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Cosa significa essere una famiglia affidataria? Spiegato semplicemente si tratta di un periodo, che può essere parziale, cioè relativo a qualche giornata, magari per definite attività, o a lungo termine ( fino a due anni) con possibilità di proroga da parte del Tribunale dei Minori, in cui si accolgono il o i figli minori di una famiglia in difficoltà. Significa occuparsi dei bisogni di questi bambini mentre i loro genitori, con il sostegno dei servizi, risistemano le cose. 

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Gli attori di un affidamento sono quindi quattro. La famiglia di origine, la famiglia affidataria, i bambini ed i servizi. Tra di loro ci sono le paure, speranze, aspettative e motivazioni, non sempre in armonia.

{xtypo_quote_right}Se affidarsi vuol dire avere fede in qualcuno, sentire che dall'altra parte ci si prenderà cura di noi, prendere in affidamento significa essere degni di fiducia, di poter soccorrere, sostenere, essere presenti in situazioni che sono spesso complesse, senza cercare di trovare risposte a tanti interrogativi.{/xtypo_quote_right}

 

Un bambino in affidamento entra nella storia familiare senza esserne veramente parte. Per questo, quando una coppia o un single decidono di diventare affidatari deve essere molto accurato il lavoro che precede e accompagna la scelta. Questo implica una riflessione approfondita che parte dalle premesse e dalle motivazioni per arrivare al monitoraggio costante del “come sta andando?”, facendo attenzione a cosa ci si aspetta sul lungo periodo. Già nel 1998 Fadiga (Atti del Convegno: "L'affidamento: Dalla parte della famiglia affidataria") parlava di “adozioni mascherate”. Deve essere quindi chiaro che è diverso desiderarsi genitore da voler avere un bambino, che si dovrà accogliere e non imporre. Molto spesso i bambini attaccheranno gli affidatari, non vedendoli necessariamente come eroi buoni e bisogna dare a questo atteggiamento il giusto significato. Come è possibile, d'altronde, pensare che per i bambini sia facile star meglio se significa allontanarsi dalla certezza dell'amore, sebbene spesso manchevole e tutt'altro che perfetto, della loro famiglia? Inoltre, poi, spesso si sentono in colpa per quanto è successo, l'esperienza dell'abbandono li segna profondamente e le famiglie affidatarie devono fare i conti con questo, facendo leva su una buona autostima e sulla capacità di accogliere la storia insieme al bambino. Non tutte le famiglie di origine riescono a leggere come un aiuto il subentrare di altri adulti nella vita dei propri figli e il viversi inadeguati e in colpa per come sono andate le cose, potrebbe  pesare sulla riuscita dell'affidamento, chiedendo lealtà e prove d'amore continue al minore, rendendo ancora più fragile l'equilibrio nella famiglia ospite. Il rischio più grave per gli affidatari è di entrare, allora, in competizione con i genitori naturali, di volerne sottolineare le mancanze, di voler dare insegnamenti ed educazioni congrue e adatte alla crescita del bambino senza fare i conti con il suo viversi abbandonato e trapiantato in un mondo nuovo tutto da codificare.

In fondo, l'affidamento ha a che fare con la possibilità e la fede. La possibilità, per le famiglie di origine, di un nuovo modo di stare insieme, l'occasione di un cambiamento. Allo stesso tempo, chi prende un bambino in affidamento deve credere che queste famiglie possano farcela, che il loro compito sarà essere, per questi bambini, un posto caldo in cui stare mentre gli si prepara un nuovo futuro. Se affidarsi vuol dire avere fede in qualcuno, sentire che dall'altra parte ci si prenderà cura di noi, prendere in affidamento significa essere degni di fiducia, di poter soccorrere, sostenere, essere presenti in situazioni che sono spesso complesse, senza cercare di trovare risposte a tanti interrogativi. Il tempo dell'affidamento è l'ora, avere altre aspirazioni potrebbe ferire tutti. Perché l'affidamento investe sul momento, sul tempo presente e non parla la lingua dei per sempre anche se, un buon intervento, potrà dare senso a tutta la storia e a tutti gli attori in gioco, per tutto il tempo a venire.