"Non sono una macchina, a volte fatico anch'io…”
Sinner, con disarmante serenità, pronuncia questa frase al termine di una partita.
Afferma il diritto a non essere perfetto e il dovere a dare il proprio massimo. Jannik non accetta di omologarsi, di essere ingabbiato in un luminoso quanto inutile ideale di perfezione. Lui vuole starci in questo mondo a modo suo, rispettando il suo “demone”, permettendogli di crescere e di manifestarsi per raggiungere l’εὐδαιμονία, la felicità, quella autentica basata sulla massima espressione della propria virtù, della propria ἀρετή.
Quale affronto per le maschere che impersoniamo ogni giorno!? Quanta sfacciataggine!? Quasi una mancanza di rispetto per il quieto vivere!
Soli, senza il nostro eroe, traditi per essere stati illusi, ci rimettiamo alla ricerca di un altro valoroso che permetta di dimenticare la mediocrità delle nostre vite, non perché imperfette, ma perché false e inautentiche.
Nell’illusorio viaggio verso una irraggiungibile perfezione, ci perdiamo, smarriamo la strada, insegnando ai nostri figli che la felicità la puoi comprare, oggettivandola, materializzandola e dimenticando l’umano che ci caratterizza, che grida dentro di noi.
I ragazzi si ritrovano a confrontarsi con un mondo prestazionale, giudicante in base a ciò che si è accumulato, pertanto saturo e occludente.
L’adolescente sente di non avere spazio per essere, per sperimentare e scoprire la propria autentica natura. Si ritira, depone le armi prima di iniziare a combattere (i suicidi sono la seconda causa di morte fra i ragazzi e il rifugio nella propria stanza è sempre più la strategia per non sentirsi feriti e umiliati dalla perdita nelle competizioni) e/o si arrabbia in modo distruttivo, violento. Non percepisce gli argini, le regole sono vissute come atteggiamenti ipocriti affermate dal mondo adulto che spesso le viola, le nega, le aggira per raggiungere la fama e il potere.
Trump, Putin, Musk divengono modelli di successo da emulare e a cui anelare; il linguaggio scurrile utilizzato in tv, nei social, alla radio costruisce rappresentazioni della realtà potenti pregne di onnipotenza, grandiosità e umiliazione del fragile e del povero.
Come falene verso la luce che uccide, i nostri ragazzi scambiano la popolarità con la felicità; il lusso con il benessere, perdendosi prima di avere iniziato il viaggio di conoscenza di sé e ritrovandosi nel mare nero e vischioso della depressione e/o dell’agito violento.
L’oracolo di Delfi ci viene in aiuto: “γνῶθι σ(ε)αυτόν, ‘conosci te stesso’,”! Stanare, sentire il demone, dargli voce per scoprire la virtù che nascondiamo e che chiede spazio. Ma con misura ammonisce l’Oracolo: “μηδὲν ἄγαν, nulla di troppo”, nel rispetto di ciò che si è e delle potenzialità che si hanno, senza superare il limite né muovendosi verso un ideale illusorio quanto irrealizzabile.
Sinner, atleta potente (come i suoi servizi a 200 Km all’ora) ma delicato (come le sue volée), con il suo posizionamento esistenziale ci ricordi che l’errore esiste, che sbagliare fa male ma può essere un’occasione per acquisire conoscenza e consapevolezza; che è possibile essere felici, se permettiamo di scoprire il nostro demone, le nostre capacità, il significato e il senso del nostro esserci, rispettando i limiti e la misura. Il tuo stile sollecita nei nostri ragazzi il pensiero che è possibile vivere appieno, seguire le proprie passioni nel rispetto dell’Altro come soggetto con il quale interagire, confrontarsi, scontrarsi per trovare nella diversità ricchezza e nutrimento.
L’ideale narcisistico e grandioso della perfezione non appartiene all’umano che nel realizzare il suo essere imperfetto, raggiunge la vera εὐδαιμονία, l’autentica felicità.
“Non mi interessa essere il primo a fare le cose, quelle sono solo statistiche. A me interessa cosa posso fare per migliorare come giocatore”. Jannik Sinner