Gli adulti si possono trovare spesso a fare i conti con la rabbia di un giovane adolescente, sia da genitori, sia da insegnanti o educatori. La rabbia di un ragazzo può essere un'emozione complessa, che deve essere compresa e anche “accolta” per poter essere affrontata educativamente.
La rabbia porta spesso a reagire impulsivamente, provocando parole e azioni di cui poi ci si pente. Esplode con forza, lasciando dietro di sé ferite, rotture e, proprio per questo, crescendo, la gran parte dei ragazzi impara a temerla, soprattutto quando mette a rischio i rapporti con le persone per loro più importanti, amici o familiari.
Ma se il problema non fosse la rabbia in sé? E se la vera chiave fosse il modo in cui viene gestita? si chiedono gli psicologi.
Di fronte alla rabbia, la reazione più comune è impulsiva o repressiva.
Alcuni giovani la lasciano esplodere, diventano aggressivi, alzano la voce, dicono cose che non vorrebbero. L’emozione prende il sopravvento, annebbia la mente e impedisce loro di pensare con lucidità.
Altri, invece, la soffocano. Internalizzano, come si dice.
La reprimono perché ne conoscono la forza distruttiva e ne temono le conseguenze. Ma ignorarla non significa farla sparire, spiega la psicologia: rimane lì, sotto la superficie, pronta a esplodere al momento meno opportuno.
Più viene repressa, più il rischio è che esploda con ancora maggiore violenza.
Essere sopraffatti dalla rabbia non solo ferisce gli altri, ma porta anche a sentirsi incompresi. La comunicazione si fa difficile: il messaggio che si vuole trasmettere viene oscurato dall’intensità dell’emozione.
Gli adulti devono saper andare oltre una reazione puramente di contrasto, proprio per comprendere quale sia la causa di un’emozione tanto forte.
Dopo un forte contrasto, non si ricordano tanto le parole dette ma, piuttosto, il modo in cui sono state dette, e questo genera frustrazione e distanza nei rapporti più significativi.
Per gestire la rabbia di un giovane in modo efficace, in altre parole, è fondamentale smettere di considerarla un nemico.
Non è qualcosa da eliminare, ma un segnale da ascoltare: rivela un bisogno non soddisfatto, un valore importante che è stato calpestato. Una difficoltà, un fallimento.
Se si aiuta un adolescente a decifrarla, questo può trasformarsi in un'opportunità per agire in modo consapevole. Ad esempio, la rabbia per un torto può essere canalizzata in un’azione costruttiva, mentre il fastidio per un comportamento ripetuto di un amico o anche di un adulto può spingere a un dialogo più profondo, invece che a uno scontro inutile.
Anche quando si comprende l'origine della rabbia, gestirla nel momento in cui esplode può essere difficile.
Per questo è importante insegnare a riconoscere i primi segnali fisici—come il respiro accelerato o la tensione muscolare— spingere così a intervenire subito, magari con respiri profondi per calmare il corpo.
Fermarsi un attimo, ripetersi una frase rassicurante e chiedersi: "Come voglio comportarmi in questo momento?" non è facile per un giovane ma, poco alla volta, può aiutarlo a rispondere con consapevolezza, senza lasciarsi trascinare dall’impulso.
E se la rabbia sembra ancora troppo intensa, crescendo imparerà che prendersi una pausa può essere la scelta migliore. Non per evitare il problema, ma per concedersi il tempo di ritrovare lucidità e affrontare la situazione in modo più equilibrato.
La rabbia non deve essere un avversario da combattere, né per gli adulti né per i giovani, ma un segnale da interpretare.
È un’emozione che, se ascoltata nel modo giusto, può trasformarsi in chiarezza, in un rapporto più profondo e in crescita personale.