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Per gentile concessione dell'autore e dell'editore, pubblichiamo l'inizio dell'introduzione de "Il rischio di educare. Storie di adolescenti e adulti in relazione" di Lamberto Bertolè (Laurana editore).

Questo libro affronta, utilizzando lo strumento del racconto, la questione del rischio educativo e di cosa significhi educare quando si parla di adolescenti.

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Cosa sia l’educazione e come si possa esercitarla, è una questione che sorge nello stesso momento in cui nasce una civiltà. Socrate nelle prime pagine del Protagora di Platone domanda se si possa insegnare la virtù. Ma come è possibile questo, si chiede, se nemmeno la virtù dei padri si trasmette ai figli? È una domanda ancora molto attuale se la collochiamo all’interno del contesto educativo. Come può un educatore pensare di fare quello che non hanno fatto o saputo fare i padri? E, a maggior ragione, per i ragazzi che non hanno avuto padri nel senso alto della parola, come può un educatore pensare di sapere cosa sia quella virtù che un ragazzo dovrebbe avere? E come può far sì che la raggiunga?

Cosa significa essere un maestro di virtù?, si domanda Socrate. E chi può mai pensare di esserlo? Protagora era un sofista, i sofisti erano maestri che proponevano un modello di educazione innovativo, che si realizzava al di fuori della famiglia e dell’autorità dei padri. Si può forse dire che siano stati i primi educatori e le critiche e le sollecitazioni che rivolgeva loro Socrate sono per certi versi le stesse che ancora oggi attraversano e tengono vivo il lavoro educativo.

Quella dell’educare è un’attività fatta in modo sostanziale di relazione, di esperienza, di coinvolgimento, e viene in gran parte gestita da ogni educatore nella propria interiorità: vissuta, ripensata, sofferta, esplorata all’interno di una dimensione soprattutto personale. In alcuni ambiti educativi è previsto lo spazio “pubblico” di confronto e condivisione rappresentato dall’équipe educativa. All’interno di questo spazio viene arginato il pericolo insito nella solitudine di questo lavoro. Vi si crea il momento della riflessione, quel passaggio di valutazione dei processi educativi in atto in cui ogni operatore, forte degli strumenti di analisi derivati dalla sua formazione, porta l’esperienza a un ulteriore livello di consapevolezza e approfondimento, dando spessore e prospettiva al percorso educativo di cui è responsabile.

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Oggi si parla a tutti i livelli di educazione, ma spesso le cose che si scrivono e teorizzano corrono il rischio di oscillare tra due dimensioni: quella dei testi che si presentano come manuali di istruzioni e quella scientifica e alta della ricerca educativa.

Collocandosi in uno spazio differente, questo libro intende integrare quanto il mondo della ricerca ci propone, rispecchiando più da vicino il mondo del lavoro educativo competente che si confronta, a partire dalla propria necessaria formazione teorica, con l’esperienza.

L’educatore deve fare un passo oltre il sapere nella direzione del saper essere. E il saper essere, la virtù, come sostiene Socrate nel Protagora, è fatta anche di arte e scienza. Di strumenti, metodologie, tecniche, possiamo dire, pensando alla complessità del lavoro educativo, calati nel vivo della relazione.

La scrittura degli autori è un po’ autobiografica, riflette la loro personalità e mette al centro il racconto di situazio ni affrontate non come casi clinici, con freddezza e distacco, ma con empatia e coinvolgimento, in quanto esperienze di relazione. Narrazioni che nascono dall’incrocio tra la teoria, quel fondamento di “sapere” professionale che ognuno si è costruito nel tempo con lo studio e con l’esperienza, e la soggettività ed emotività degli autori, messe necessariamente in gioco dalla relazione. Le dinamiche che si producono su questi differenti livelli possono essere rese molto bene attraverso la scrittura e il racconto, che diventano un modo per confrontarsi con la concretezza e l’autenticità della relazione educativa e con quanto di imprevedibile e vitale vi accade – e dunque con il cuore stesso della realtà dell’educare.

La narrazione è un ottimo strumento di riflessione, riepilogo, espressione e anche di conoscenza per chi fa l’educatore, una professione in cui il sapere astratto, le metodologie esangui e la letteratura scientifica rischiano di essere congegni che girano a vuoto nell’urgenza e nella complessità del rapporto a tu per tu con l’adolescente. Il racconto offre la straordinaria possibilità di portare alla luce la “carne viva” del rapporto educativo. [...]

I video della presentazione

20180327 Introduzione  20180327 Charmet  20180327 Sini

 

L'intervista a Lamberto Bertolè su Radio Orizzonti, a cura di Iaia Barzani

 
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