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Sono arrivati a fine anno. Come una sorpresa. Forse in qualche modo come una ricompensa. Mi ero quasi dimenticata di loro, del nostro appuntamento, della loro storia appena accennata in una mail. 

20160127 Ballerini Ahmed

 

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Questa ostinazione ha qualcosa di miracoloso e salvifico ed è la forza che tiene unita e salda questa eccezionale famiglia

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Non ero preparata, guardia abbassata, ventre mollo, testa vuota, nessun professionale distacco o cinico disincanto (come direbbe Voltolini).

Sono arrivati in punta di piedi con la discrezione e l'umiltà degli eroi reali. E poi hanno raccontato, come fanno marito e moglie con anni di amore e di parole alle spalle, intervallandosi, interrompendosi, concludendo le frasi l'uno dell'altra, senza sopraffazione ma con una consolidata abitudine alla solidarietà coniugale, alla divisione dei pesi.

E le loro parole, seppure sorridenti e dunque in qualche modo lievi, evocano anni di sofferenza.

Pesanti e insieme leggere come la scatola di scarpe nella quale alcuni medici italiani avevano raccolto 16 anni fa il piccolo Ahmed: 12 mesi di pura, ostinata vita. Ecco sì, mentre raccontano e mi regalano immagini, anche senza fotografie, di sedici anni di vita insieme, di interventi chirurgici, primi passi, crudeli inciampi, agognate prime parole che non troveranno voce ma gesti, ricadute, iniezioni, candeline sulla torta, viaggi mancati ed altri inevitabili, ostinazione è la parola che raccoglie tutte le altre.

E questa ostinazione ha qualcosa di miracoloso e salvifico ed è la forza che tiene unita e salda questa eccezionale famiglia. Ahmed viene dallo Yemen, paese che i due coniugi conoscevano bene perché amano viaggiare e muoversi alla ricerca di bellezza e cultura.

Il piccolo è stato raccolto quando era un neonato dalle mani amiche di dottori, in missione nell'ormai sventurato paese, nella speranza che, presso l'ospedale italiano dove i due lavoravano, si potesse rimettere in sesto quel corpicino nato guasto. Vengono fatti miracoli, messe toppe al cuore e fiato ai polmoni. Ma ogni volta, per una parte che si aggiusta, altre si rompono.

Quando è chiaro che non si potrà fare meglio, quel corpicino che si muove solo se avvolto in abbracci o tutori e respira avido ma solo da cannule e tubi, dovrebbe, secondo i piani iniziali, fare rientro in Yemen dalla famiglia di sangue che vanta già tra i suoi figli un mutilato di guerra. I dottori e i due coniugi che in quei primi mesi avevano accolto Ahmed e lottato non solo con lui ma persino al suo posto quando l'ostinazione del pargolo alla vita sembrava venire meno, sanno bene che nello Yemen non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivenza.

E così restano insieme. Ahmed non pesava neppure 5 chili e aveva 16 mesi di vita. Non la raccontano come una decisione che immagini sofferta e intuisci complicatissima, ma come una naturale conseguenza dei precedenti spontanei e inevitabili atti di amore.

Ora Ahmed è loro figlio "in affidamento", con tanto di carte bollate e procure vidimate, ogni ingranaggio della nostra macchinosa burocrazia si è mossa fluida, come contagiata da questa ostinazione amorosa, e non ha frapposto troppi ostacoli, talvolta ha persino teso mani d'aiuto.

E così il piccolo Ahmed, che ora ha 17 anni , non parla ma è inserito in un percorso scolastico e riesce a comunicare tramite immagini e gesti, respira autonomamente (almeno di giorno) e cammina (venti passi senza sosta!) grazie (ancora) all'ostinazione e alla lungimiranza di insegnanti, presidi, educatori e medici.

Come se non bastasse pure la famiglia di sangue di Ahmed è stata adottata a distanza dai coniugi che mandano sostegni economici, lettere, fotografie e biglietti aerei per permettere visite e mantenere legami. Ora vorrebbero solo una cosa tra quelle che sanno realizzabili: che il piccolo Ahmed possa avere la cittadinanza italiana.

"Sappiamo che può essere conferita, nell'interesse dello Stato, per meriti speciali, come una grazia o un premio, e pensiamo che Ahmed, con la sua ostinata voglia di vivere la meriti". Non solo per l'ostinazione ma per il contagio, l'insegnamento, perché chi si avvicina a persone così caparbie nel loro voler bene ne resta in qualche modo attratto, contaminato.

 

precedentemente pubblicato da Repubblica Genova


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