Durante il percorso di crescita, soprattutto durante l’adolescenza, l’atto stesso di imparare inizia a essere per molti giovani più rischioso, più esposto al giudizio degli altri. Può pertanto accadere che un ragazzino che a scuola si è sempre dimostrato curioso e desideroso di imparare si trasformi in un adolescente più insicuro e meno disposto a mettersi in gioco.
È capitato a tutti di avere un compagno di classe più bravo degli altri che però faticava a mettersi in gioco nell’arena della classe, per dimostrare le sue capacità mentre i compagni e i professori ascoltavano.
Si conoscevano le sue capacità “in privato”, avendolo avuti come compagno di compiti a casa o magari essendo stati con lui in classe molti anni prima, alla scuola elementare, quando non temeva di fare un errore e si “buttava” nella prova che doveva affrontare.
Ma adesso, alle medie o alle superiori non è più così.
Se in una classe elementare è facile vedere mani alzate e risposte date con entusiasmo alle sollecitazioni dell’insegnante, già alle scuole medie molti studenti diventano infatti più restii a parlare davanti agli altri, per paura di sbagliare, di apparire ignoranti o di essere giudicati.
La posta in gioco, spiega la psicologia, non è più solo scolastica: ora c’è di mezzo anche la reputazione sociale.
Imparare, infatti, comporta affrontare alcuni rischi inevitabili.
Richiede di ammettere che non si sa qualcosa, di esporsi all’errore, di accettare che altri possano sembrare più veloci o più bravi, di sentirsi inadeguati o in difficoltà, e persino di essere valutati negativamente.
Tutte queste situazioni possono generare ansia e timore, soprattutto in un contesto sociale dove il confronto con i compagni è costante e a volte spietato.
Per questo motivo, è essenziale che le figure adulte – insegnanti, genitori, educatori, coach sportivi – si impegnino a creare un ambiente dove imparare sia un’esperienza sicura.
Il comportamento degli adulti ha un impatto enorme sul modo in cui un adolescente vive l’apprendimento.
Se l’adulto si mostra impaziente, critico, svalutante o minaccioso, l’adolescente si chiuderà, temendo il giudizio più dell’errore.
Al contrario, se l’adulto accoglie con comprensione l’ignoranza, valorizza gli errori come tappe del percorso, rispetta i tempi individuali e sostiene con empatia, allora lo stesso studente sarà più propenso a mettersi in gioco.
Sentirsi accettati anche quando si sbaglia è ciò che rende l’apprendimento possibile.
Uno dei timori più diffusi tra gli adolescenti è quello di commettere errori, specialmente davanti agli altri. Per questo motivo è utile spiegare loro che l’errore è parte integrante del processo di apprendimento.
È bene ricordare sempre ai ragazzi che tutti, giovani e adulti, sbagliano. Che un errore non è una colpa, ma un’azione o una scelta che, col senno di poi, si farebbe diversamente.
Gli errori non si commettono per una qualità personale negativa immodificabile, ma perché in quel momento non si sapeva altro che portasse a fare meglio. E anche se gli errori possono costare cari, spesso valgono il prezzo se servono a imparare una lezione importante.
Il vero errore è ripeterli senza riflettere.
In questa prospettiva, le persone più intelligenti non sono quelle che non sbagliano mai, ma quelle che sanno usare gli errori per migliorare. Al contrario, le persone meno sagge sono quelle che non sanno o non vogliono ammettere i propri sbagli e non imparano da questi.
È utile, poi, sotto il profilo educativo, ricordare ai ragazzi che la vita è una scuola che non termina mai. Nella scuola della vita sia da giovani sia da adulti si è sempre studenti. Non si può vivere né sapere tutto, non si può fare tutto alla perfezione. Capiterà sempre di fare cose anche stupide, di distrarsi, di sbagliarsi. Nonostante le buone intenzioni, tutti, anche gli insegnanti, continuano a commettere errori.
Si può riprovare e imparare sia da ciò che funziona che dagli errori. Insegnare attraverso l’errore significa anche insegnare a distinguere tra errore e trasgressione. Un errore nasce da un giudizio sbagliato, mentre una trasgressione è una violazione consapevole di una regola.
È importante non punire un errore come se fosse una colpa: l’errore va spiegato, non condannato, perché solo attraverso l’errore si possono imparare certe lezioni che nessun insegnamento teorico può trasmettere.
Correggere non significa sfogare la propria frustrazione di insegnanti o di genitori: quando un ragazzo sbaglia, l’adulto dovrebbe mantenere la calma, mettere da parte l’istinto di giudicare, e usare questa per guidare a superare lo sbaglio.
La correzione costruttiva richiede disciplina emotiva da parte del genitore o dell’insegnante: aiutare il ragazzo a capire cos’è successo, cosa non ripetere, e quale alternativa scegliere in futuro in quella situazione. Quando un di nuovo errore simile si presenta, non è il momento di arrabbiarsi o scoraggiarsi, ma di cogliere l’opportunità educativa che porta con sé.
Alla fine, l’obiettivo è che i ragazzi possano dire, con onestà e consapevolezza, di aver imparato a loro spese e di trovarsi, grazie a quello sbaglio che si eviterà di ripetere, in una condizione di maggiore conoscenza che porterà, in futuro, a fare scelte diverse.