolando.org/notizie/non-si-diventa-adulti-a-18-anni-e-un-giorno-i-care-leaver-in-parlamento-nel-video-di-ryan-harris
E qui il video pubblicato anche su Facebook: https://www.facebook.com/associazioneagevolando/videos/648296119445478/
E IgTV: https://www.instagram.com/tv/CFh_WbyiMp7/
È sempre per noi una grande emozione poter ascoltare la voce potente e coraggiosa dei ragazzi care leaver e questo video raccoglie tanto del lavoro di advocacy fatto in questi anni anche insieme a voi.
Speriamo vorrete darne diffusione anche attraverso i Vostri canali informativi istituzionali per dare visibilità a un tema di cui purtroppo ancora troppo poco si parla e, sin da ora, Vi ringraziamo per la Vostra attenzione e per il Vostro lavoro.
Silvia Sanchini
Ass. Agevolando
347 1660060