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Ai tempi delle nostre nonne e delle nostre bisnonne, ai bimbi che osavano “dire le parolacce” si lavava la bocca con il sapone.
La scelta delle parole secondo il contesto, l’interlocutore e il tipo di relazione permette di veicolare contenuti sia sulla persona che emette il messaggio sia sulla rappresentazione della realtà in atto.

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Attualmente i Social, i programmi tv e radiofonici propongono una comunicazione che spesso, a tutti i livelli (verbale / paraverbale / non verbale), è intrisa di violenza e di mancanza di considerazione dell’altro come essere vivente e, come tale, degno di rispetto.

Da Donald Trump, Presidente USA, che indica il governatore della California Newsom con il soprannome dispregiativo "scum" (spazzatura), al programma radiofonico “La Zanzara” nel quale sia gli ascoltatori che i conduttori urlano, imprecano lontani da ogni forma di rispettoso confronto, passando per i talk show televisivi, spesso la parola è deturpata, abusata, gridata, espressa con violenza fino al turpiloquio.

“Giuseppe Cruciani con David Parenzo conduce La Zanzara, l’attualità senza tabù, senza censure, senza tagli alle vostre opinioni”: così recita la presentazione del programma radiofonico.

È possibile pensare di superare tabù, censure ed esprimere liberamente opinioni nel rispetto dell’umano? La violenza verbale va accettata in nome di quale ideale di Libertà?

È concepibile esprimere le proprie opinioni in modo risoluto e francamente senza dover demolire l’altro, umiliare, sopraffare?

Per Socrate la parola è viva e si arricchisce nell’incontro, nel dialogo alla ricerca e nello sforzo della costruzione della verità, nella consapevolezza di non sapere mai abbastanza e pertanto di vivere nella condizione di ignoranza.

Il “non sapere” socratico è uno spazio insaturo, che apre, che accoglie, che rivitalizza nell’incontro e nel confronto.

Sigmund Freud afferma: “Non è mia intenzione convincere nessuno; voglio solo dare suggerimenti e scuotere pregiudizi.”

Lo psichiatra Borgna sottolinea gli aspetti della mitezza e della gentilezza nella relazione, dove la parola crea ponti, collega non distrugge, non bombarda, non infierisce.

La parola permette di significare il mittente e il ricevente, creando campi di interazione che a loro volta confluiranno in altri domini.

Se “… è il mondo delle parole a creare il mondo delle cose” (J.  Lacan) che tipo di universo relazionale stiamo donando ai nostri figli?

Mi chiedo se, come nei decenni passati, “la parolaccia” sia ancora in età giovanile la forma di una forza che non si riesce a esprimere in un modo appropriato e civile e se è possibile ritenere il rozzo e scortese linguaggio dei ragazzi come un modo per affermarsi rispetto all’adulto, per sottolineare i confini e emergere dalla dipendenza infantile.

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Se così fosse, ben venga!

Ma temo, invece, che sia frutto di uno sdoganamento a opera degli adulti che li hanno autorizzati, con il proprio comportamento, a superare il limite della considerazione dell’altro come soggetto pensante.

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo. “ Wittgenstein considera il linguaggio una costruzione della realtà e del nostro modo di percepirla; dunque, è un processo attivo di costruzione e interpretazione del mondo.

Appropriandosi della forma del linguaggio degli adolescenti (a tratti volgare, a volte violento e scurrile) e perdendo in tal modo il ruolo di esempio, gli adulti rubano loro l’occasione di utilizzare la parola per costruire un reale nuovo, diverso, propositivo.

Inoltre, il naturale passaggio all’atto che caratterizza, entro certi limiti, la fase adolescenziale rende il fenomeno del legittimare della “mala-educazione” pericoloso: per i ragazzi la parola non è ancora del tutto simbolo e il pensiero astratto non si è completamente formato, pertanto l’osservazione di adulti che si sovrastano nelle discussioni, impedendosi di esprimere serenamente e pacatamente le proprie convinzioni, aggiungendo a questo una buona dose di offese e termini volgari, li rende avvezzi alla mortificazione dell’altro, non più percepito come soggetto con uguale dignità di espressione, ma come oggetto da sottomettere e da dominare.

Un programma come quello de “la Zanzara”  potrebbe essere un manifesto per l’affermazione della Libertà: andare oltre i tabù e le gabbie mentali. Tuttavia, se come pensa Aristotele, l'essere umano è un ‘animale politico’ (πολιτικον ζῷον) e se la libertà si intreccia con la realizzazione della virtù (telos) e del benessere (εὐδαιμονία), essa non è semplicemente la capacità di fare ciò che si desidera e di dire tutto ciò che si pensa, ma è lo stare al mondo in armonia con la nostra natura razionale e sociale.

Accompagnare i pensieri, prendersi cura delle parole come beni preziosi, ascoltare l’altro, chiedere per meglio comprendere e incontrarsi nella consapevolezza di una impossibilità di raggiungere la Verità Ultima delle cose, potrebbe aiutare i nostri ragazzi a confrontarsi con la complessità senza aggredirla in nome di una sterile uniformità e/o di una illusoria certezza assoluta.

“Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo.” (Buddha)

Con gentilezza e mitezza è possibile aiutare i nostri ragazzi a costruire un mondo rispettoso della diversità, capace di gestire la forza pura e creatrice dell’emotività per metterla al servizio del bene comune.


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