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Alla fine, visti a stomaco vuoto e a ora di cena, gli italiani (quelli di sangue, nati già col privilegio della cittadinanza), non devono essere tutti così malvagi se si ritrovano, come estrema e disagevole forma di protesta, ad aderire ad uno sciopero della fame "a staffetta", pur di far definitivamente approvare una blandissima legge che regoli con maggior buon senso i criteri per ottenere la cittadinanza per quei bambini e ragazzi che, loro malgrado, non possono vantare un po' di sangue italiano nelle vene ma "solo" una perfetta integrazione.

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Si digiuna per diritti elementari che si vogliono, neppure concessi, ma semplicemente normati per altri. Sarà la fame, ma io lo trovo commovente.

La nuova legge, per la quale ci si batte anche saltando il pasto, introdurrebbe il cosiddetto ius culturae e una sorta di ius soli temperato. Grazie allo ius soli temperato potrebbero acquisire la cittadinanza i bambini nati in Italia da genitori stranieri se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure di permesso di soggiorno dell'Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo ed è in possesso di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e disponibilità di un alloggio idoneo. Se invece usufruiscono dello ius cultura, i minori stranieri potranno ottenere la cittadinanza se sono nati nel nostro Paese o sono arrivati entro i 12 anni di età ed hanno frequentato regolarmente almeno 5 anni di scuole .

Non proprio una proposta rivoluzionaria insomma, ma la semplice previsione del "minimo sindacale" perché i tanti minori che vivono nel nostro Paese possano essere, oltre che sentirsi, italiani, con tutti i diritti e le responsabilità che questa cittadinanza comporta.

Secondo un recentissimo studio della Fondazione Leone Moressa che elabora inoppugnabili dati ISTAT, vivono attualmente nel nostro bel Paese circa 1 milione e 65mila minori stranieri e la maggior parte di loro sono figli di genitori da tempo residenti in Italia o hanno comunque frequentato almeno un ciclo scolastico nel nostro Paese.

La stessa Fondazione Leone Moressa ci fa sapere che i minori nati in Italia da genitori residenti da almeno 5 anni sono circa 635 mila. e sono 166.008 i ragazzi stranieri nati all'estero che avrebbero maturato lo ius culturae avendo completato almeno cinque anni di scuola in Italia.

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Chi digiuna in questi giorni aderendo all'appello del Senatore Manconi e dei radicali italiani, lo fa (anche) per tutti questi ragazzi.

I digiunanti sono soprattutto insegnanti ed educatori che conoscono molti di questi minori "stranieri per forza" ma anche parlamentari e giuristi che in questa riforma di legge per la cittadinanza hanno tanto creduto. Si digiuna non per buonismo ma, come direbbe Erri De Luca, per ottimismo. Si crede e si vuole una società migliore che non imponga ostacoli e inutili resistenze al percorso di integrazione dei minori che la abitano e inevitabilmente la cambiano.

Esacerbare i conflitti inasprendo le diversità esistenti non certo in virtù delle differenti "culture" (Marco Aime ci ricorda nel suo saggio "Eccessi di culture" che "a incontrarsi o a scontrarsi non sono culture, ma persone. Se pensate come un dato assoluto, le culture divengono un recinto invalicabile, che alimenta nuove forme di razzismo. Ogni identità è fatta di memoria e oblio. Piú che nel passato, va cercata nel suo costante divenire.") ma semmai in relazione alla diversa fruibilità di diritti, vuol dire porre in essere una politica non solo ottusa e miserabile ma pure suicida.

Obama mandava una lettera ai neo-cittadini nella quale, tra le altre cose, scriveva: "voi rappresentate la promessa del sogno americano".

Gli insegnanti della Daneo (scuola elementare di Genova) insieme a tanti loro colleghi delle altre scuole italiane e ai molti "semplici" cittadini, digiunano perché credono in quella "promessa" e perché vogliono che tutti i ragazzi italiani e stranieri crescano in una società dove né le culture né le persone si debbano scontrare .


articolo precedentemente pubblicato da Repubblica